NON SOLO LETTA, ANCHE IL BANANA BLINDATO DA BELLA NAPOLI – IN CASO DI CONDANNA IL 30 LUGLIO, IL GOVERNINO-ERCOLINO SEMPRE RESTA IN PIEDI

Ugo Magri per "La Stampa"

Palazzo Grazioli, intorno alla mezzanotte di giovedì. Fino a quel momento nel vertice «chez» Berlusconi si era ragionato di ipotesi fantasiose, tipo un ipotetico addio di Renzi dal Pd, che qualcuno dei presenti dava per certo mentre altri giudicavano follia pensarlo. A un certo punto, stanco di questi discorsi, il padrone di casa ha cambiato bruscamente soggetto.

E per la prima volta (in quanto mai aveva accettato di prendere in considerazione anche la sola l'ipotesi), ha domandato con tono preoccupato ai presenti: «Se il 30 luglio la Cassazione mi condanna, come pensate che ci dovremo regolare?». Berlusconi non ha avuto il tempo di terminare la frase, che l'avvocato Ghedini e Gianni Letta sono balzati su: «No, di questo non dobbiamo assolutamente parlare, siamo qui per discutere della vicenda Alfano...».

Due le interpretazioni della loro premura. La prima, maliziosa, non esclude che si sia aperto qualche sottile spiraglio giudiziario, e magari contro ogni pronostico la Suprema Corte possa trovare il modo di salvare il Cavaliere. E siccome tutto quanto si dice in via del Plebiscito finisce sui giornali, ecco spiegato questo «taci, il nemico ti ascolta» di Letta zio e di Ghedini. L'altra interpretazione chiama in causa direttamente Napolitano. Il discorso che il Presidente ha svolto ieri era già nell'aria dalla vigilia.

E per Berlusconi, come per l'intero Pdl, l'intervento presidenziale rappresenta una sorta di cambiale politica. O, come lo definisce più prosaicamente qualcuno, un coperchio su tutte le velleità di elezioni anticipate a ottobre. Il senso è: nessuno si azzardi a far cadere il governo, né da sinistra né tantomeno da destra. Per cui non ha senso discutere il da farsi, nell'ottica prudente di Zio Gianni e di Ghedini, perché la strada è quella già tracciata da Napolitano: si continui a sostenere il governo pure in caso di condanna.

Qualora tra 11 giorni il Pdl volesse rovesciare il tavolo, al Capo dello Stato sarebbe sufficiente rinfrescare la memoria di tutti quanti (davvero tanti) ieri si sono affannati a dargli ragione nel nome della stabilità, perché «una crisi sarebbe sciagurata», e «guai se qualcuno staccasse la spina al governo»... C'è chi nel centrodestra lo sostiene da tempi non sospetti, come Carfagna o come Gelmini e certamente la «colomba» Quagliariello. C'è pure chi, come Brunetta, partito da posizioni molto critiche nei confronti del ministro Saccomanni, ha constatato che le posizioni su Imu, Iva e il resto si sono parecchio ridotte, dunque di questo passo non avrebbe giustificazione una rottura sull'economia.

Ma poi ci sono i «falchi» berlusconiani, quelli che fino a l'altro ieri lanciavano ultimatum, e non celavano una voglia matta di tornare alle urne in autunno: ora sembrano diventati anche loro ultrà governativi. Ci scherza giulivo Gasparri: «Abbiamo vinto la prima giornata del congresso Pd, e rafforzato il nostro segretario, Giorgio Napolitano...».

 

BERLU E NAPOLITANO NAPOLITANO E TESTA BERLUSCONI BERLUSCONI NAPOLITANO LETTA E napolitano Giorgio Napolitano e Enrico Letta Maurizio Gasparri NICCOLO GHEDINI MADDALENA E GIANNI LETTA RENATO BRUNETTA

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