E’ IL PROPORZIONALE, BELLEZZA – IL DUCETTO STOPPA OGNI POSSIBILE INTESA CON M5S. E FA PURE IL COATTO: “NON CI SONO I NUMERI. SERVIREBBE IL 93% DEL GRUPPO E IO DALLA MIA PARTE HO PIU’ DEL 7%...” – MATTARELLA NON HA FRETTA: LE CONSULTAZIONI INIZIANO IL 4 APRILE E VUOLE TENERE LUI IL BOCCINO IN MANO
1. MAI CON I CINQUE STELLE
Dal Fatto Quotidiano
"Il governo si fa? E quale governo?". In versione "senatore di Scandicci", Matteo Renzi rovescia i piani e la domanda sullo stato dell' arte della formazione del governo la fa lui ai giornalisti. "Con i Cinque Stelle il Pd non può farlo, perché c' è lei", è uno dei commenti. A quel punto, lui sposta immediatamente il piano del ragionamento e dice: "Non ci sono i numeri. Servirebbe il 93% del gruppo. E io almeno il 7% ce l' ho". Come dire, ammette che l' ostacolo a un governo con Luigi Di Maio è lui. Perché servirebbe un Pd totalmente compatto.
SALVINI - DI MAIO - BERLUSCONI - RENZI
Già che c' è, dice pure la sua sui numeri dei gruppi parlamentari. Di fronte all' osservazione: "Possiamo dire che ha intorno al 40%", lui replica: "Se fosse stato così, gli altri si sarebbero contati nell' elezione dei capigruppo". Il siparietto non è ancora finito. Domanda: "Si può dire che ha tra il 45% e il 55% e nessuno ha voluto rischiare di capire davvero quali sono i pesi?". Risposta in battuta: "Metterla così è troppo facile. È come dire che al referendum potevo prendere il 40% o il 60%".
2. SALVINI: SERVIRANNO 6 GIRI DI CONSULTAZIONI
Marco Conti per il Messaggero
«Il Pd resta all'opposizione», come sostiene Matteo Orfini, ad un governo che però ancora non c'è. Soprattutto non se ne intravvede nemmeno l'ombra mentre i due vincitori delle elezioni, Salvini e Di Maio, si rinfacciano il numero dei parlamentari che mancano a ciascuno per arrivare a palazzo Chigi. Lì c'è ancora Paolo Gentiloni, premier scampato alle trappole che hanno caratterizzato l'ultima parte della scorsa legislatura.
Seppur lentamente i partiti iniziano a fare i conti con la realtà. Ovvero che i due possibili successori di Gentiloni sono virtuali, frutto dell'effetto ottico creato dai partiti (che li hanno indicati candidati-premier) e sbugiardato da una legge elettorale proporzionale. Prigionieri dei rispettivi leader, i partiti si preparano alle consultazioni con il Capo dello Stato tenendo le posizioni, nella improvvida attesa che dal cilindro del Quirinale esca una qualunque soluzione che sblocchi lo stallo.
I MESI
Il metodo usato per l'elezione dei presidenti delle Camere non sembra reggere quando si tratta di discutere di un possibile governo. E il primo a dolersene è Matteo Salvini, leader della coalizione di centrodestra che sulla carta avrebbe i numeri più importanti per arrivare ad una soluzione. Il leader della Lega è ancora in campagna elettorale. Rilascia interviste e dichiarazioni come due mesi fa parlando più agli elettori che agli addetti ai lavori del Palazzo. Ma quanto reggeranno gli elettori - leghisti e non - al balletto di questi giorni?
mattarella grasso berlusconi renzi
L'interrogativo non è di poco conto, anche perché il Quirinale, vista la situazione, teme ci voglia ancora molto tempo prima di riportare tutti i partiti ad una soglia minima di ragionevolezza. Salvini comprende i rischi insiti in una lunghissima trattativa e evoca il ritorno al voto. Di Maio si appella al «senso di responsabilità» cercando di tirare nuovamente dentro il Pd che però i 5S ieri hanno emarginato in Parlamento facendo piatto di buona parte delle nomine negli uffici di presidenza. Renzi tiene fermo il punto suggerendo ai 5S di «dotarsi di una calcolatrice». «Per fare maggioranza con noi - spiega - dovrebbero poter contare sul 93% dei gruppi». Come dire che senza la pattuglia dei super-renziani, non se ne fa nulla, «anche se c'è chi evoca Mattarella...», sottolinea.
Ciò che è accaduto ieri in Parlamento obbliga ancor più i dem a serrare il forno negando la possibilità di trattative coni grillini. Questi ultimi non vogliono però entrare in quello che sull'insegna porta ancora il nome di Berlusconi, anche se, paradossalmente, l'unico vertice con i capigruppo che sono riusciti a portare a casa è quello di questa mattina con le azzurre Gelmini e Bernini.
E' facile quindi prevedere che il primo giro di consultazioni al Quirinale, che inizierà dopo Pasqua, non sarà sufficiente a rimuovere i sacchi di sabbia che i candidati premier hanno posto a difesa della propria leadership. Un passo indietro sull'incarico sgonfierebbe quella di Di Maio. Così come un fallimento di Salvini metterebbe in discussione la leadership del Capitano su tutto il centrodestra. Ancor più complicata la partita che gioca Renzi nel Pd di Maurizio Martina di cui l'ex segretario è ancora azionista di maggioranza.
I SACCHI
Scherzando, ma forse non troppo, ieri Salvini ipotizzava ben «sei» giri di consultazione. Più o meno un paio di mesi durante i quali deputati e senatori - salvo il varo del Def non rinviabile all'infinito - si gireranno i pollici anche se incasseranno stipendi e indennità. Mentre il Pd non cede all'ipotesi di trattative con i 5S, il Quirinale osserva il dibattito in corso tra i partiti che rafforza la volontà di dare l'incarico per formare il nuovo governo solo a coloro che dimostreranno di avere numeri certi in Parlamento.
Ciò non esclude la possibilità di esploratori. Altre volte i presidenti delle Camere sono stati chiamati ad aiutare i partiti a rimuovere gli ostacoli che permettano - complice magari anche l'arrivo dell'estate - di mettere in piedi un governo di scopo che permetta di avviare la legislatura.
L'impressione è che già a questo possibile scenario guardino i partiti e forse il più in difficoltà tra i leader è Di Maio che blocca il 32% del M5S con una irremovibile - per ora - richiesta di incarico. Salvini la ritiene un'assurda pretesa. Più o meno come viene considerata dal Pd.