FALCHI E PITONESSE: IL PDL VUOLE SILURARE SACCOMANNI E BRUNETTA AZZANNA BOLDRINI E GRASSO

1. NEL PDL CRESCE L'INSOFFERENZA PER SACCOMANNI - COLANINNO (PD): "NON ABOLIRÀ L'IMU, SI RASSEGNINO"
Amedeo La Mattina per "La Stampa"

È il destino di coloro che si sono succeduti a via XX settembre, quello di essere considerati la causa di tutti i mali, il parafulmine di tutte le critiche dentro la maggioranza. A adesso è il turno di Saccomanni. Prima erano mormorii, stilettate, polemiche limitate al merito delle singole questioni. Ora l'attacco del Pdl al ministro è ad alzo zero, frontale, fino a chiederne le dimissioni. E a sparare cannonate non sono più figure di secondo piano, ma esponenti di punta che rappresentano le due anime del partito, quelle che per comodità descrittiva vengono catalogate nel genere ornitologico falchi e colombe.

Saccomanni è accusato è di frenare lo choc economico chiesto da Berlusconi, di impedire l'abolizione dell'Imu e di volerla solo rimodularla, di non trovare le coperture finanziarie per evitare l'aumento dell'Iva, di non battersi in Europa per rendere concreta la flessibilità concessa all'Italia. Di fatto l'attacco è al vertice del governo, cioè al premier: parlare a nuora perchè suocera intenda, per costringere Letta a non farsi condizionare dalla prudenza del suo ministro dell'Economia. Ben sapendo che nella sostanza il premier la pensa come Saccomanni.

Allora avanti tutta con la messa fuori gioco dell'inquilino di via XX settembre che secondo Daniela Santanché «non è il ministro al posto giusto». Ruggisce la pasionaria berlusconiana che in genere anticipa le uscite del grande capo: «Vorrei un ministro dell'Economia politico, non va bene un dirigente di Bankitalia». È la linea d'attacco che sta portando in questi giorni il Giornale della famiglia Berlusconi. In prima pagina parla di «una lobby di sanguisughe, da Ciampi a Saccomanni, gli uomini di Bankitalia che ostacolano la ripresa economica».

Ma non solo falchi, appunto. Anche il filogovernativo Maurizio Gasparri sostiene che il ministro non è un motore propulsivo per il governo. «Saccomanni assume un atteggiamento quasi provocatorio. La verità è che appare assolutamente inadeguato al ruolo. Ci vuole un ministro dell'Economia. Non una figura grigia e inadeguata», sostiene Gasparri. Annunciando che di questo si parlerà all'assemblea dei parlamentari Pdl martedì prossimo, insieme ad Alfano (sarà interessante capire cosa ne pensa il segretario Pdl e vicepremier).

Guarda caso questa assemblea è stata convocato alla vigilia della cabina di regia nella quale i capigruppo della maggioranza incontreranno Saccomanni proprio per discutere, tra l'altro, su cosa fare dell'Imu. Per il Pdl, che ne ha fatto una sorta di patto di sangue con i propri elettori, va abolita. E se questo non accadrà, avverte Brunetta, «non ci sarà più il governo».

Il Pd invece difende Saccomanni. Dice che è un ottimo ministro e un banchiere di grande esperienza, stimato dalla comunità economica internazionale. Il capogruppo Zanda parla di «attacchi pretestuosi di Gasparri e Santanché che rientrano in un copione di intolleranza trita e ritrita, soprattutto da un vicepresidente del Senato e da un aspirante vicepresidente della Camera.

Bisogna dire basta ai quotidiani attacchi del Pdl a questo governo». Già, perché attaccare Saccomanni per i Democratici significa colpire al cuore del governo, lo stesso Letta. E questo, secondo il responsabile economico del Pd Matteo Colannino, sarebbe «devastante, da incoscienti in un momento in cui Letta è molto apprezzato politicamente a livello internazionale e gli analisti finanziari considerano un valore le larghe intese italiane».

Colannino consiglia di seguire le indicazioni del premier. La strada è la riforma complessiva dell'imposta sulla casa, di un suo superamento. «Bisogna uscire dallo schema binario abolizione o rimodulazione. È chiaro che Saccomanni non è per l'abolizione totale e temo che il Pdl se ne dovrà fare una ragione».


