STANCO COME UN GRILLO – STARE LONTANO DAI TALK SHOW A PRODURRE INVETTIVE LOGORA MALEDETTAMENTE – SI SONO AFFATICATI TUTTI, DA CRAXI AD ANDREOTTI, PASSANDO PER COSSIGA E BOSSI, MA GRILLO SI È STANCATO PRIMA DI TUTTI: POCO PIÙ DI UN ANNO

1. IL DURO LAVORO DELL’ANTIPOLITICA QUANDO IL LEADER DIVORA SE STESSO

Filippo Ceccarelli per “la Repubblica

 

In un modo o nell’altro finiscono tutti così: stanchi, e anche abbastanza seccati con il loro partito. Era successo a Craxi, a Forlani, ad Andreotti, a Cossiga, ciascuno in genere col classico retropensiero “dopo di me il diluvio”.

E’ accaduto poi a D’Alema, a Veltroni, a Bossi, che poveraccio ci stava pure per rimettere la pelle, e a Berlusconi, che ogni tanto minacciava di abbandonare tutto per andarsene in giro con la sua magnifica barca, oppure a costruire orfanotrofi per i bambini poveri.

 

Beppe grillo a palermoBeppe grillo a palermo

Ma di tutti i capi della Prima, Seconda e Terza Repubblica nessuno si è «stancato» prima di Beppe Grillo. Poco più di un anno. Il primo sintomo è censito nel giugno del 2013: «Ragazzi, mi sono rotto! Mi viene voglia di mollare, alcuni (grillini, ndr ) erano niente, sono entrati in Parlamento e adesso mi attaccano... ». Va da sé che la «stanchezza» che fiorisce sulla bocca dei leader è una parola povera e ad alto tasso di ambiguità.

 

Sia che venga ammessa, sia che venga proclamata, o talvolta perfino scagliata contro i propri seguaci con la stessa energia di un marito frustrato o di una casalinga irrequieta, la fatica nasconde di solito altre faccende. Errori politici, disagi personali, sensi di colpa, recriminazioni, stress, idiosincrasie e paure che il possesso del potere non riesce più tanto a compensare. In questo genere di storie l’errore interpretativo è facile, ma nel caso di Beppe Grillo forse meno che in altri perché è lui stesso a fornire le varie cause della stanchezza. Oltre alle ingiuste contestazioni sono state addotte - nel senso che anche lui vi ha fatto cenno - ragioni economiche: il 740 «a zero». Prima di entrare in politica, cioè, guadagnava di più. La parola al manager di spettacoli (e amico) Michele Torpedine: «Beppe ha rinunciato a cifre da capogiro in questi anni, dal punto di vista degli incassi è uno che vale Benigni, nel suo genere è paragonabile a Ligabue...».

 

BEPPE GRILLO E IL BODYGUARD PREGIUDICATOBEPPE GRILLO E IL BODYGUARD PREGIUDICATO

C’è poi una questione di fatica. Si pensi alla girandola di comizi per le piazze, come nessun altro leader, alla nuotata dello Stretto, allo Tsunami tour, ai mucchi di giornalisti addosso, alle corse sulla spiaggia vestito da marziano. Insomma: «Comincio a sentire gli anni, ho bisogno degli occhiali, mi è andata giù la vista e non solo quella». Il grillismo vive poi di enfasi, inventiva e concitazione. Insulti, spiritosaggini, nomi storpiati, fotomontaggi tutti i giorni non sono gratuite. Come pure le immaginose minacce: «Verremo a cantare a Sanremo» o le collette definite «spasmodiche ».

 

Suona come un paradosso, ma standosene lontani dai talk-show le invettive affaticano e logorano più di quanto s’immagini: e le tombe, i cadaveri, la morte, la merda, i vaffanculo, gli strilli, lo streaming, gli scontrini, il vecchio processo per omicidio che riscappa fuori, l’osteria del Grillo, la salita del Grillo, il marchese del Grillo. Da una parte il nome che risuona e le aspettative che crescono, dall’altra le dietrologie, le rivalità e le scemenze dei parlamentari.

 

GRILLO  beppe genovaGRILLO beppe genova

Un attore è un attore, certo, e la visibilità se la va a cercare. In più ha i ritmi, le tecniche, gli ingegni di scena; può permettersi il lusso di snobbare i salotti tv, comunque mettendo in scena numeri sensazionali, da morire dal ridere - due per tutti: l’intemerata all’assemblea del Monte dei Paschi con Profumo che ha paura che Grillo si senta male e la sfuriata ai danni di Dudù. Se gli schemi di rottura alla lunga stuccano e allappano, insultare non solo stanca, ma danneggia, inaridisce, guasta, corrode, stronca.

 

Così, prima delle europee: «O vinciamo, o stavolta me ne vado davvero a casa». Ed ecco il messaggio di capodanno con il busto di Garibaldi e il dubbio di recitare una parte più grande di lui; l’ambasciatore inglese e quello cinese; l’affitto di Bibbona e il parrucchiere Renato; gli occhiali griffati e le foto deformate; «io oltre Hitler » e la mafia; il plastico per Vespa e lo «sputo digitale»; la scena del Maalox e la corona di spine indossata in un temporale di flash.

