SEMBRA MARIO SECHI E ALESSANDRO SALLUSTI MESSI INSIEME, NO È "LUI-CHINO'' CORDERO DI MONTEZEMOLO VESTITO DI NUOVO: “NON CONOSCEVO LA MELONI, MI HA STUPITO POSITIVAMENTE LA CHIAREZZA E IL CORAGGIO ISTITUZIONALE, ANCHE A LIVELLO INTERNAZIONALE” - RICICCIATO SU LA7 DA UN GRAMELLINI SENZA CAFFEINA, IN MODALITÀ “EMILIO FEDE INTERVISTA SILVIO BERLUSCONI”, IL MONTEZEMOLATO ATTACCA JOHN ELKANN (“OGGI NOI NON ABBIAMO PIÙ UN’AZIENDA AUTOMOBILISTICA IN ITALIA’’), APPLAUDE LE PRIVATIZZAZIONI DI UN GOVERNO IN BOLLETTA E IRONIZZA SU ‘’REPUBBLICA’’ E UN SUO TITOLO (“L’ITALIA IN VENDITA”): “MI METTO NEI PANNI DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MI CHIEDO DA CHE PARTE VENGA LA PREDICA” - MA IL NEO-MELONCINO COL DITINO ALZATO È PER CASO LO STESSO MONTEPREZZEMOLO CHE DALLA FERRARI FU LICENZIATO IN PUBBLICO DA MARCHIONNE? IL BERLUSCONI IMMAGINARIO CHE FALLÌ MISERAMENTE FONDANDO “ITALIA FUTURA”? COLUI CHE FU SCONFITTO DA ELKANN QUANDO PROVO' A COMPRARE GEDI DAI DE BENEDETTI? IL TANGENTARO CONFESSO CHE SI FECE DARE OTTANTA MILIONI DI LIRE DA UN INDUSTRIALE PER FAVORIRNE L'INCONTRO CON GIANNI AGNELLI? - VIDEO
LUCA CORDERO DI MONTEZEMOLO OSPITE DI IN ALTRE PAROLE DI MASSIMO GRAMELLINI
Tommaso Rodano per il “Fatto quotidiano”
luca cordero di montezemolo ospite di gramellini a in altre parole 4
Quanta grinta e quanto patriottismo si nascondono dietro al ciuffo brizzolato di Luca Cordero di Montezemolo. L’ex presidente della Fiat (e di Ferrari, Confindustria, Fieg...) è stato ospite di ‘’In altre parole’’, la trasmissione di Massimo Gramellini su La7. Un’intervista tutt ’altro che banale: Montezemolo aveva voglia di sporcarsi i guanti.
JOHN ELKANN - MONTEZEMOLO - SERGIO MARCHIONNE
L’ex golden boy dei poteri forti italiani ha un bersaglio chiaro: la famiglia Elkann-Agnelli. Il primo passaggio impietoso è su Stellantis: “Oggi noi non abbiamo più un’azienda automobilistica in Italia – ha detto Cordero –. Non conta la proprietà, il fatto che sia stata venduta o non venduta; la verità è che tutte le decisioni che riguardano il mercato italiano sono prese a Parigi. Siamo arrivati a una cosa tra l’assurdo e l’umiliante, cioè che una macchina come la 600, un’icona dell’Italia al pari della 500, venga prodotta in Polonia”.
Sollecitato da Gramellini, sottolinea che “con Marchionne probabilmente non sarebbe successo”. E insiste: “Vedere la 600 prodotta in Polonia, quando tutti gli stabilimenti ex Fiat sono in cassa integrazione, non mi fa bene”.
MARCHIONNE MONTEZEMOLO YAKI ELKANN
Le opinioni di Montezemolo sugli Elkann coincidono integralmente con quelle di Giorgia Meloni, che da giorni è impegnata in un duello a tutto campo coni proprietari della Fiat e di Repubblica.
Gramellini fa ascoltare un intervento della premier: “Bisogna produrre in Italia almeno un milione di veicoli l’anno con chi vuole investire sulla storica eccellenza italiana. L’auto è un gioiello italiano e deve essere prodotta in Italia”. Montezemolo non può che convenire: “Ha assolutamente ragione”. E si arriva al secondo versante della faida tra Agnelli e Palazzo Chigi: quello editoriale.
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Anche qui, nemmeno a dirlo, Cordero parteggia per Meloni, condivide il piano di privatizzazioni del governo e ironizza su Repubblica e un suo titolo (“L’Italia in vendita”): “Se di un’azienda, invece del 100%, hai il 95, il 93 o il 97 e puoi incassare del denaro senza perderne il controllo, per me è giustissimo”.
Quindi molla un altro ceffone agli Elkann: “Quel titolo, poi, è fatto da un giornale posseduto da chi ha venduto gran parte dei cespiti industriali italiani, a cominciare da un’azienda come la Marelli... mi metto nei panni del presidente del Consiglio e mi chiedo da che parte venga la predica”.
Sarà per il nemico comune, ma è quasi amore: “Non conoscevo la Meloni, – aggiunge Montezemolo – mi ha stupito positivamente la chiarezza e il coraggio istituzionale, anche a livello internazionale, sia per quanto riguarda Kiev, sia per il rapporto con gli Stati Uniti”. Un difetto? “Se devo guardare la Meloni come allenatrice di una squadra, ecco, la squadra mi pare modesta, non mi sembra da scudetto”.