2. IL PDL CONTRO GRASSO E BOLDRINI «AL LAVORO PER MINORANZE ESTREMISTE»
Lorenzo Fuccaro per il "Corriere della Sera"

Renato Brunetta continua a fare il cane da guardia delle larghe intese. Non c'è giorno che non polemizzi con qualcuno. Ieri se l'è presa con i presidenti di Camera e Senato, Laura Boldrini e Pietro Grasso. «Lavorano per minoranze estremiste, così rischiano di vanificare il difficile cammino della grande coalizione di Letta e Alfano», è la denuncia del capogruppo del Pdl a Montecitorio. Le parole di Brunetta rispecchiano un'opinione largamente diffusa all'interno del Popolo della libertà.

Fabrizio Cicchitto, ad esempio, esorta il presidente della Camera a non diventare il portavoce di Sel. «Non è obbligata - puntualizza - a esprimere e dare rappresentanza alle posizioni del partito, che, per farlo, ha appunto il segretario o il capogruppo». Anche Licia Ronzulli le rivolge un invito analogo. «La presidente Boldrini - obietta - forse non ha ancora acquisito piena consapevolezza del suo attuale incarico che la dovrebbe portare a essere rappresentante di un'istituzione e non solo delle sue personali idee. Altrimenti come è già successo si rischia l'anonimato».

Ma di che cosa vengono accusati Boldrini e Grasso? Entrambi, è l'opinione di Brunetta, «sono oggi totalmente dissonanti rispetto al sentimento di una larghissima maggioranza, non solo del Parlamento ma dell'intero Paese». Entrando nel dettaglio, Brunetta imputa a Boldrini di essersi schierata «senza un velo di pudore dalla parte della Fiom, rifiutando di incontrare l'ad di Fiat Marchionne e la grandissima parte dei lavoratori dello stabilimento di Val di Sangro, quasi che la cittadina presidente debba rispondere non al popolo italiano ma a Landini e Vendola».

Grasso, inoltre, a detta di Brunetta, aveva «preconizzato una nuova maggioranza sostenuta dai grillini, costringendo il capo dello Stato a riparare i danni minimizzando». La stagione di «maggioranze strampalate», incalza Brunetta, è alle nostre spalle sarebbe pertanto auspicabile che «la strana coppia recuperi il senso delle istituzioni e la finisca di coltivare velleità non in linea con il proprio compito di rappresentanza democratica».

Alle parole di Brunetta replicano Nichi Vendola e Roberto Speranza. Il primo, via Twitter, osserva che «gli italiani sono orgogliosi di essere rappresentati da Boldrini e Grasso». Il secondo, capogruppo del Pd alla Camera, rimarca che «l'operato dei due presidenti è sempre stato rispettoso delle istituzioni e mai piegato per fini impropri. Quelle di Brunetta sono parole in libertà del tutto ingiustificate».

E gli interessati? Grasso fa sapere di «non avere alcuna intenzione di replicare a Brunetta». Boldrini, al contrario, si affida a una lunga nota del suo portavoce Roberto Natale, che provoca un'ulteriore messa a punto dello stesso capogruppo del Pdl. «Solo forzature polemiche (politiche o editoriali) giornalistiche - scrive Natale - possono leggere come scelta di parte , e non istituzionale , l'appello rivolto al mondo sindacale e a quello imprenditoriale. Tutti siamo chiamati a nuove sfide».

Nel documento si afferma poi che «l'invito della Fiat è giunto dieci giorni prima dell'appuntamento, quando l'agenda della terza carica dello Stato era già piena di impegni, come spesso accade per i rappresentanti delle istituzioni». E dunque, sottolinea Natale, «solo chi non dispone di tutte le informazioni necessarie parla di sgarbo o schiaffo alla Fiat da parte della presidente della Camera».

Incidente chiuso? Nient'affatto. Brunetta si inalbera di nuovo, perché non gli ha risposto Boldrini ma il suo portavoce, accusandola per questo di «arroganza» e ribadisce l'accusa di estremismo. «La nota - è il suo commento - conferma la drammatica attualità del problema da me posto: siamo dinanzi alla rivendicazione, da parte della terza carica dello Stato, di un'ideologia anticapitalistica che fa paura».

 

 

 

 

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