(CAR)CASSA DEMOCRATICA - 180 DIPENDENTI PD A RISCHIO CASSA INTEGRAZIONE – SPOSETTI ATTACCA DIRIGENTI DEM E GOVERNO…

1 - CASSA INTEGRAZIONE - INCUBO PER I 180 DIPENDENTI DEMOCRATICI
Paolo Festuccia per "La Stampa"

È bastata solo evocarla la cassa integrazione che l'assemblea del Partito democratico si è subito infuocata, accesa. Per via dei tagli «programmati» al finanziamento pubblico da parte del governo, ma anche per la posizione «supina» (dicono alcuni del Pd) del gruppo dirigente alle intenzioni legislative.

E così sul banco degli imputati, stavolta, è finito l'intero vertice, il gruppo dirigente dei democrat: «Ma chi ha deciso questa linea...in campagna elettorale mai si è detto di tagliare il finanziamento ai partito? Quando è cambiata e chi ha cambiato la linea del partito»? ci si interroga nell'auditorio.


«Loro», i vertici, «voteranno questa legge e ci condanneranno alla disoccupazione», ragiona una dipendente mentre il tesoriere Antonio Misiani spiega che il «Pd ha bisogno di un ridimensionamento di tutte le strutture». Nel pomeriggio è circolata la voce, poi smentita, che il taglio dei fondi pubblici potesse portare alla Cig o a contratti di solidarietà per 180 dipendenti.

Per ora il termine Cig «è una ipotesi», una delle tante, lasciano intendere i dirigenti del partito, insieme ad altri ammortizzatori sociali, i contratti di solidarietà, il ricollocamento, ma certamente nelle prossime settimane sull'«apparato» si lavorerà a «una profonda spending review» si lascia andare un parlamentare di lungo corso. Tagli necessari, indispensabili, improcrastinabili e che riguarderanno tutti i settori: dagli staff di segreteria alla riduzione delle manifestazioni, di feste, dibattiti e eventi.

E, poi, inevitabilmente anche il capitolo-personale. Forse il nodo più dolente, unitamente, al significativo buco (pare di oltre 8 milioni di euro) nei bilanci del partito. Per questo c'è già chi ragione al futuro. Immagina e prevede tagli lineari del 50% (addirittura) sui circa 190 impiegati, o spalmati nella ridefinizione e l'accorpamento delle aree tematiche dei dipartimenti. Certo è, si lascia andare una giovane dipendente, che «stavolta toccherà a noi», «sempre a noi», rilancia una collega più anziana.

Personale di partito, iscritto, fidelizzato con stipendi che oscillano dai mille 300 euro ai mille 500 euro, e che ora per la prima volta sentono dentro il «partito, che abbiamo contribuito a fondare» la parola cassa integrazione. Termine, che i lavoratori democratici vorrebbero quasi rifiutare di «contemplare» e per questo hanno già chiesto un tavolo negoziale con la tesoreria per porre mano al riassetto.

Un riassetto che passerà, con molta probabilità, nelle more della nuova legge sul finanziamento pubblico e che il governo è pronto a varare. «Ma il due per mille» e le contribuzioni volontarie - ha fatto intendere Misiani - difficilmente riusciranno a colmare il vuoto dei soldi pubblici. Per ora l'unica certezza resta la rata di luglio che arriverà regolarmente nelle casse dei partiti, che in meno di due anni si sono già visti tagliare il 50% dei fondi, a cui si aggiunge la rata del luglio 2012 quando tutti i partiti rinunciarono in favore delle popolazioni colpite dal sisma in Emilia.

2 - L'IRA DI SPOSETTI: L'ESECUTIVO SBAGLIA
Fabrizio Roncone per il "Corriere della Sera"

(L'intervista va avanti ormai da dieci minuti. Il senatore del Pd Ugo Sposetti - 66 anni, potente ex tesoriere dei Ds, conoscitore di un bel mucchio di segreti della sinistra italiana, un politico astutissimo, ruvido, leale - ha misurato con saggezza, fino a questo momento, ogni parola, ogni aggettivo).

