INFARTI DI CARTA - “LA STAMPA” DI MARIOPIO CALABRESI METTE IL “FATTO” IN CIMA ALLA LISTA DEI CATTIVI CHE, IN UN MODO O NELL’ALTRO, HANNO FATTO MORIRE IL CONSIGLIERE GIURIDICO DELL’AMATO QUIRINALE - TRAVAGLIO E DI PIETRO A CAPO DEL “PLOTONE D’ESECUZIONE” - POI FLORES D’ARCAIS, CHE SU ‘’MICROMEGA’’ SCRISSE: “SE FOSSE STATO CONSIGLIERE DI UN ALTRO PRESIDENTE AVREBBERO CHIESTO LE SUE DIMISSIONI PER IGNOMINIA…”

Fabio Martini per "La Stampa"

Sabato 16 giugno, in prima pagina con grande rilievo, "il Fatto Quotidiano" rivela per la prima volta l'esistenza di una corposa indagine sulla trattativa Stato-mafia del '92-93 e lo fa con un titolo («I misteri del Quirinale») un'intervista al consigliere giuridico di Giorgio Napolitano e un editoriale di Marco Travaglio («Moral dissuasion»), che danno subito l'impronta a quella che diventerà nei successivi 40 giorni una campagna fatta di scavo giornalistico, di domande taglienti su quelli che vengono ritenuti «buchi neri» della vicenda ma anche di giudizi lapidari sul Presidente della Repubblica e su Loris D'Ambrosio.

Scrive quel giorno Travaglio: «Il triangolo telefonico Mancino-D'Ambrosio (Napolitano)-Messineo fa finalmente giustizia della pubblicistica oleografica che dipinge lo Stato da una parte e la mafia dall'altra». E quanto a D'Ambrosio, per connotarlo, si scrive che è stato «membro del discusso Alto Commissariato Antimafia ai tempi di Sica», ma dimenticando la collaborazione con Giovanni Falcone.

Nello stesso periodo si è sviluppata una parallela campagna politica contro Napolitano, in questo caso cavalcata da Antonio Di Pietro, un mix di pressanti richieste di chiarimento sui passaggi più opachi delle telefonate tra Nicola Mancino e il Quirinale, ma anche di accuse estremamente allusive. Come quando Di Pietro si è rivolto ai magistrati di Palermo, incoraggiandoli con un triplice «Resistere», di fatto paragonando Napolitano a Berlusconi.

E accusando Napolitano di «tradimento», Di Pietro ha alluso (peraltro senza sposarla) a quanto di più infamante possa capitare ad un Presidente della Repubblica: una procedura di impeachment per «alto tradimento o attentato alla Costituzione». Due campagne parallele che alla fin fine, sferzando inizialmente D'Ambrosio per le sue telefonate con Mancino, hanno via via cambiato obiettivo, mettendo nel mirino il Capo dello Stato.

Certo, nel numero speciale di «Micromega» in edicola da ieri titolato «Un Presidente al di sopra di ogni sospetto», si rifiuta il termine di «campagna», perché usato dal Quirinale, ma al di là del termine lessicale restano i 40 giorni di martellamento, peraltro ricostruiti in modo documentale proprio dalla rivista diretta da Paolo Flores d'Arcais.

Il campione della campagna è stato sicuramente il «Fatto quotidiano», che sia pure con un approccio che ogni tanto privilegia la presunzione di colpevolezza su quella di innocenza, oltre a dare ampio spazio alle telefonate tra D'Ambrosio e Mancino, il primo giorno aveva dato voce alla parte sotto «accusa», intervistando proprio il consigliere giuridico del Capo dello Stato e titolando il colloquio: «Gli atti di Napolitano sono coperti da immunità».

Titolo oggettivo sulle parole espresse da D'Ambrosio e a suo modo preveggente circa i successivi sviluppi della vicenda. Ad inizio campagna Travaglio solleva un punto delicato: «Nessun privato cittadino, a parte Mancino, può chiamare l'Sos Colle per lamentarsi di un'indagine». Poi, nei giorni successivi, le parole si fanno più lapidarie e sempre Travaglio scrive: «Si è scoperto che il presidente Napolitano e il consigliere D'Ambrosio si sono messi in testa di dirigere le indagini sulla trattativa al posto della Procura di Palermo».

In parallelo alla campagnainchiesta del «Fatto» si è mosso Di Pietro, puntando direttamente su Napolitano. Con un'escalation di argomenti a accuse culminate il 21 luglio, in una intervista dell'ex magistrato al «Fatto»: «Se fossi ancora un pm farei una requisitoria chiedendo la condanna politica del presidente della Repubblica, per effetto della sua confessione extragiudiziale...».

Chiude la campagna il fascicolo speciale di «Micromega», nel quale Flores d'Arcais «punta» D'Ambrosio: «Se il presidente si chiamasse Cossiga, Saragat, Leone, Segni, Gronchi sono certo che di un loro consigliere giuridico che avesse attivato una linea "bollente" con un Mancino, sarebbero state chieste a voce unanime le dimissioni con ignominia».

