POCHI SPICCIOLI: TUTTI, MALEDETTI E SUBITO - A GIUGNO 2015 SCATTA L’OPERAZIONE TFR IN BUSTA PAGA: SARÀ SU BASE VOLONTARIA E NON AVRÀ COSTI PER LE IMPRESE - MA CHI LO INCASSA PAGA PIÙ IRPEF: VIENE CONSIDERATO UN INCREMENTO DI REDDITO
Roberto Mania per “la Repubblica”
Tfr in busta paga. L’operazione scatterà dalla seconda metà del prossimo anno, cioè dal mese di giugno, e sarà valida per il triennio 2015-2018. Sarà su base volontaria e non avrà alcun impatto sui costi delle imprese. Mentre per lo Stato si tradurrà in nuove entrate fiscali con l’anticipo del Tfr trattato ai fini Irpef al pari di un incremento di reddito. Saranno esclusi i lavoratori del pubblico impiego e quelli del settore agricolo.
Potranno aderire anche i lavoratori che hanno dirottato il proprio Tfr nei fondi di previdenza complementare. Riguarderà il Tfr maturato a partire dal primo gennaio 2015 e non lo stock già accumulato. La tassazione sulle rendite dei fondi pensioni potrebbe impennarsi dall’attuale 11,5 al 20 per cento.
È una delle novità più importanti della legge di Stabilità varata ieri sera dal governo. L’obiettivo è quello, in una fase di emergenza dell’economia, di provare a immettere più risorse nelle buste paga dei lavoratori per alimentare i consumi interni dopo che l’operazione 80 euro ha in gran parte fallito l’intento. Certo, bisognerà vedere quanti lavoratori decideranno di spendere tutta o parte della liquidazione anziché continuare a lasciarla nelle casse delle propria azienda, che così, in particolare le piccole, si autofinanzia a tassi assai vantaggiosi, oppure investirli nei fondi pensionistici integrativi come fa oggi meno del 30 per cento dei lavoratori italiani.
Il perno dell’operazione rimane la volontarietà. Dunque sarà il singolo lavoratore a decidere come utilizzare gli accantonamenti delle propria liquidazione che nell’arco dell’anno è pari circa all’ammontare di una nuova mensilità.
Se dovesse chiedere che gli venga anticipato il Tfr maturato l’anno precedente, la sua azienda si rivolgerà alle banche le quali erogheranno il prestito a tassi identici a quelli con i quali viene attualmente remunerato il Tfr (1,5 per cento più lo 0,75 per cento del tasso di inflazione). È dunque un meccanismo a tre: lavoratore, imprese e banche. Con lo Stato che fa da garante anche attraverso l’apposito fondo dell’Inps.
Quando cesserà il rapporto di lavoro, l’azienda non erogherà più al lavoratore l’ammontare della liquidazione, bensì sarà l’azienda a restituire alla banca il prestito ottenuto in precedenza. Prestito che nel passato le imprese avevano proprio dai lavoratori. Perché è bene chiarirlo: il Tfr rappresenta una forma di retribuzione differita, appartiene al lavoratore.
matteo renzi pier carlo padoan
Nel caso, proseguendo sugli aspetti procedurali, l’azienda non dovesse restituire il debito contratto con la banca quest’ultima potrà rifarsi sul fondo presso l’Inps, a sua volta garantito dallo Stato. Per questa ragione nella legge di Stabilità sono stati stanziati 100 milioni di euro. Questa complicata operazione dovrebbe, tra l’altro, consentire nuove entrare fiscali nelle casse dello Stato: secondo le simulazioni dei tecnici potranno essere tra 1,7 miliardi e 5,6 miliardi, a seconda del tasso di adesione.