Sì, va bene, d'accordo. Il punto però è che...
«Uff!... Guardi, è molto semplice, glielo spiego io qual è il punto. Sono settimane che il Paese aspetta di conoscere il destino di migliaia di giovani disoccupati, che invoca proposte di sviluppo economico, che ogni giorno spera di avere notizie sull'apertura di nuovi cantieri... Ma niente, niente di niente. La politica non riesce a dare risposte. E allora cosa fa la politica quando non riesce a dare risposte?».

Cosa fa?
«Occupa le prime pagine dei giornali in modo alternativo. Avvia il dibattito sui matrimoni gay e se la prende con i partiti. In questo caso, annunciando il taglio dei loro finanziamenti».

Converrà che qualche sforbiciata all'opulenza di questa politica, male, comunque non fa.
«Lo vede? Continuate a dire sciocchezze, voi giornalisti!».

Ci spieghi lei la verità.
«Allora, mi ascolti, ora le dirò un po' di cosette che non riguardano solo i 180 dipendenti del Pd che rischiano il posto di lavoro... nel luglio scorso, infatti, il Parlamento ha già approvato una norma che dimezza le risorse destinate ai partiti, che sono così passate da 182 milioni di euro a 91. Cosa è accaduto quindi da luglio ad oggi? Beh, semplice: i partiti, pensando di poter contare su quei denari, hanno sottoscritto contratti per forniture varie, dalla luce delle sedi alla carta igienica, e hanno firmato e rinnovato contratti di lavoro o collaborazione... Mi segue?».

La seguo, continui.
«Bene. Adesso che fa il governo? Dice: io non riesco a dare risposte ai temi drammatici del lavoro, no, proprio non ci riesco... in compenso però taglio altri soldi ai partiti, e così decine di persone se ne vanno a casa. E lei lo sa chi è che se ne va a casa? Ha voglia di scriverlo sul suo giornale? Non se ne vanno a casa quelli che girano con l'auto blu... a restare senza lavoro è gente che guadagna tra i mille e i 1.500 euro al mese... quelli che fanno le pulizie alle 5 del mattino, quelli che rispondono al telefono, quelli che scrivono i comunicati al computer...».

Capito. Pagano le colpe della grande politica...
«Non è esattamente così. Diciamo che loro sono le vittime di una battaglia che i gruppi dirigenti non vogliono o non riescono a condurre... la battaglia contro la demagogia e il populismo».

È demagogia e populismo dire che in questo Paese la politica ha costi troppo alti?
«Vorrei mettermi a urlare, giuro... ma resto calmo e le rispondo con dati precisi. In Italia, lo Stato destina ai partiti una somma pari a 1 euro e 52 centesimi di denaro pubblico per abitante. Lo sa a che cifra siamo in Francia? A 2,45 euro. E in Spagna? A 2,84. E lasciamo stare la Germania, dove ciascun abitante devolve alla politica 5,64 euro...».

Forse è possibile sostenere che altrove i soldi vengono spesi meglio.
«E no! Non possiamo dirlo con tanta leggerezza... Perché in Italia la politica non è rappresentata solo dai partiti. Dentro la politica ci sono anche i costi enormi della burocrazia, ci sono gli enti che si sovrappongo per qualsiasi decisione, ci sono le risorse che in tutti questi anni sono state destinate ai mezzi di informazione... Sto sbagliando? O preferisce che mi metta a parlare dell'associazione dei maggiori imprenditori italiani?».

Lei perciò dice che...
«Mi faccia finire. Io adoro la democrazia e difendo i partiti: se gli togliamo i soldi, a poter fare politica saranno solo i ricchi e quelli che già posseggono tv e giornali».

Quando segnaleranno a Enrico Letta questa intervista, non sarà contento.
«E allora non la pubblichi!».

Ormai...
«Io non voglio fare del male a nessuno! E tantomeno al premier, al quale sono legato da stima e affetto. Ma se dico queste cose, è perché penso al futuro democratico di tutti, di mia figlia e anche dei figli di Enrico».

 

 

 

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