L’ITALIA GIUSTA. PER MONTI - CON LA MOSSA DISPERATA DI CHIEDERE A INGROIA LA DESISTENZA IN CAMPANIA E SICILIA, BERSANI HA SCOPERTO LE SUE CARTE: VENDOLA NON BASTA (ANZI CALA) E DOPO LE ELEZIONI L’ACCORDO CON IL CENTRINO DIVENTA OBBLIGATO - INGROIA CANNIBALIZZA NICHI, E CULATELLO E DALEMIX GIÀ PARLANO DI “DIALOGO” CON MONTI – “STAVOLTA L’ITALIA POTREBBE FINALMENTE AVERE UN VERO GOVERNO DI SINISTRA, INSIEME A FINI”…


1 - FINALMENTE...
Jena per "la Stampa" - Stavolta l'Italia potrebbe finalmente avere un vero governo di sinistra, insieme a Fini.

2 - VENDOLA NON BASTA PIÙ, IL PD COMINCIA A AVER PAURA
Federico Geremicca per "la Stampa"

Si va materializzando lo scenario peggiore. E i sondaggi cominciano a essere univoci, se non nelle percentuali, certamente nel cambio di rotta degli umori elettorali. Sì, il Pd tiene e resta oltre il 30%: ma nessuna delle altre rilevazioni sembra confortare il partito di Pier Luigi Bersani. Nichi Vendola continua a vedere erosi i consensi a Sel dalla lista «rivoluzionaria» di Antonio Ingroia (che comincia a consolidare la sua presenza), il Centro di Monti (e di Fini e Casini) è arrivato al 15%. E soprattutto, continua la rimonta di Silvio Berlusconi: «Dopo Santoro, la sinistra ha cominciato a preoccuparsi davvero», ha annotato con malizia il Cavaliere. E non ha detto una bugia.

Due elementi, ieri, hanno dato plasticamente la misura dei timori che cominciano a serpeggiare nel quartier generale di Pier Luigi Bersani: la richiesta rivolta ad Antonio Ingroia di non presentare liste per il Senato in Campania, Sicilia e Lombardia, e l'offerta nuovamente avanzata a Mario Monti di un patto, di un dialogo, a elezioni concluse.

Massimo D'Alema, in una intervista al Tg1, è chiaro: «Spero che Monti sappia misurare i termini dello scontro politico, perchè dopo le elezioni dovremo tornare a dialogare». E Bersani, spiegando al Washington Post il rapporto che intende instaurare col Professore, non lo smentisce: «Noi siamo pronti a collaborare. Non a uno scambio di favori, ma a stringere un patto per le riforme e la ricostruzione del Paese».

Le parole di Bersani e D'Alema sono magari diverse (patto, piuttosto che dialogo) ma il segnale pare univoco: è come se il Pd andasse maturando la certezza che l'alleanza con Vendola non sarà sufficiente per ottenere una solida maggioranza al Senato e quindi governare il Paese. «E' una legge elettorale pazzesca quella per la quale un partito che vince in 17 regioni su 20 non ha poi la maggioranza al Senato per governare», lamentava ieri Claudio Burlando, governatore Pd della Liguria. Ma intanto così è: ed è con questo scenario che occorre fare i conti.

I vertici democrats osservano da qualche giorno con preoccupazione la lieve ma continua flessione dei consensi al partito di Nichi Vendola stimato, da alcuni istituti di sondaggio, addirittura sotto il 5 per cento. Cresce, invece, «Rivoluzione civile», la lista di Antonio Ingroia che - rispetto a Sel - sta sfruttando una rendita di posizione non irrilevante: radicalismo a piene mani e una linea di sinistra-sinistra, non avendo il problema di un accordo e di un programma di governo sottoscritto col Pd e assai vincolante in campagna elettorale. Da qui, forse, l'idea (risultata impraticabile) di chiedere a Ingroia di non presentare liste al Senato nelle regioni in bilico.

«In Campania ci abbiamo provato spiega Enzo Amendola, segretario regionale Pd - ma con De Magistris in campo c'è poco da fare. La vittoria qui è in bilico, perché il Pdl ha sdoganato di nuovo Cosentino, candidandolo naturalmente al Senato, e l'Udc - già forte grazie a De Mita e agli ex dc - schiererà Casini come capolista: naturalmente al Senato...».

Risposta analoga (cioè: no) alla richiesta di desistenza è arrivata dalla Sicilia, altre regioni in bilico. «E' una proposta ha spiegato Leoluca Orlando - che fa seguito ai mille rifiuti del Pd a qualunque dialogo... Se è una proposta elettorale, ritengo sia molto modesta...».

L'aria, insomma, si è fatta improvvisamente pesante: e giunti al punto cui si è, anche correggere la rotta è diventato difficile per il Pd.

«Non mi sorprende che Ingroia possa sottrarre qualche consenso a Vendola - spiega Rosy Bindi -. Ma non è che noi adesso si possa abbandonare la linea del dialogo con Monti per cercare di fare il pieno a sinistra. Io credo che occorra chiarirsi con Monti sulle prospettive del dopo-voto e andare avanti così».

C'è un'altra ragione,infine, per la quale il Pd non ritiene possibile interrompere il filo del dialogo con Monti: com'è pensabile governare l'Italia in crisi avendo all'opposizione i populismi di Berlusconi e della Lega, i radicalismi della sinistra-sinistra e anche la moderazione e le competenze del centro di Monti? «Non si governa il Paese con il 51% dei voti», disse a metà degli anni ‘70 Enrico Berlinguer di fronte ad un'Italia spaccata a metà tra Dc e Pci. Una lezione che Pier Luigi Bersani, evidentemente, non ha dimenticato...

 

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