
NE RESTERA’ SOLO UNA - MARIA ELENA BOSCHI “SFRATTA” ANTONELLA MANZIONE, EX CAPO DEI VIGILI DI FIRENZE PIAZZATA DA RENZI A CAPO DEL DIPARTIMENTO AFFARI GIURIDICI E LEGISLATIVI - ENTRATA IN CONFLITTO COL VERO CAPO DEL GOVERNO, LA MANZIONE E’ IN CERCA DI UNA POLTRONA “SOSTITUTIVA”
Carlo Tecce per il “Fatto quotidiano”
Più che sintetiche biografie, di Antonella Manzione esistono agiografie. A volte goffe: scrive romanzi, mangia la trippa, ascolta Edoardo Bennato, è devota a San Francesco di Assisi e pure a Madre Teresa di Calcutta, prega ogni sera in chiesa, esce da Palazzo Chigi di notte, custodisce trecento gufi, non frequenta ristoranti, prende treni in corsa, rientra sempre a casa.
Irpina di Forino emigrata a Volterra in Toscana, cinquant' anni in perenne ascesa e un fratello sottosegretario agli Interni (l' ex magistrato Domenico), il direttore generale Manzione gestisce un ufficio che in sigla è orribile (Dagl), ma in pratica è essenziale per un governo: dipartimento per gli affari giuridici e legislativi.
MATTEO RENZI E ANTONELLA MANZIONE
Che fa l' ex capo dei vigili di Firenze? Per fare la sintesi occorrono due citazioni: "Da me passano tutti i decreti, i disegni di legge e i regolamenti proposti dai ministri. Mi tocca adeguare il mio perfezionismo alla sua velocità". Ora non funziona più. Il perfezionismo di Antonella Manzione, prostrato, s' è arreso a una velocità troppo vorace e troppo confusa.
Quella di Matteo Renzi. Allora a Palazzo Chigi e laddove il renzismo s' è fatto patria - insomma, nei dintorni di Firenze - già celebrano l' epilogo di un sodalizio che appariva inossidabile. Il grande ingorgo delle norme a corte. Forse la Manzione s' è stancata e la carriera, di colpo, s' è fermata fra la caterva di documenti che deve compilare, la miriade di progetti che deve tradurre in testi di legge e, soprattutto, l' acredine dei dirigenti del ministro Boschi che deve sopportare.
RENZI TOCCA LA SCHIENA DELLA BOSCHI
E poi c' è Renzi, l' ex sindaco che la Manzione a Firenze ha protetto e dunque allevato, piccato per i ritardi che seguono i Consigli dei ministri, per le norme che restano imbozzolate a Palazzo Chigi (il codice degli appalti è un esempio recente) e rallentano l' infernale produzione del renzismo.
Il fattore decisivo di Lady Riforme
Ci sono tanti motivi che determinano il futuro di Antonella Manzione e c' è un motivo che vale più degli altri: il rapporto deteriorato con Maria Elena Boschi e incandescente con l' omologo Cristiano Ceresani, che ricopre la stessa funzione al ministero per le Riforme.
Già genero di Ciriaco De Mita e collaboratore di Gaetano Quagliariello, l' ambizioso Ceresani è il protagonista di numerosi alterchi con la Manzione. È vasta l' aneddotica che proviene da Palazzo Chigi.
Ma non c' è soltanto una differenza di metodo fra lo spigliato Ceresani e la pragmatica Manzione, di mezzo c' è il potere che oscilla fra Renzi e la Boschi, ormai l' unica - di certo più influente di Luca Lotti - che può condizionare il presidente. Ceresani è il candidato naturale al Dagl perché - presupposto che il fiorentino approva - è naturale che aumenti la presa di Maria Elena su Palazzo Chigi.
Dopo il segretario generale Paolo Aquilanti e il vice (vicario) Luigi Fiorentino, al ministro Boschi manca la scrivania dell' ex vigilessa Manzione per controllare la macchina del governo. Così mentre Matteo amministra l' immagine (leggi propaganda), mestiere che gli riempie mezza agenda, Maria Elena plasma le leggi. Il cambio al Dagl non sarà automatico e la Manzione non sarà liquidata con un bigliettino.
Non è questione di riconoscenza - sentimento astruso per i politici - ma di prospettiva e anche di capacità. Antonella Manzione è una renziana valida per chi l' ha conosciuta negli anni: solerte, affidabile, riservata. C' è un' ipotesi che circola da tempo, un po' frenata dai titoli che servono per la nomina: il Consiglio di Stato, il solito approdo per chi vagola fra ministeri, governo, autorità di garanzia. Non sarà a spasso, però, la Manzione.
maria elena boschi e luca lotti 5
Il borsino: chi sale e chi scende
Questa tendenza imperante del boschismo - la corrente di Maria Elena Boschi, che ha assunto una coscienza politica - raggiunge l' apoteosi con le indiscrezioni che coinvolgono la Manzione, ma non finisce con una poltrona.
Non è un' operazione che si esaurisce con una occupazione spuria. C' è una strategia, che alimenta le competizioni fra i discepoli. E che fa l' abile Lotti, mica tace? Ora tocca all' ex vigilessa Manzione constatare e subire la frenesia del renzismo, domani? Il paradosso della rottamazione è in vigore da mesi: il fiorentino voleva rottamare il vecchiume annidato nei palazzi, ma da mesi rottama se stesso. E chi ci credeva.