 

La popolarità mediatica è droga pesante, l’ostentazione parossistica corrisponde all’overdose. Gli spettacoli politici della post-politica non sfuggono al crudele e cannibalico ciclo produzione-consumo. Sarebbe assurdo che non fosse stanco, Beppe Grillo, tutti i leader prima o poi lo sono, ma lui prima e di più.

GRILLO E DI MAIO GRILLO E DI MAIO

 

 

2. IL PRIMO GIORNO A CASA DELL’UOMO CHE VOLEVA MANDARE TUTTI A CASA

Francesco Maesano per “La Stampa

Avanti e indietro, la vita è tutta qua. Almeno quella di Beppe Grillo, nomade dell’autostrada E80, quella che a seguirla tutta si arriva in Portogallo. Neanche il tempo di disfare valigie e pensieri nel buen retiro di Marina di Bibbona, splendido Tirreno alla fine del viale di Bolgheri, che la realtà è venuta a cercarlo sotto forma di delegazione parlamentare. E allora via, di nuovo verso Genova, a riordinare i pensieri, a decidere che d’ora in poi, tra lui e i deputati e senatori che ha mandato alle Camere, ci sarà un’intercapedine: cinque nomi nei quali ripone massima fiducia.

GRILLO SUONA E CANTA AL CIRCO MASSIMO  GRILLO SUONA E CANTA AL CIRCO MASSIMO


Ora, ragiona Grillo, ci vogliono nuove regole, meno stringenti, più adatte a inseguire Renzi e Salvini in quelle praterie di consenso dove il Movimento non scorrazza da un bel po’. Ma serve soprattutto un nuovo inizio. Facce fresche, voci nuove. Gente da mandare in tv a determinate condizioni perché senza confronto l’attenzione cala e i voti pure. E magari persone con un’appartenenza territoriale netta, una denominazione d’origine controllata da opporre a quel Salvini che s’è messo in testa di andare a far man bassa anche al Sud, dopo l’umiliazione che gli ha riservato in Emilia, madre e matrigna della sua creatura. I M5S come lega del Meridione, prima che la faccia qualcun altro.


Però l’amarezza resta e la voglia scema. Anche perché lui rimane megafono, ma la voce s’è arrochita da tante delusioni rimediate nelle cabine elettorali. Qualcuno, al culmine della sfida lanciata al sistema dal M5S, doveva andare a casa. Ma tutto pensava il fondatore del Movimento meno che sarebbe stato lui il primo a stufarsi. E nel suo primo giorno a bassa intensità politica sceglie il silenzio, per sé e per gli altri: i membri del direttorio non scendono nell’agone, quasi non fiatano se non per dire, come Roberto Fico, che «nel M5S c’è un’atmosfera serena, di dialogo e di condivisione». Pacificati più che silenziati. Pronti a farsi più eterei degli altri, più imprendibili. Come lui.

GRILLO E CASALEGGIO AL CIRCO MASSIMO  GRILLO E CASALEGGIO AL CIRCO MASSIMO


E mentre il diarca svogliato si gode le prime ore tranquille di una settimana ad alta intensità, Roma il formicaio è impazzito. La nuova struttura ha messo tutti contro tutti ed è l’ora della resa dei conti. Il capogruppo alla camera Cecconi prova a tenere dritta una barca che scarroccia ancor prima di lasciare il porto, ma lo fa con l’aria di chi avverte che si parte comunque, con o senza l’equipaggio al completo. Nell’assemblea di venerdì notte gli è stato chiesto di chiedere presto una «congiunta» con i senatori per regolare i conti aperti nel gruppo e, in caso, procedere a nuove espulsioni. Verranno esaminate le posizioni di più di venti deputati. L’aut aut.

beppe grillo sulla biga al circo massimo 6beppe grillo sulla biga al circo massimo 6


Il grosso è accusato di non aver rendicontato. La narrazione è sempre la stessa: chi critica lo fa per tenersi i soldi. E allora finiscono sul banco degli imputati Barbanti, Baldassarre, Bechis, Benedetti, Bernini, Cariello, Daga, Grande, Mucci, Pisano, Prodani, Rizzetto, Rostellato, Segoni, Terzoni e Turco. L’intera pattuglia dissidente. Certo, nel procedimento sono stati inseriti anche dei pasdaran come Morra, Nuti e Nesci, ma per loro le accuse derivano da questioni territoriali: non verranno espulsi e usciranno dall’assemblea con in tasca un’assoluzione definitiva. Nel parapiglia delle espulsioni minacciate è una corsa a trovare il lato giusto della nave, quello dal quale non sta arrivando l’onda. La vicecapogruppo Dadone ci tiene a precisare che quell’hashtag polemico contro il direttorio comparso venerdì su Twitter lei non l’ha mai condiviso. Anzi. Il criterio col quale sono stati scelti i cinque a lei va benissimo: «Sono persone di fiducia di Beppe. che c’è di strano? È lui il fondatore del Movimento».

 

 

 

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