“PAURA PER IL VIAGGIO IN CONGO E IN SUD SUDAN? PAURA SOLO DELLE ZANZARE MA MI HANNO DATO UNO SPRAY” - PAPA FRANCESCO HA CHIESTO ALL’ANGELUS DI PREGARE PER QUESTO SUO “PELLEGRINAGGIO DI PACE” IN “TERRE PROVATE DA LUNGHI CONFLITTI” – IN CONGO DA MESI SI COMBATTE NELL'EST DEL PAESE: I TUTSI DI M23, BRACCIO ARMATO DEL RUANDA, AVANZANO PER IL CONTROLLO DI TERRE E RISORSE. CI SONO 120 GRUPPI ARMATI E QUALCUNO DI LORO HA UCCISO L'AMBASCIATORE ITALIANO ATTANASIO…
Estratto dell'articolo di Gian Guido Vecchi per corriere.it
Alla fine del 2015 era andato nella Repubblica Centrafricana devastata da una guerra civile, le strade di Bangui erano scortate dai Caschi blu dell’Onu, ma lui era determinato e sorrideva ai giornalisti sull’aereo appena decollato da Roma: «Paura? La sola cosa di cui ho paura sono le zanzare, ma mi hanno già dato uno spray».
Ed ora che Francesco si prepara al quarantesimo viaggio internazionale e torna nell’Africa equatoriale, martedì nella Repubblica democratica del Congo e da venerdì a domenica in Sud Sudan, la situazione non è certo più rassicurante e il Papa lo sa, come sa che la sua presenza, almeno per qualche giorno, può risvegliare l’attenzione del mondo sulla sofferenza di popoli altrimenti dimenticati. Guerriglia, attacchi terroristici, conflitti etnici, una violenza endemica favorita dalla rapina delle ricchissime risorse naturali.
Il Papa ha chiesto all’Angelus di pregare per questo suo «pellegrinaggio di pace» in «terre provate da lunghi conflitti», e denuncia da tempo l’«inconscio collettivo» che vede nell’Africa «un continente da sfruttare», la terra che «molte potenze mondiali stanno andando a saccheggiare».
Doveva andare a luglio - primo Papa nell’ex Zaire dopo Wojtyla nel 1985, primo in assoluto nel Sud Sudan, il Paese più giovane del mondo, indipendente dal 2011 - ma rinviò per il dolore al ginocchio. Un viaggio molto atteso, in due Paesi a maggioranza cattolica: il 49,6 per cento della popolazione nella Repubblica democratica del Congo, il 52,4 in Sud Sudan. «Il Papa ci va come pastore che incontra il popolo di Dio e nello stesso tempo anche pellegrino di pace e di riconciliazione», ha spiegato il cardinale Segretario di Stato, Pietro Parolin.
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CONGO LA GUERRA DEI GRANDI LAGHI
Estratto dell'articolo di Domenico Quirico per “la Stampa”
Hanno impiegato pochi minuti, padri, madri, bambini anche piccolissimi, nessuno ha avuto bisogno di parlare. Sanno cosa bisogna fare. E soprattutto sanno farlo in fretta. Mi stupisce ancora vedere come bastano pochi istanti per diventare un profugo, per attrezzarsi alla condizione umana del profugo. Soprattutto in Africa. Perché questa gente ha la rapidità di chi non può perdere niente perché non ha niente.
Può mettersi in cammino senza voltarsi indietro. Lascia al villaggio una capanna, quasi sempre vuota, o nella radura dove ci si rannicchia sperando in tempi migliori un vecchio sacco alzato su due pali di legno. Nessuno gli ha insegnato a organizzare la partenza, semplicemente lo sanno.
Da trent'anni nella zona dei Grandi Laghi dove domani arriva il Papa c'è la guerra. La aspra lezione passa da padre in figlio, da generazione a generazione.
