IL FALLI-MONTI È ARCHIVIATO: AVANTI I “FRANCESCANI”

Paolo Rodari per "la Repubblica"

E adesso una «nuova Camaldoli». I leader delle associazioni cattoliche e dei movimenti ecclesiali che nei mesi scorsi si sono radunati a Todi non hanno dubbi: occorre ricominciare da zero. L'appuntamento è per il prossimo autunno, ma più che la data e il luogo conta lo spirito.

È finita l'era dei cattolici sottomessi alla logica dei partiti, dalla Democrazia Cristiana alla destra di Berlusconi fino al centro di Monti. Inizia una cosa nuova, un movimento che dal basso - come fu tra il 18 luglio e il 23 luglio del ‘43 quando cinquanta esponenti cattolici stilarono a Camaldoli un documento programmatico che servì da linea guida poi decisiva per la costruzione dell'Italia - lavori alla ricomposizione del Paese.

Trascinati nei mesi scorsi dalla segreteria di Stato vaticana del cardinale Tarcisio Bertone, con tanto di endorsement in pagina dell'Osservatore Romano, dal leader di Sant'Egidio Andrea Riccardi e dall'oggi ex presidente delle Acli Andrea Olivero a un appoggio per il rassemblement di Centro di Mario Monti, sconfitti alle urne e senza più nemmeno l'ombrello di un partito piccolo, ma di dichiarata ispirazione cristiana, come l'Udc sotto cui eventualmente rifugiarsi, si leccano le ferite e si dicono decisi a «una nuova stagione» nella quale a decidere linee e strategie saranno i laici e non più le gerarchie: il tempo della Chiesa ingerente in politica attraverso le lobby sponsorizzate dalla Cei - Scienza & Vita, Forum Famiglie e Retinopera - sembra alle spalle.

I cattolici parteciperanno ai raduni a titolo personale, non più dunque anzitutto in rappresentanza delle associazioni e dei movimenti di riferimento. Stileranno, con votazione finale, dei punti di lavoro non incentrati tanto sui valori cosiddetti «non negoziabili» ma su quelli «negoziabili».

Dice Carlo Costalli, leader del Forum delle associazioni che organizzò il raduno di Todi: «I valori non negoziabili hanno già luoghi d'eccellenza in cui sono difesi, i discorsi papali e i testi ufficiali anche della Cei. Noi discuteremo e voteremo una piattaforma sui temi "negoziabili", anzitutto i temi sociali, e chiederemo un confronto con tutte le forze politiche.

Il nostro scopo è di partecipare alla costruzione di un progetto per la rinascita morale, economica e sociale del paese insieme alle forze più moderate di Pd e Pdl».
Gli fa eco Giampaolo Crepaldi, vescovo di Trieste, già direttore dell'ufficio episcopale per i problemi sociali e del lavoro, autore di libri dedicati all'impegno dei cattolici in politica e fra gli estensori della bozza dell'enciclica di Ratzinger "Caritas in veritate": nei mesi scorsi «abbiamo assistito a una vasta gamma di comportamenti sorprendenti» fra i cattolici.

Fra questi «chi ha utilizzato l'appartenenza a movimenti ecclesiali per lanciarsi in politica dentro raggruppamenti che avrebbero portato avanti istanze contrarie all'ispirazione del movimento ecclesiale originario. Ne è conseguito un quadro disorientante e deludente». Per questo, dicono le associazioni, «serve un nuovo inizio».

Dall'alto si dice che Angelo Bagnasco, presidente della Cei, guardi «con favore» la nuova iniziativa, consapevole anch'egli che nulla sarà come prima. È soprattutto l'elezione di Papa Francesco a contribuire a un clima diverso. Oggi Bagnasco apre il consiglio permanente della Cei e per la prima volta dopo anni rinuncia a tenere una prolusione.

Certo, lo fa per rispetto al nuovo Papa che non ha ancora celebrato la messa d'inaugurazione del Pontificato e anche per il fatto che con lui ancora non ha potuto incontrarsi.

Eppure il silenzio dei vescovi in questa fase resta una coincidenza significativa. Francesco è portatore di un'idea nuova della presenza dei cattolici nella politica e nella società. In Sudamerica, come in Argentina, il Paese da cui proviene, i cattolici spingono dal basso sui temi sociali e contano perché sono popolo e non altro. Spingono sempre in opposizione al potere e alle classi dirigenti.

L'Italia dovrà adeguarsi in scia al Papa e a colui che verrà scelto come nuovo segretario di Stato. Ma già l'idea di una «nuova Camaldoli », in qualsiasi parte d'Italia avrà luogo, dice molto.

 

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