donald trump ursula von der leyen

DAGOREPORT – AVVISATE URSULA VON DER LEYEN: TRUMP NON HA INTENZIONE DI PERDERE TEMPO CON INUTILI INCONTRI CON I VERTICI DELLA COMMISSIONE UE. IL TYCOON PREFERISCE I RAPPORTI BILATERALI CON I SINGOLI STATI - QUALCHE INDIZIO SUL SECONDO MANDATO DEL CIUFFO ARANCIONE È ARRIVATO DAGLI INCONTRI CON ZUCKERBERG E TRUDEAU: TRUMP MINACCIA E ALZA IL TIRO PER POI NEGOZIARE CON PIÙ FORZA - IL FUOCO E LA FURIA DI “THE DONALD” IN CASA: ALL’FBI ARRIVA KASH PATEL, CHE HA PROMESSO DI CHIUDERE LA SEDE DEL BUREAU E “TRASFORMARLO IN UN MUSEO DEL DEEP STATE”

DAGONOTA

Donald Trump si insedierà il 20 gennaio, ma è già chiaro da ora quale sarà il leit motiv del suo secondo mandato alla Casa Bianca. L’andazzo a cui dovremo abituarci è stato chiarito da due recenti incontri che il tycoon ha avuto: il primo con Mark Zcukerberg, il secondo con il premier canadese Trudeau.

TRUMP ZUCKERBERG

 

Il fondatore di Facebook è andato “a Canossa” per difendere i suoi interessi e cercare di conquistare la benevolenza di Trump, visti gli enormi dissapori che lo separano da Elon Musk . il premier canadese si è precipitato a Mar-a-Lago subito dopo l’ipotesi, ventilata da Trump, di imporre dazi del 25% sull’importazione di merci da Canada e Messico.

 

URSULA VON DER LEYEN DONALD TRUMP

Se il metodo Trump sarà questo, è facile immaginare che il presidente eletto non avrà alcun rapporto diretto con Ursula von der Leyen, ma si dedicherà a relazioni bilaterali con i singoli Paesi, verso i quali Trump sente di avere maggior potere di influenza e coercizione: gli basterà minacciare dazi e controcazzi per ritrovarsi tutti i leader europei fuori dallo studio ovale pronti a baciare la pantofola.

 

LA PRESA DELL'FBI

Estratto dell’articolo di Alberto Simoni per “La Stampa”

 

KASH PATEL

Kash Patel, 44 anni, origini indiane, cresciuto nel Queens sarà – se confermato dal Senato – il prossimo direttore del Federal Bureau of Investigation. La nomina non giunge inattesa, ma a Washington è lunga la lista di coloro che hanno sperato sino all'ultimo che Trump non mantenesse la promessa della campagna elettorale di elevare questo ex procuratore federale a capo dell'Fbi.

 

Le credenziali di Patel vanno dalla «incompetenza» per gestire il Bureau sino alla visione che questo debba essere completamente trasformato e asservito all'agenda del presidente. Un ex collaboratore ha detto alla Nbc protetto dall'anonimato poiché teme la vendetta trumpiana, che la scelta di Patel è «ridicola» e che Kash «è la persona meno qualificata per ricoprire l'incarico».

ursula von der leyen e donald trump a davos nel 2020

 

Durante la prima Amministrazione Trump occupò posizioni di rilievo al Consiglio per la Sicurezza nazionale e anche al Pentagono. Ha lavorato dal 2017, per il deputato Devis Nunes contribuendo a smontare le accuse sul ruolo della Russia a favore di Trump nel voto del 2016. Quelle che Trump chiama «le bufale russe».

 

Oltre ad aver guidato l'offensiva mediatica e giudiziaria nel caso interferenze alle elezioni del 2016, ha girato il Paese in lungo e in largo promuovendo la tesi delle elezioni truccate nel 2020 e beccandosi da una corte del Colorado, dove aveva deposto su un caso legato al 6 gennaio, l'etichetta di «testimone non attendibile»; ha definito le incriminazioni contro il tycoon degli ultimi anni – e, in particolare, la condanna per il caso Stormy Daniels – un circo incostituzionale».

 

KASH PATEL

Tutte medaglie sul petto nella visione Maga e trumpiana per Kash che, finita l'esperienza alla Casa Bianca, ha lanciato un'organizzazione, "Fight with Kash" con la quale finanzia cause per diffamazione. La società è diventata un brand, dietro il logo "K$H" c'è un merchandising abbondante di calzini, t-shirt, tazze firmate. Tutto serve, disse in febbraio parlando alla Conferenza dei conservatori vicino a Washington (Cpac) per «reclutare soldati» per vincere in novembre. Ora passa all'incasso.

 

Questo è il curriculum con cui Kash – che da giovane sognava di fare il dottore prima di laurearsi in legge – arriva all'Fbi. E da questo deriva il programma di «radicale trasformazione».

trudeau melania trump donald brigitte macron

 

Al "Shawn Ryan Show" disse a inizio anno. «Prenderei i 7 mila impiegati che lavorano nel palazzo e li manderei in giro per l'America a dare la caccia ai criminali». Vorrebbe svuotare il palazzo che si affaccia su Pennsylvania Avenue e «trasformarlo in un museo del deep state». Qualche mese, dopo parlando con il sodale Steve Bannon, esordì: bisogna scovare e fermare i cospiratori non solo nel governo ma anche nel mondo dell'informazione.

