giuseppe conte enrico letta

IL DOPPIO GIOCO DI LETTA E I SILENZI DI CONTE - FOLLI: "LA SCONFITTA SUL DDL ZAN VA A COPRIRE PROBLEMI INTERNI SIA AL PD SIA AI 5STELLE CHE SAREBBERO EMERSI SE SI FOSSE SCELTA LA VIA DELLA TRATTATIVA. L'INSUCCESSO, PUR DOLOROSO, TORNA UTILE PER RILANCIARE UNA BATTAGLIA CONTRO I RENZIANI (ACCUSATI DI BOICOTTAGGIO) E I "SOVRANISTI RETROGRADI", OSSIA LE DESTRE. LA CACCIA AI "TRADITORI" È INEVITABILE MA SE I SUPER INDIZIATI SONO I SENATORI DI RENZI IN REALTÀ DISSENSI C'ERANO ANCHE NEL PD E SOPRATTUTTO NEL M5S: NON SI RICORDA ALCUN GESTO CONVINTO DI CONTE A FAVORE DELLA LEGGE"

Stefano Folli per "la Repubblica"

 

letta conte

Le macerie della legge Zan al Senato sollecitano un certo numero di interrogativi. Il primo riguarda il centrodestra che ha vinto, sì, la sua battaglia, ma ha voluto celebrarla dai banchi parlamentari con un'esultanza sguaiata stile "ultras" allo stadio: che idea delle istituzioni vogliono trasmettere ai loro elettori Lega, FdI e anche Forza Italia? Si può contrastare una legge e al tempo stesso avere rispetto per i diritti delle persone, specie quando i temi sono così delicati e controversi. La seconda questione riguarda la strategia del Pd. Qual era il vero obiettivo di Enrico Letta? Non è del tutto chiaro.

letta conte

 

Se intendeva vincere attraverso una prova di forza, forse non ha reso un buon servizio alla minoranza che voleva tutelare, poiché l'operazione non è riuscita e molti pensano che non poteva riuscire, date le premesse. Certo, non ha aiutato la discutibile decisione della presidenza di autorizzare il voto segreto fin dalla cosiddetta "tagliola": dietro la segretezza si sono ovviamente nascosti i franchi tiratori. E tuttavia l'argomento del ddl Zan è proprio di quelli per cui si ammette il voto non palese.

 

ENRICO LETTA GIUSEPPE CONTE

In ogni caso, già prima dell'estate si era capito che i numeri erano risicati e che occorreva cercare un compromesso, se si voleva approdare a un risultato. Viceversa il braccio di ferro ha portato alla sconfitta prevedibile del centrosinistra. Sconfitta forse imposta dalle circostanze, cioè obbligata per coprire problemi interni sia al Pd sia all'alleato Cinque Stelle che sarebbero emersi se si fosse scelta la via della trattativa.

 

Quando invece l'insuccesso, pur doloroso, può tornare utile, se così si può dire, per rilanciare una battaglia più generale contro i renziani (accusati di boicottaggio) e i "sovranisti retrogradi", ossia le destre: scavando un fossato che forse nessuno vuole ricoprire, almeno a medio termine. Sotto questo aspetto il fallimento del disegno di legge proietta le sue conseguenze sui passaggi politici dei prossimi mesi.

 

enrico letta giuseppe conte

Uno su tutti: la grande contesa per il Quirinale. Difficile negarlo. L'osservazione più immediata, quasi banale, è: se ci si frantuma sulla legge Zan, cosa può succedere quando si voterà il presidente della Repubblica? Volendo essere più precisi: chi auspica che il capo dello Stato sia scelto sulla base di un accordo trasversale tra le forze politiche, o almeno che si tenti questa strada in ossequio al ruolo neutrale del presidente della Repubblica, non ha motivo di essere ottimista dopo la giornata di ieri.

ENRICO LETTA E GIUSEPPE CONTE

 

Le probabilità che in gennaio si vada a uno scontro tra due o più candidati, ognuno testimone di uno schieramento, sono cresciute e non poco. Così come la prospettiva di un'elezione presidenziale dominata dai franchi tiratori, il cui peso potrebbe essere significativo a partire dalla quarta votazione. A meno che, appunto, non intervenga prima un'intesa al momento improbabile.

 

Per restare all'oggi, la caccia ai "traditori" è inevitabile ma non troppo fruttuosa. I super indiziati, come abbiamo visto, sono i senatori di Renzi. I quali negano, ma sembrano quasi compiaciuti di essere al centro dell'attenzione. In realtà occorre guardare a uno spettro più ampio. Dissensi c'erano anche nel Pd e soprattutto nel M5S: non si ricorda alcun gesto convinto di Conte a favore della legge. In definitiva del testo di Zan rimane un'idea, il ricordo di una battaglia persa, una bandiera politica da sventolare all'occorrenza.

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