la cena alemanno poletti dietro le sbarre

OPERAZIONE MONDO DI MERDA – “NON SARÀ CHE LA CAMPAGNA DELLA PANDA ROSSA CONTRO MARINO NASCE NELLE SPIRE DEL MONDO DI MEZZO CHE NON HA GRADITO QUALCHE ALTOLÀ? PERCHÉ MARINO NON SARÀ IL MIGLIOR SINDACO POSSIBILE, MA NON È UOMO DI MALAFFARE”

Alberto Statera per “la Repubblica

 

gianni alemanno 3gianni alemanno 3

Manger e killer, assessori e spacciatori, imprenditori e rapinatori, ministri e assassini. Sì, assassini. Perché mentre fu data per scontata ma mai provata in giudizio la partecipazione di Massimo Carminati all’omicidio Pecorelli, Salvatore Buzzi uccise una prostituta.

 

Fu condannato e si fece ventiquattro anni a Rebibbia. Questo è l’uomo che circolava come un padrone nei corridoi del Campidoglio e delle grandi società municipalizzate dispensando ordini per conto dell’ottavo “re di Roma”, l’erede della banda della Magliana Carminati, detto “er Guercio” o “er Cecato”.

 

Assassino e anfitrione dell’ormai famosa cena nella quale fu fotografato con Gianni Alemanno, un nugolo di reduci fascisti assurti affamati al potere dopo lustri indelebili di emarginazione nell’eversione nera, con il presidente della Lega delle Cooperative, oggi ministro, Giuliano Poletti, e buona parte del centrosinistra romano. Colletti bianchi, camicie nere e fazzoletti rossi.

massimo carminati massimo carminati

 

Ma badate, non ha più senso censire il colore politico, la tessera di partito, men che meno l’ideologia, in questo sordido minestrone di delinquenza e affari, fatto di appalti, usura, droga, estorsioni, armi, in una sinergia criminale — dalla strada dei plebei ai palazzi dei potenti — che fa impallidire Scarface e la Chicago degli anni Venti e rimanda piuttosto al darwinismo sociale di Cesare Lombroso.

 

Il quale oggi, tralasciando le bozze occipitali, forse direbbe che sì il delitto ha perduto la crudeltà dell’uomo primitivo, ma per sostituirvi quella dell’avidità. La truffa gigantesca alle spalle dei gonzi è «garantita — come scriveva in Sui recenti processi bancari di Roma e Parigi — coi nomi più altisonanti e più e più venerati se non venerabili».

 

RICCARDO MANCINI AD ENTE EUR RICCARDO MANCINI AD ENTE EUR

Scorri i nomi degli arrestati e degli indagati nell’inchiesta sul “Mondo di mezzo”, in cui tutto s’incontra e si mischia, e rabbrividisci per la quantità di pregiudicati della banda che manovrava i fili dei burattini, politici e alti burocrati, li pagava o li minacciava: terroristi dei Nar, cui furono attribuiti 33 omicidi, con precedenti per rapine in banca come Riccardo Brugia, ex fidanzato di Anna Falchi considerato il capo del braccio militare, o Fabio Gaudenzi, riciclatori di soldi sporchi.

 

Molti di loro vengono dal Fungo dell’Eur, dove tanti anni fa si riunivano, ma dopo lo sdoganamento della destra con l’era Berlusconi si misero a loro agio nei palazzi e si trasferirono nei quartieri alti prediletti dal “Cecato”, con le loro signore “mesciate”: Vigna Stelluti e i Parioli, vicini alla base logistica nel distributore di benzina tra Corso Francia e via Flaminia Vecchia.

 

Cerchi di collegare i nomi alle decine di nomignoli con i quali si riconoscono tra loro — “er Cane”, “er Cicorione”, “Kapplerino”, “Rommel”, “er Paletta”, “er Mandrillo” — e li immagini nel gazebo del bar Vigna Stelluti, al Malibù, al bar Euclide, o — per gli incontri di più alto livello — da Celestina ai Parioli, di cui risulta prestanome il commercialista del boss Marco Iannilli, e da Assunta Madre in via Giulia, formalmente di Gianni Micalusi, detto Johnny, accusato di riciclaggio.

 

odevaineodevaine

Fu lì che, registrato dalle cimici sotto il tavolo, Alberto Dell’Utri studiava la latitanza del gemello Marcello in base ai consigli di Gennaro Mokbel, il fascio adoratore di Hitler che infeudò la Finmeccanica al tempo di Guarguaglini, insieme a Massimo Carminati. Buzzi in un’intercettazione esulta: «Ma lo sai che mi dice Massimo? Lo sai perché Massimo è intoccabile? Perché era lui che portava i soldi in Finmeccanica. Bustoni di soldi! A tutti li ha portati Massimo».