 

I cospiratori altro non sono – nella visione di Patel – coloro che hanno mentito agli americani e hanno aiutato Biden a «truccare le elezioni del 2020». […]

 

TRUMP NOMINA ALL’FBI IL FEDELISSIMO PATEL PER AFFONDARE IL BUREAU

Massimo Gaggi per il “Corriere della Sera”

 

Kash Patel

Nulla più della scelta di Kash Patel come capo dell’Fbi evidenzia la distanza fra il Trump del primo e del secondo mandato e la sua volontà di provocare un terremoto nelle istituzioni democratiche, radendo al suolo un sistema giudiziario e di polizia nel quale vede un deep state a lui ostile.

 

Donald Trump scoprì Patel, un procuratore impegnato a dimostrare la falsità della tesi di un appoggio della Russia di Putin alla sua candidatura, nell’ultimo anno di presidenza. Gli dette un ufficio nel consiglio per la Sicurezza nazionale, ma quando lo propose come vicecapo della Cia o dell’Fbi, fu bloccato dal rifiuto con minaccia di dimissioni di Gina Haspel, allora capo dell’agenzia di spionaggio, mentre il suo ministro della Giustizia, Bill Barr, disse che Patel poteva arrivare al vertice dell’Fbi solo «passando sopra al mio cadavere».

trudeau melania trump donald brigitte macron

 

Anche stavolta Trump aveva pensato per Patel a un ruolo di vice, all’Fbi o alla Cia, per evitare le forche caudine del giudizio di conferma del Senato. Ma, dopo aver esaminato altri candidati trumpiani che non gli sono sembrati abbastanza determinati a distruggere l’esistente, ha deciso di giocare il tutto per tutto col suo uomo. Uno che a suo tempo ha dichiarato: «Se sarò capo dell’Fbi chiuderò il quartier generale il primo giorno. E il giorno dopo lo trasformerò nel museo del deep state ».

 

Quella di Trump è una doppia spallata istituzionale: da un lato sfida il Senato a bocciare un personaggio certamente poco qualificato, ma che per tutta la campagna elettorale ha promesso di andare al governo per eseguire le vendette del presidente contro i suoi oppositori politici e contro i giornalisti «che hanno aiutato Biden a truccare le elezioni del 2020».

 

TRUDEAU SALUTA MELANIA SOTTO LO SGUARDO GELOSO DI DONALD TRUMP

[…] La sostituzione di un direttore dell’Fbi detestato da Trump, tuttora in carica e che ha fin qui respinto le richieste di farsi da parte, sembra quasi un fatto naturale. Trump, che considera l’Fbi il cuore di quel deep state da lui accusato di aver remato contro il suo governo, non è riuscito a convincere Wray a dimettersi.

 

Con l’annuncio dato ieri notte il neopresidente aumenta la pressione: dimettiti o verrai licenziato. Il capo dell’Fbi ha poteri molto vasti di indagine e incriminazione. Il suo controllore, il ministro della Giustizia, che dovrebbe essere indipendente quanto l’Fbi, sarà un’altra fedelissima di Trump: Pam Bondi. Giustizia, Fbi, Cia, Pentagono. Trump potrà governare con l’arma che considera più efficace per imporre la sua volontà: la paura.

Ultimi Dagoreport

matteo salvini donald trump ursula von der leyen giorgia meloni ue unione europea

DAGOREPORT – IL VERTICE TRA GIORGIA MELONI E I SUOI VICEPREMIER È SERVITO ALLA PREMIER PER INCHIODARE IL TRUMPIAN-PUTINIANO SALVINI: GLI HA INTIMATO DI NON INIZIARE UNA GUERRIGLIA DI CRITICHE DAL MOMENTO IN CUI SARÀ UFFICIALE L’OK ITALIANO AL RIARMO UE (DOMANI AL CONSIGLIO EUROPEO ARRIVERÀ UN SÌ AL PROGETTO DI URSULA VON DER LEYEN), ACCUSANDOLO DI INCOERENZA – LA DUCETTA VIVE CON DISAGIO ANCHE LE MOSSE DI MARINE LE PEN, CHE SI STA DANDO UNA POSTURA “ISTITUZIONALE” CHE METTE IN IMBARAZZO LA PREMIER