 

MARIO CALABRESI MARCO TRAVAGLIO GIORGIO NAPOLITANO E LORIS D'AMBROSIO PAOLO FLORES DARCAIS ANTONIO DI PIETRO - ITALIA DEI VALORI

Ultimi Dagoreport

elly schlein almasri giuseppe conte giorgia meloni

DAGOREPORT - BENVENUTI AL GRANDE RITORNO DELLA SINISTRA DI TAFAZZI! NON CI VOLEVA L’ACUME DI CHURCHILL PER NON FINIRE NELLA TRAPPOLA PER TOPI TESA ALL'OPPOSIZIONE DALLA DUCETTA, CHE HA PRESO AL BALZO L’ATTO GIUDIZIARIO RICEVUTO DA LO VOI PER IL CASO ALMASRI (CHE FINIRÀ NELLA FUFFA DELLA RAGION DI STATO) PER METTERE SU UNA INDIAVOLATA SCENEGGIATA DA ‘’MARTIRE DELLA MAGISTRATURA’’ CHE LE IMPEDISCE DI GOVERNARE LA SUA "NAZIONE" - TUTTE POLEMICHE CHE NON GIOVANO ALL’OPPOSIZIONE, CHE NON PORTANO VOTI, DATO CHE ALL’OPINIONE PUBBLICA DEL TRAFFICANTE LIBICO, INTERESSA BEN POCO. DELLA MAGISTRATURA, LASCIAMO PERDERE - I PROBLEMI REALI DELLA “GGGENTE” SONO BEN ALTRI: LA SANITÀ, LA SCUOLA PER I FIGLI, LA SICUREZZA, I SALARI SEMPRE PIÙ MISERI, ALTRO CHE DIRITTI GAY E ALMASRI. ANCHE PERCHE’ IL VERO SFIDANTE DEL GOVERNO NON È L’OPPOSIZIONE MA LA MAGISTRATURA, CONTRARIA ALLA RIFORMA DI PALAZZO CHIGI. DUE POTERI, POLITICO E GIUDIZIARIO, IN LOTTA: ANCHE PER SERGIO MATTARELLA, QUESTA VOLTA, SARÀ DURA...

donald trump zelensky putin

DAGOREPORT - UCRAINA, LA TRATTATIVA SEGRETA TRA PUTIN E TRUMP È GIA' INIZIATA (KIEV E UE NON SONO STATI NEANCHE COINVOLTI) - “MAD VLAD” GODE E ELOGIA IN MANIERA SMACCATA IL TYCOON A CUI DELL'UCRAINA FREGA SOLO PER LE RISORSE DEL SOTTOSUOLO – IL PIANO DI TRUMP: CHIUDERE L’ACCORDO PER IL CESSATE IL FUOCO E POI PROCEDERE CON I DAZI PER L'EUROPA. MA NON SARA' FACILE - PER LA PACE, PUTIN PONE COME CONDIZIONE LA RIMOZIONE DI ZELENSKY, CONSIDERATO UN PRESIDENTE ILLEGITTIMO (IL SUO MANDATO, SCADUTO NEL 2024, E' STATO PROROGATO GRAZIE ALLA LEGGE MARZIALE) - MA LA CASA BIANCA NON PUO' FORZARE GLI UCRAINI A SFANCULARLO: L’EX COMICO È ANCORA MOLTO POPOLARE IN PATRIA (52% DI CONSENSI), E L'UNICO CANDIDATO ALTERNATIVO È IL GENERALE ZALUZHNY, IDOLO DELLA RESISTENZA ALL'INVASIONE RUSSA...

donnet, caltagirone, milleri, orcel

DAGOREPORT - COSA POTREBBE SUCCEDERE DOPO LA MOSSA DI ANDREA ORCEL CHE SI È MESSO IN TASCA IL 4,1% DI GENERALI? ALL’INIZIO IL CEO DI UNICREDIT SI POSIZIONERÀ IN MEZZO AL CAMPO NEL RUOLO DI ARBITRO. DOPODICHÉ DECIDERÀ DA CHE PARTE STARE TRA I DUE DUELLANTI: CON IL CEO DI GENERALI, PHILIPPE DONNET, OPPURE CON IL DUPLEX CALTAGIRONE-MILLERI? DIPENDERÀ DA CHI POTRÀ DARE PIÙ VANTAGGI A ORCEL - UNICREDIT HA IN BALLO DUE CAMPAGNE DI CONQUISTA: COMMERBANK E BANCO BPM. SE LA PRIMA HA FATTO INCAZZARE IL GOVERNO TEDESCO, LA SECONDA HA FATTO GIRARE LE PALLE A PALAZZO CHIGI CHE SUPPORTA CALTA-MILLERI PER UN TERZO POLO BANCARIO FORMATO DA BPM-MPS. E LA RISPOSTA DEL GOVERNO, PER OSTACOLARE L’OPERAZIONE, È STATA L'AVVIO DELLA PROCEDURA DI GOLDEN POWER - CHI FARÀ FELICE ORCEL: DONNET O CALTA?