ANCHE I BOBOMARONITI ISOLANO IL BANANA PREGIUDICATO: LA LEGA CONTRARIA AL VOTO (RISCHIEREBBE DI SPARIRE)

Ugo Magri per "La Stampa"

Maroni e Calderoli sono passati ieri sera ad Arcore per far presente che la Lega è contro il governo, si sa, ma è pure ostile alle elezioni. Per cui, se questo fosse il suo obiettivo, Berlusconi farebbe meglio a metterselo via: il Carroccio non lo aiuterà a causare il cataclisma. È possibile che gli argomenti leghisti abbiano innescato qualche sana riflessione.

Idem per i sondaggi che da giorni rilevano i danni causati dal bombardamento mediatico su Francesca, la fidanzata di Berlusconi. Il cagnolino Dudù rischia ormai di diventare per Silvio quello che il «Trota» rappresentò per Bossi: la frontiera del ridicolo. Ma se tutto ciò non bastasse a frenare gli istinti del Cav, emerso dal weekend con un risentimento fuori controllo contro Napolitano che la Santanché ha reso pubblico con scrupolo quasi filologico, un brusco altolà giunge dagli alfaniani.

Rispetto a due settimane fa, quando se ne contarono 23, oggi i contrari alla crisi sono 24; anzi 25, perché poi si è aggiunto il siciliano D'Alì; e se ne conterebbero 26 se si volesse comprendere il ministro Quagliariello, anche lui senatore, che di prima mattina aveva mandato su tutte le furie Berlusconi con un'intervista dove gli intimava per il suo bene di non spezzare le larghe intese.

Avvertono minacciosi i 24: «Non è più possibile tollerare la critica distruttiva e permanente alla legge di stabilità e all'operato del governo di cui 5 nostri ministri fanno parte». Giù gli artigli dei «falchi» da Quagliariello e da Letta. Sdegnato contro l'insubordinazione, Bondi grida a sua volta: «Alfano e il capogruppo Schifani stigmatizzino!», però nulla accade. Anzi, Cicchitto lo sfotte: «Ridicolo appellarsi al centralismo democratico», come quando Bondi militava nel vecchio Pci. Il clima si va facendo davvero pesante.

Il punto è che, senza quel gruppo di senatori (tra i quali Augello, Compagna, l'ex-governatore della Lombardia Formigoni, gli ex-ministri Giovanardi e Sacconi), i propositi di crisi sarebbero pallottole spuntate. Perfino se Berlusconi ordinasse di abbattere il governo quale vendetta per la sua decadenza, Letta avrebbe i numeri per tirare avanti lo stesso.

Qualche colomba berlusconiana spera di procrastinare il «dies irae», in modo che prima del voto sulla legge Severino sopravvenga l'interdizione dai pubblici uffici appena ricalcolata in 2 anni, rendendo dunque superfluo il pronunciamento del Senato.

Però il collegio difensivo di Berlusconi si orienta a presentare ricorso davanti alla Cassazione, sperando che questa a sua volta sollevi davanti alla Consulta qualche obiezione di costituzionalità. Oppure che entri in campo la Corte di Strasburgo, la quale giusto ieri ha emesso una sentenza a carico della Spagna giudicata molto incoraggiante dall'avvocato Ghedini.

Insomma: prima che l'interdizione diventi operativa, passeranno mesi. L'aula di Palazzo Madama dovrà per forza pronunciarsi prima. E visto che il Cavaliere briga in tutti i modi per strappare il voto segreto, il cossighiano Naccarato eletto nel centrodestra avverte sibillino: «Attento Silvio! Sulla decadenza, dallo scrutinio segreto, verranno ulteriori sorprese e più cocenti delusioni».

Come a dire: se tu insisterai a minacciare le elezioni, invece di guadagnare voti finirai per perdere pure quelli della Lega nonché di parte del tuo stesso partito... Interpellato in proposito, Berlusconi ieri ha fatto spallucce: «Io li aspetto tutti al varco». Però non aveva ancora letto la nota dei 24, senza i quali la sua scelta si limita a due sole opzioni: continuare a sostenere Letta, ma con le piume abbassate; oppure andarsene all'opposizione, cercando di schivare le vendette politiche di quanti vengono oggi insultati come «traditori».

 

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