“BIDEN HA RESO LA SITUAZIONE PIÙ PERICOLOSA” – L’EX DIPLOMATICO USA, RICHARD HAASS, BASTONA “SLEEPY JOE” PER IL DISCORSO DI IERI A VARSAVIA, DOVE IN PRATICA HA INVOCATO UN CAMBIO DI REGIME IN RUSSIA (LA CASA BIANCA HA SMENTITO, MA L’IMBARAZZO È RIMASTO): “NON SARÀ SEMPLICE RIMEDIARE AL DANNO PROVOCATO” – “SUGGERISCO AI COLLABORATORI DEL PRESIDENTE DI…” - VIDEO
1 - EX DIPLOMATICO USA,'BIDEN HA RESO SITUAZIONE PIÙ PERICOLOSA'
(ANSA) – Le parole del presidente Usa Joe Biden, secondo il quale Vladimir Putin "non può rimanere al potere", hanno reso "una situazione difficile più difficile e una situazione pericolosa più pericolosa".
E' quanto afferma Richard Haass, importante diplomatico americano già responsabile per la pianificazione della politica del Dipartimento di Stato e coordinatore per l'Afghanistan e attualmente presidente del Council on Foreign Relations.
Non sarà semplice, aggiunge Haass, citato dalla Bbc e dal Guardian, "rimediare al danno provocato, ma suggerisco ai collaboratori (del presidente) di mettersi in contatto con le controparti e chiarire che gli Usa sono pronti a relazionarsi con il governo russo in carica".
2 - LO ZAR DÀ UNA SCADENZA ALLA GUERRA MA BIDEN CERCA LA RISSA: «MACELLAIO»
Antonio Rossitto per “La Verità”
joe biden incontra i rifugiati ucraini a varsavia 5
Le gesta in Europa del presidente americano non rendono merito al suo soprannome. «Sleepy Joe», ovvero l'assonnato, è più tonico e risoluto che mai. A Varsavia, in Polonia, prima Biden definisce Vladimir Putin un «macellaio».
Con il portavoce del presidente russo, Dmitry Peskov, che replica: «Strano sentire tali accuse da chi ha chiesto il bombardamento della Jugoslavia e l'uccisione di persone». Biden rilancia: «Questo uomo è un tiranno, è un dittatore che cerca di ricostruire un impero. Non può restare al potere».
Peskov ribatte: «Non è qualcosa che decide lui. È solo una scelta dei cittadini della Federazione russa». La Casa Bianca ritratta: «Non stava parlando di un cambio di regime in Russia», ma del suo potere sulla regione. Il Cremlino suggella: «I nuovi insulti di Biden a Putin restringono ulteriormente la finestra di opportunità per ricucire i rapporti tra Russia e Stati Uniti». Amen. Eppure, c'avevamo sperato.
Certo, due giorni fa, il destissimo «Sleepy» apre alla possibilità di un uso delle armi nucleari in «circostanze estreme». Nel mentre, però, arrivano due notizie da Mosca. Apparentemente confortanti. La Russia intende ridimensionare i suoi obiettivi militari. Niente «denazificazione» dell'Ucraina, insomma.
joe biden incontra i rifugiati ucraini a varsavia 3
Putin si accontenterebbe dei territori in gran parte già conquistati. Anzi, non ha mai puntato ad altro che «alla totale liberazione del Donbass». Il generale Sergei Rudskoy ragguaglia: «È il nostro obiettivo prioritario». Il Cremlino avrebbe addirittura una data, già comunicata alle truppe, per proclamare la «vittoria» (o ritirata camuffata?): il 9 maggio 2022, anniversario della fine della seconda guerra mondiale.
Lo confermerebbe pure il tentativo delle truppe russe di sbarcare a Odessa. E i tank che arretrano da Kiev, la Capitale ucraina. La supposta nuova strategia moscovita viene dunque salutata nel pianeta come la certificazione del fallimento dell'avanzata. Putin fa di necessità virtù. Andrebbero però aggiunte due considerazioni. Sicuri che il ripiegamento non fosse la vera strategia iniziale?
E poi: è davvero un segnale di debolezza definire tanto chiaramente obiettivi e perfino data di fine guerra? O, al contrario, assomiglia piuttosto a una prova di forza? Comunque sia: limitare gli obiettivi bellici e parlare di termine del conflitto sembrerebbe, a prima vista, un segnale per favorire la trattativa.
Biden invece è scettico. Dice di non essere «sicuro» che la Russia abbia davvero cambiato strategia. A questo punto, poco importa: i suoi assalti verbali e la replica del Cremlino sembrano allontanare ogni accordo. Il fu «Sleepy Joe» tira dritto: Putin è un «macellaio» e «un dittatore». Risponderà «per la brutale aggressione da parte della Russia, comprese nuove sanzioni».
Ai ministri degli Esteri e della Difesa di Kiev, Dmytro Kuleba e Oleksii Reznikov, Biden garantisce «ulteriori sforzi per aiutare l'Ucraina a difendere il suo territorio». Al presidente polacco, Andrzej Duda, assicura: «Riteniamo l'articolo 5 un obbligo sacro». Un attacco contro uno o più membri dell'Alleanza sarà considerato un attacco contro tutti, quindi. «La colpa della guerra è solo di Vladimir Putin e non deve neanche pensare a toccare un centimetro del territorio della Nato».
Biden chiarisce: «La stabilità in Europa è molto importante per gli Stati Uniti». E aggiunge: «Siamo consapevoli che la Polonia si sta assumendo una significativa responsabilità». Già: Varsavia, con la guerra in Ucraina, è diventata un alleato decisivo per gli Usa e l'Unione europea. Per l'accoglienza ai rifugiati ucraini, così come per la sua posizione strategica. Ma il viaggio di Biden serve soprattutto a dare il suo incondizionato appoggio all'esercito di Kiev. Che può già contare su un flusso cospicuo di armi.
Nell'incontro con Biden, i due ministri ucraini fanno però ulteriori richieste. Del resto, il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky chiede «aiuti militari senza restrizioni». Nell'ultimo vertice a Bruxelles, chiarisce: «Avete almeno 20.000 carri armati. Abbiamo chiesto l'1 per cento di tutti i vostri carri armati. Dateceli o vendeteceli. Ma non abbiamo una risposta chiara». Nell'attesa, Biden comincia a ventilare la risposta nucleare in «circostanze estreme».
OLEKSII REZNIKOV VOLODYMYR ZELENSKY
Proprio mentre papa Francesco dice di essersi «vergognato» per la decisione di un gruppo di Paesi, tra cui l'Italia, di spendere il 2 per cento del Pil nell'acquisto di armi. «Pazzi!» dice Bergoglio. Che invoca invece «un'altra impostazione, un modo diverso di impostare le relazioni internazionali non facendo vedere i denti, un modo diverso di governare il mondo».
Insomma: «Basta armi, sanzioni e alleanze politico militari». Eppure «Sleepy Joe», nella sua visita a Varsavia, è riuscito a esortare «la lunga battaglia per la libertà» dell'esercito ucraino citando nientemeno che papa Giovanni Paolo II: «Non abbiate paura». Ovvero la frase con cui, il 22 aprile 1978, il polacco Karol Wojtyla inaugurava il suo pontificato, invitando i giovani ad «aprire le porte a Cristo». «Parole che cambiarono il mondo» aggiunge Biden. Un inno alla fede trasformato in un grido di guerra. «Sleepy» è ormai inarrestabile. Ma forse avrebbe bisogno di uno dei riposini che hanno reso celebre quel suo vecchio soprannome.
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