Cambiano gli attori: eserciti che assomigliano a torme di briganti e briganti che dicono di essere eserciti, ci sono 120 gruppi armati in questa parte del Congo dove qualcuno di loro ha ucciso l'ambasciatore italiano Attanasio. Poi ogni tanto la guerra si fa grossa, come ora: questa è la seconda o la terza guerra mondiale africana? Chi si ricorda... ruandesi, ugandesi, congolesi e poi i caschi blu inutili se non dannosi, soldati kenioti in aiuto del governo, e poi le milizie, hutu, tutsi… Allora bisogna partire. Subito. Il segnale l'hanno dato i colpi di mitra. Vicini. Molto vicini. E la voce si è diffusa come il fuoco tra le stoppie secche: i soldati congolesi in rotta si sono aperti la strada sparando tra i commilitoni al posto di blocco. I ribelli arrivano... perché sono già a Kibumba a venti chilometri dalla capitale del distretto, Goma...non c'è più tempo.
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L'offensiva dei tutsi di «M23» è iniziata a ottobre. Vanno svelti. Scavalcati i posti di frontiera con il Ruanda, dove i loro depositi e il loro burattinaio dall'ambiguo carisma, Paul Kagame, il presidente ruandese, sono dilagati nel Rutshuru, un lenzuolo di verde profondo che sfama tutta la regione. Poi hanno agguantato perfino Rutshuri e Kiwanja due importanti centri commerciali. Secondo un accordo firmato a Luanda avrebbero dovuto ritirarsi entro il 15 gennaio. Ma a Luanda nessuno li ha invitati. Così hanno ripreso ad avanzare.
Nella più grande base militare del Kivu, a Rumangabo, avreste dovuto incontrare, in cerca di sicurezza nel caos, i caschi blu della missione che dal 1999 è una delle più costose, inutili e vergognose pagine della storia delle Nazioni Unite che pure di lacrime non è povera. Invece sono fuggiti anche loro.
«Ritirata tattica», ha giustificato senza vergogna il comando Onu che dovrebbe esser qui per proteggere anche i 200mila fuggiaschi. La gente non li sopporta più, gli inutili soldati della pace.
Sono in guerra Ruanda e Congo. Kinshasa, che non controlla per incompetenza, brutalità e corruzione l'est del Paese, accusa il regime di Kigali di aver invaso il suo territorio: il complotto tutsi. Non ha torto. La milizia «M23», (uno dei comandanti è già stato condannato per crimini di guerra), è il braccio armato con cui il Ruanda controlla da decenni i suoi interessi e le sue mire sul territorio vicino.
I miliziani li arruola tra i tutsi che da secoli vivono nel Kivu, pastori che seguendo le mandrie hanno trovato pascoli e terra fertile nell'immenso Congo. I tutsi ruandesi, i prussiani d'Africa, temprati dai genocidi e dall'esilio, in trent'anni hanno creato la nazione più moderna del continente, ma anche la più efficiente nel controllo di ogni dissenso. Paese piccolo, privo di materie prime, e sovrappopolato, sognano di aprire l'immenso scrigno dei minerali del Congo, corrotto, primitivo, inefficiente, sempre sull'orlo del collasso.
Un esempio: l'oro costituisce il 75 per cento delle esportazioni del Ruanda, la maggiore quantità viene estratto illegalmente nel Kivu. Kigali ribatte come sempre: «M23» dà la caccia ai terroristi del Fronte democratico di liberazione del Ruanda a cui Kinshasa offre rifugio. Erano in origine, nel ‘94, gli «interahamwe», hutu responsabili del genocidio ruandese fuggiti nel Paese vicino. Ma ormai sono ridotti a poche centinaia e l'ultimo attacco al di là della frontiera risale al 2001. Anche l'Uganda schiera soldati nell'est del Congo. Li aveva invocati Tshisekedi, disperato, perché lo aiutassero a normalizzare un territorio nel caos. All'Uganda interessano i minerali congolesi come al Ruanda. E i figli del presidente Museweni chiamano Kagame lo zio. I profughi camminano verso Goma, con speranza.