MAFIA REALITY! (DIMENTICARE I “SOPRANO’S”) - FIGLIA DI UNO DEI PIÙ SPIETATI BOSS, KAREN DRAGANO È UNA CELEBRITÀ NEGLI USA GRAZIE A UN REALITY - IL PADRE SAMMY È STATO RESPONSABILE DELLA MORTE DI ALMENO 19 PERSONE, POI HA COLLABORATO CON LA GIUSTIZIA - “CERCO DI NON PENSARE A QUELLO CHE HA FATTO MIO PADRE. QUANDO SEPPI CHE AVREBBE PARLATO IN TRIBUNALE, HO PENSATO CHE FOSSE UN INFAME”...

John Crace per "The Guardian"
Traduzione di Carlo Antonio Biscotto per "il Fatto Quotidiano"

Negli Stati Uniti il reality Mob Wives è alla terza stagione e il successo non accenna a diminuire. Trenta anni fa quando la mafia a New York controllava ancora gran parte del settore edilizio, il traffico della droga e aveva a libro paga molti agenti di polizia, sarebbe stato impensabile un programma tv con le donne di mafia che parlano della loro vita. "È vero", dice Karen Gravano, una delle star di Mob Wives". "Comunque ho sempre ambito a dare di me una immagine diversa. Ho deciso di partecipare al programma per far capire al pubblico come vivono le donne con il marito che è stato o è in prigione".

Ad onor del vero Karen non è la moglie di un mafioso. Il suo ex marito ha avuto guai con la giustizia per spaccio, ma non ha mai fatto parte della mafia. Karen è figlia di un mafioso, Sammy "The Bull" Gravano, uno dei boss più temuti negli anni '70 e '80, responsabile della morte di almeno 19 persone e testimone chiave nel processo contro John Gotti, boss della famiglia Gambino.

Karen ha scritto un libro sulla sua vita uscito l'anno passato negli Usa e accolto con fastidio dalle famiglie degli uomini uccisi o fatti uccidere dal padre. "Li capisco - dice Karen - ma il libro non intende esaltare i crimini commessi da mio padre, ma parlare della mia vita, di cosa ha significato essere la figlia di Sammy Gravano. Bisogna capire che far parte della mafia significa anche accettare uno stile di vita e un codice. Non ci sono innocenti tra quanti si sono sottoposti alla cerimonia di iniziazione. Violenza e omicidio erano realtà accettate da tutti, anche dalle vittime di mio padre che a loro volta erano dei killer. Con questo non voglio giustificare mio padre, ma fornire un contesto per far capire meglio quello che ha fatto".

Karen in realtà manipola un po' i fatti. Almeno una delle vittime di suo padre era un ragazzo di 16 anni, Alan Kaiser, che non aveva rapporti con la mafia e pare sia stato assassinato per errore. "Quanto mio padre ha fatto si può paragonare a quello che i soldati fanno in battaglia. La mafia combatteva una guerra e mio padre eseguiva degli ordini. Quando uccideva qualcuno non c'era nulla di personale; cercava solo di proteggere la sua famiglia".

Solo che non era una vera guerra e suo padre sapeva benissimo che quello che faceva era contro la legge. Inoltre era ben lieto di accumulare soldi, case e di essere rispettato come uomo d'onore. "È difficile - ammette Karen - è pur sempre mio padre e voglio pensare di lui tutto il bene possibile. Per lo più cerco di non pensare a quello che ha fatto. C'erano in lui due persone: l'uomo che ha fatto tutte quelle cose orribili e il padre amorevole che si è preso cura di me e mi ha dato tutto quello che desideravo".

Ma non c'era nulla nel suo comportamento che faceva intuire che non tutto era come sembrava? "Avevo solo 19 anni quando mio padre fu arrestato e decise di collaborare con la giustizia. Ero molto giovane. Certo avevo visto sin da bambina che mio padre portava la pistola così come avevo visto la cassaforte con dentro 2 milioni di dollari e la gente che veniva a casa a ogni ora della notte. Ero giovane. A quell'età pensi che vada tutto bene".

Al processo contro Gotti, il padre di Karen confessò di aver ucciso lo zio di Karen, Eddy, fratello di sua moglie. "Mio padre mi spiegò che gli era stato ordinato di farlo, ma ad essere sinceri questo è un argomento che in casa preferiamo non toccare". Non le viene mai in mente che suo padre vi mentiva in continuazione? "Certo che sì. Ma cerco di rimuovere questo pensiero. Mia madre e mio padre hanno divorziato anche se hanno ancora dei contatti. Lei era la moglie di un mafioso e conosceva le regole del gioco. Quanto a me, lui è mio padre e non posso fare a meno di amarlo".

È facile giudicare Karen per il fatto che ricorda quello che le fa più comodo; difficile invece cercar di immaginare come può essere stato essere Karen Gravano, frequentare le migliori scuole, vivere circondata dal lusso ed essere rispettata dalla comunità perché suo padre era un mafioso per poi perdere tutto dal giorno alla notte e scoprire che il proprio padre è un assassino. Karen sarà per sempre la figlia di Sammy Gravano.

"Quando sono venuta a sapere che mio padre avrebbe testimoniato in tribunale, la mia reazione è stata di rabbia perché era un traditore e una spia". Davvero? Il codice d'onore contava più del sangue delle vittime? "Sì. So che sembra strano, ma era così. Mio padre mi aveva educato a credere che la famiglia veniva prima di ogni altra cosa. D'improvviso si chiusero dinanzi a me un bel po' di porte che prima erano spalancate. Sui giornali non si faceva che parlare di Sammy l'infame. Persino per i giornali mio padre era il cattivo e Gotti il bravo ragazzo. Roba da pazzi!!".

Negli anni che seguirono Karen ebbe una vita sentimentale tormentata, ebbe problemi di droga e fu arrestata. "La mia vita era un disastro. Non conoscevo altro modo di comportarmi e credevo fosse il solo modo per essere rispettata", dice. "Oggi sono una specie di celebrità. È una parola che detesto, ma è la sola che conosco. Io voglio solo che mia figlia e mio nipote, diversamente da me, possano condurre una vita normale".

 

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