I GUAI DI BRAY! - TUTTI CONTRO LA RIFORMA DEL MIBAC: IL RESTYLING AL MINISTERO SERVE SOLO A CREARE UNA SUPER DIREZIONE AGLI ORDINI DI SALVO NASTASI
BENI CULTURALI RIFORMA AL VIA TUTTI CONTRO BRAY
Francesco Erbani per "La Repubblica"
Mesi di discussione, una commissione, poi una lunga riflessione. Il progetto di riforma del ministero per i Beni culturali e il turismo è pronto. Forse approda oggi al Consiglio dei ministri. Intanto ci sarà un passaggio con i sindacati. Tutto bene per il ministro Massimo Bray? Non proprio, perché il testo suscita pesanti malumori all'interno del ministero stesso, che talvolta virano all'opposizione frontale.
Crescono, dunque, le difficoltà che Bray incontra: penultimo episodio, la nomina del soprintendente a Pompei non di un dirigente del ministero, ma di un professore di archeologia, Massimo Osanna, assai stimato e con un ricco curriculum, ma senza spiccate competenze pompeianistiche.
Quelle che avrebbero giustificato il ricorso a un esterno. La sua nomina ha suscitato la sollevazione di un centinaio fra soprintendenti e dirigenti del ministero, che hanno scritto una lettera durissima: l'incarico, dicono in sostanza, ignora che la legge consente di chiamare un esterno in mancanza di disponibilità interne e ricordano il caso di Vittorio Sgarbi, scelto da Sandro Bondi per dirigere il Polo museale di Venezia e la cui designazione fu poi bocciata. Per Pompei sono state presentate tre domande da parte di interni al ministero e due da parte di esterni.
Ma è sulla riforma del ministero che Bray rischia uno scontro che non aumenta le possibilità per lui di restare sulla poltrona dei Beni culturali. Il suo nome circola spesso fra le vittime di un rimpasto. E sono tutt'altro che buoni i suoi rapporti con Matteo Renzi e con i renziani, fra i quali Andrea Marcucci, ex sottosegretario, presidente della commissione Beni culturali del Senato. La riforma è blindata. E questo irrita molto i sindacati: la Uil parla «di luci e di ombre, ma soprattutto di ombre» e la Cgil incalza: «Ci aspettavamo molto di più, siamo delusi, è prevalso uno schema centralistico».
Protestano le associazioni di categoria (Assotecnici) e quelle di tutela: la Bianchi Bandinelli sostiene che la riforma «rappresenta un ulteriore colpo al patrimonio culturale e dimostra la mancanza di un progetto politico complessivo e lungimirante. Siamo di fronte a un'occasione perduta per rilanciare il ruolo del ministero».
Molti membri della commissione incaricata da Bray, inoltre, non vedono affatto rispecchiato il loro lavoro nelle conclusioni del ministro. L'intenzione più volte proclamata era quella di utilizzare la spending review per snellire l'apparato centrale del ministero in favore delle strutture periferiche, le soprintendenze, in primo luogo. Questo proposito sembra realizzato in minima parte.
Le direzioni generali non diminuiscono di numero, ma soprattutto aumentano quelle burocratiche. Non viene soppressa la direzione generale della valorizzazione (che viene accorpata all'innovazione), ma quella dell'archeologia. E questo provoca un malcontento serissimo: oggi alle 16 è previsto un sit-in al ministero e sono pronte lettere per Napolitano e per Letta. L'archeologia passa sotto la direzione per il paesaggio e il patrimonio storico-artistico, e non vede neanche indicato il proprio nome nella dicitura dell'ufficio. In serata il ministero assicura: tutte le funzioni di tutela saranno trasferite.
Alcune direzioni regionali vengono unificate: la Basilicata va con la Puglia, l'Umbria con le Marche, l'Abruzzo con il Molise. Ma per alcuni è singolare che la Liguria faccia tutt'uno con il Piemonte, creando una maxistruttura poco gestibile. Alle direzioni regionali vengono comunque tolti poteri a favore delle soprintendenze, mentre una spiccata autonomia è restituita agli archivi.
Viene poi creato un Ufficio di pianificazione degli obiettivi, che sembra una sovrapposizione del Segretariato generale (una struttura che parte della commissione auspicava venisse soppressa). Secondo la Bianchi Bandinelli e Assotecnici, la nuova creatura «assume le funzioni di controllo politico e di supervisione dell'amministrazione (ruolo inquietante)», e produce un aumento «dei livelli di potere, in contrasto con la necessità di svolgere adeguatamente i compiti istituzionali». Viene anche creato un ufficio unico per la comunicazione. Le associazioni lamentano l'assenza, invece, «di una direzione generale per il paesaggio e la pianificazione paesaggistica».
Altro punto contestato: l'arte e l'architettura contemporanea vengono infilate nella Direzione generale dello spettacolo e ad esse si affianca, ed è una novità assoluta, il patrimonio immateriale (le feste, i riti, le sagre... Eppure tutta la parte etnografica e delle tradizioni popolari resta alla direzione per il patrimonio storico-artistico).
L'attuale direttore è il potentissimo Salvo Nastasi, ex capo di gabinetto con Bondi, Galan e poi con Ornaghi, che, se verrà confermato, avrà competenze sul Maxxi, su Triennale e Quadriennale. Negli ambienti del contemporaneo si raccolgono sentimenti di sfiducia: «Per noi era essenziale restare agganciati al sistema dei beni artistici: che cosa c'entriamo con le fondazioni liriche?».
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