CHI VUOLE CONOSCERE MONTEZEMOLO DEVE LEGGERE QUESTA “ODIOGRAFIA” CHE GLI DEDICA IL SUO COMPAGNO DI LICEO ALBERTO STATERA
Alberto Statera per “il Venerdì - Repubblica” – Estratti – pubblicato il 19 settembre 2014
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Se si vuole capire davvero l'indole di un uomo pur dotato di grandi qualità, bisogna guardare un po' anche negli angoletti bui. Come quello del libro “svuotato” di Enzo Biagi. Svuotato per nascondere all'interno della copertina rigida i contanti. Luca non era ancora molto ricco, dato il tenore principesco di vita (era l'unico che d'estate a Lavinio si presentava in motoscafo per caricare le sorelle Carnacina).
Così, per arrotondare lo stipendio da responsabile delle Relazioni Esterne della Fiat, accetta le lusinghe del finanziere Gianfranco Maiocco, foraggiatore dei partiti politici, soprattutto dei socialisti. Come andò lo racconta lui stesso al giudice istruttore Giangiacomo Sandrelli: ”Fu nel corso del 1978 che Maiocco mi invitò ad accettare da lui del denaro. Il discorso fu nel senso di una riconoscenza a me per quanto avevo fatto (presentargli personaggi importanti in Fiat e fuori-ndr). Io rammento con precisione due versamenti, uno di cinquanta milioni circa e un altro di trenta milioni (lire-ndr). Il primo fu sicuramente effettuato in contanti (la consegna avvenne in un libro vuoto, se ben ricordo di Biagi), il secondo quasi certamente in contanti”.
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A dir poco, un bel gruzzoletto negli anni Settanta per cominciare a diventare ricchi. Luca portò a sua discolpa l'ingenuità della giovane età e l'Avvocato, come sempre, lo perdonò mandandolo alla Cinzano, un'azienda controllata allora dalla Fiat. Ma non Cesare Romiti che dichiarerà pubblicamente: ”Abbiamo pescato in Fiat un paio di persone che prendevano denaro per presentare qualcuno all'Avvocato. Uno dei due l'abbiamo mandato in galera, l'altro alla Cinzano”.
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L'ostilità di Romiti verso Montezemolo non cesserà mai, tanto che anni dopo il sottoscritto, nell'ufficio romano della Fiat, assistette sconcertato a un vero e proprio terribile “cazziatone”, che Luca, serafico, assorbì con un incredibile aplomb.
Come aveva assorbito anni prima il “dubbio amletico” di Bettino Craxi, che in una cena a casa della cantante Caterina Caselli aveva chiesto a Romiti, presenti Luca e Berlusconi: ”Senta Romiti, lei mi deve dire una cosa: ma tra questi due chi è il più bugiardo?” E Romiti: “Concordo con lei che sono due grandi bugiardi, ma se proviamo a tirare una moneta in aria sono sicuro che cadendo rimarrebbe dritta”.
L'Avvocato perdona sempre Montezemolo non solo per il libro vuoto di Biagi, ma anche per il fallimento alla vicepresidenza operativa della Juventus e per il naufragio della Rcs-Video, non rinnegandogli mai l'affetto quasi paterno, anche se ripeteva spesso: “Adesso voglio vedere cosa farà Luca da grande”.
Luca, da grande, alla morte dell'Avvocato e del fratello Umberto, prese il suo posto a presidente della Fiat per la volontà della famiglia residuale, finché il ciclone Marchionne non lo travolse, fino a licenziarlo anche dalla Ferrari in pubblico, come è avvenuto pochi giorni fa al workshop dei poteri forti morenti – se non già sotterrati - che si svolge ogni anno in quel di Cernobbio, a perpetua conferma della rendita di posizione del signor Ambrosetti – tipo quella di Luca che lucrava sulla presentazione di improbabili imprenditori all'Avvocato - il quale offre a caro prezzo una passerella per supermanager provinciali.
Come per niente affatto è Luca di Montezemolo, che mondato di tutti i peccati dal defunto re capitalista, quasi settantenne conserva la sua vitalità indefessa, che lo portò alla presidenza della Confindustria a dispetto di Romiti, a farsi imprenditore (di scarso successo) prima alla poltrona Frau e ai profumi, poi alla NTV, la compagnia di treni privati che doveva far dimenticare l'Italia dei monopoli assistiti, ma che non è riuscita a decollare, impiombata anche da manager non indiscutibili, ma amici o amici degli amici.
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Come peraltro non decollò la “discesa” in politica, annunciata come un noiosissimo mantra per anni e anni e diventata la ripetitiva “discesina” di Luca, mai veramente attuata, se non con l'esperienza più o meno fallimentare di “Italia Futura”. Ma come fai a contabilizzare tra i fallimenti la convinzione di uno che come Luca ha visto realizzarsi tutto nella vita, al di là di ogni reale concezione meritocratica, e che alla fine si era persino convinto che poteva fare il nuovo Berlusconi del prossimo ventennio?
Forse con Matteo Renzi, che ha quasi la metà dei suoi anni, le velleità montezemoliane si sono ammorbidite. Luca ora sa che non sarà lui l'uomo della provvidenza, né, tantomeno, lo sarà il suo amico Corrado Passera. Al massimo, il nuovo partito Italia Unica, lo chiameranno Italia doppia, Corrado e lui. Ma se gli arabi lo vorranno alla presidenza non operativa (una volta si diceva “di campanello”) dell'Alitalia, crediamo che faranno un vero affare con l' ”avvocatino di panna montata”, tardo successore dell'”Avvocato di panna montata” raccontato tanti anni fa da Eugenio Scalfari.