ursula von der leyen giorgia meloni macron starmer armi difesa unione europea

DAGOREPORT – SI FA PRESTO A DIRE “RIARMIAMO L’EUROPA”, COME FA LA VON DER LEYEN. LA REALTÀ È UN PO’ PIÙ COMPLICATA: PER RECUPERARE IL RITARDO CON USA E RUSSIA SUGLI ARMAMENTI, CI VORRANNO DECENNI. E POI CHI SI INTESTA LA RIMESSA IN MOTO DELLA MACCHINA BELLICA EUROPEA? – IL TEMA È SOPRATTUTTO POLITICO E RIGUARDA LA CENTRALITÀ DI REGNO UNITO E FRANCIA: LONDRA NON È NEMMENO NELL’UE E L’ATTIVISMO DI MACRON FA INCAZZARE LA MELONI. A PROPOSITO: LA DUCETTA È ORMAI L’UNICA RIMASTA A GUARDIA DEL BIDONE SOVRANISTA TRUMPIANO IN EUROPA (SI È SMARCATA PERFINO MARINE LE PEN). IL GOVERNO ITALIANO, CON UN PUTINIANO COME VICEPREMIER, È L’ANELLO DEBOLE DELL’UE…

trump zelensky vance lucio caracciolo john elkann

DAGOREPORT – LUCIO E TANTE OMBRE: CRESCONO I MALUMORI DI ELKANN PER LE SPARATE TRUMPUTINIANE DI LUCIO CARACCIOLO - A “OTTO E MEZZO” HA ADDIRITTURA SOSTENUTO CHE I PAESI BALTICI “VORREBBERO INVADERE LA RUSSIA”- LA GOCCIA CHE HA FATTO TRABOCCARE IL VASO È STATA L’INTERVISTA RILASCIATA A “LIBERO” DAL DIRETTORE DI “LIMES” (RIVISTA MANTENUTA IN VITA DAL GRUPPO GEDI) - L'IGNOBILE TRAPPOLONE A ZELENSKY? PER CARACCIOLO, IL LEADER UCRAINO "SI E' SUICIDATO: NON HA RICONOSCIUTO IL RUOLO DI TRUMP" - E' ARRIVATO AL PUNTO DI DEFINIRLO UN OPPORTUNISTA INCHIAVARDATO ALLA POLTRONA CHE "FORSE SPERAVA DOPO IL LITIGIO DI AUMENTARE IL CONSENSO INTERNO..." - VIDEO

giorgia meloni donald trump joe biden

DAGOREPORT – DA DE GASPERI A TOGLIATTI, DA CRAXI A BERLUSCONI, LE SCELTE DI POLITICA ESTERA SONO SEMPRE STATI CRUCIALI PER IL DESTINO DELL’ITALIA - ANCOR DI PIU' NELL’ERA DEL CAOS TRUMPIANO, LE QUESTIONI INTERNAZIONALI SONO DIVENTATE LA DISCRIMINANTE NON SOLO DEL GOVERNO MA DI OGNI PARTITO - NONOSTANTE I MEDIA DEL NOSTRO PAESE (SCHIERATI IN GRAN MAGGIORANZA CON LA DUCETTA) CERCHINO DI CREARE UNA CORTINA FUMOGENA CON LE SUPERCAZZOLE DI POLITICA DOMESTICA, IL FUTURO DEL GOVERNO MELONI SI DECIDE TRA WASHINGTON, LONDRA, BRUXELLES, PARIGI – DOPO IL SUMMIT DI STARMER, GIORGIA DEI DUE MONDI NON PUÒ PIÙ TRACCHEGGIARE A COLPI DI CAMALEONTISMO: STA CON L’UE O CON TRUMP E PUTIN?

friedrich merz

DAGOREPORT – IL “MAKE GERMANY GREAT AGAIN” DI FRIEDRICH MERZ: IMBRACCIARE IL BAZOOKA CON UN FONDO DA 500 MILIARDI PER LE INFRASTRUTTURE E UN PUNTO DI PIL PER LA DIFESA. MA PER FARLO, SERVE UN “BLITZKRIEG” SULLA COSTITUZIONE: UNA RIFORMA VOTATA DAI 2/3 DEL PARLAMENTO. CON IL NUOVO BUNDESTAG, È IMPOSSIBILE (SERVIREBBERO I VOTI DI AFD O DELLA SINISTRA DELLA LINKE). LA SOLUZIONE? FAR VOTARE LA RIFORMA DAL “VECCHIO” PARLAMENTO, DOVE LA MAGGIORANZA QUALIFICATA È FACILMENTE RAGGIUNGIBILE…

fulvio martusciello marina berlusconi antonio damato d'amato antonio tajani

DAGOREPORT – CE LA FARANNO TAJANI E I SUOI PEONES A SGANCIARE FORZA ITALIA DALLA FAMIGLIA BERLUSCONI? TUTTO PASSA DALLA FIDEIUSSIONI DA 99 MILIONI DI EURO, FIRMATE DA SILVIO, CHE TENGONO A GALLA IL PARTITO – IL RAS FORZISTA IN CAMPANIA, FULVIO MARTUSCIELLO, È AL LAVORO CON L’EX PRESIDENTE DI CONFINDUSTRIA, ANTONIO D’AMATO: STANNO CERCANDO DEI “CAPITANI CORAGGIOSI” PER CREARE UNA CORDATA DI IMPRENDITORI CHE “RILEVI” FORZA ITALIA - LA QUESTIONE DEL SIMBOLO E IL NOME BERLUSCONI…