 

 

Non solo neri, per carità, in questo canovaccio che conferma una verità ormai consolidata, non solo a Roma, a Napoli, a Reggio Calabria, a Milano o a Venezia, ma in tutta l’Italia: la politica è per pezzi interi al servizio della delinquenza e non viceversa, con l’esclusione doverosa di quei tanti che la fanno perché veramente ci credono.

Nicola Zingaretti Nicola Zingaretti

 

Strepitosa, nella sua funesta perversione, è la storia di Luca Odevaine, detto lo “Sceriffo”, raccontata nei dettagli da Claudio Gatti sul Sole 24 Ore. In realtà, questo si chiamava Odovaine, ma si è cambiato il nome con una “e” probabilmente per nascondere i suoi precedenti da avanzo di galera. Iscritto da giovane alla sezione del Pci di Ponte Milvio, la stessa dei Berlinguer, nel 1989 viene arrestato per stupefacenti e condannato a due anni e nove mesi. Passa poco e viene di nuovo condannato per emissione di assegni a vuoto.

 

Fa il vice nel gabinetto del sindaco Walter Veltroni e poi con Nicola Zingaretti diventa capo della Protezione civile e della polizia provinciale, da cui il nomignolo di “Sceriffo” per confondere ulteriormente i mondi contigui delle guardie e dei ladri nel “Mondo di mezzo”.

 

L’ultima capriola dello “Sceriffo” è quella che ne fa il presidente della Fondazione Integra/Azione, che si occupa di accoglienza dei profughi e degli immigrati, dove può far felice il Buzzi, che nella “dimensione etica” dell’assistenza ai rifugiati con la cooperativa “29 giugno” ha scoperto l’America: «Ma tu c’hai idea — dice in un’intercettazione — su quanto guadagno con gli immigrati?». Decine di milioni, più che con la droga, come sa Odevaine-Odovaine, che riceve 5mila euro al mese dall’ex carcerato Buzzi.

 

IGNAZIO MARINOIGNAZIO MARINO

Ora è piuttosto chiaro che Gianni Alemanno, che non è un cuor di leone come sa chi era presente quando lo “corcò” (così si dice a Roma) Gennaro Mokbel, dopo l’elezione a sindaco si circondò per amore o per forza nei posti chiave degli antichi camerati dell’eversione nera, che sapevano troppo di lui fin dai tempi in cui lanciava bombe carta e chissà che altro.

 

Ma siccome continuiamo a distinguere, non possiamo non chiederci come è possibile che Veltroni e Zingaretti possano aver affidato ruoli così delicati a un noto “sòla” — per stare ancora al linguaggio del Mondo di mezzo — di cui dai tempi del Pci molti dovevano conoscere le gesta.

 

Ci vorrebbe un altro libro, che forse qualcuno sta già scrivendo, per raccontare le mille storie di un network criminal-politico che sembra oscurare la Tammany Hall newyorkese di Plunkitt, la lobby che fino agli anni Settanta sfornò i sindaci di New York basandosi, tra l’altro, sull’assistenza agli immigrati irlandesi e sull’occupazione manu militari delle cariche pubbliche. Ma c’è già quanto basta per certificare, attraverso le parole del capobanda Carminati, il capestro steso da anni e anni sulla capitale d’Italia, che ha bruciato miliardi di euro di risorse e innescato una tensione sociale che non si sa bene dove andrà a sfociare.

walter veltroniwalter veltroni

 

Le grandi municipalizzate ne sono state uno degli snodi, come provano le vicende criminali di Franco Panzironi e Riccardo Mancini, i due alani da Alemanno che più che al sindaco rispondevano al capobanda Carminati: sono “sottoposti”, ringhiava “er Cecato”, e “gli imprenditori devono essere nostri esecutori, devono lavorare per noi”, perché sono loro che li hanno messi nei posti dove si decide e si spende.

 

Dell’anello debole della politica, come lo ha chiamato ieri il commissario Anticorruzione Raffaele Cantone commentando i dati di Transparency International che ci confermano il paese più corrotto d’Europa e tra i più corrotti del mondo, il network del malaffare capitolino neanche parla, perché l’asservimento totale è scontato.

 

Un dubbio nasce ora che i magistrati hanno scoperchiato scientificamente il termitaio: non sarà che la campagna della Panda Rossa contro il sindaco Ignazio Marino, fomentata a destra e a sinistra, nasce nelle spire del Mondo di mezzo che non ha gradito qualche altolà? Perché Marino non sarà il miglior sindaco possibile per la capitale d’Italia, è alquanto gaffeur e certe volte sembra il cugino di Forrest Gump. Ma non è uomo di malaffare.

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