IL PAPI DELLA PATRIA BLINDA ALFANO, ATTACCA LA BUROCRAZIA E TIRA IN BALLO LE TOGHE: “HANNO DATO VALIDITÀ FORMALE ALL'ESPULSIONE”

Francesco Verderami per Corriere.it

«Alfano non ha nessuna colpa e non si tocca. Non si tocca né lui né il governo». Nel giorno più lungo per il ministro dell'Interno, Silvio Berlusconi scende in campo per difenderlo e difendere l'esecutivo, messo alle corde per il «caso kazako». «Non vedo nulla che possa mettere in discussione la stabilità, nulla che possa provocare una crisi. Con tutti i problemi che ha il Paese, con i segnali negativi che giungono dall'economia... L'aumento del debito pubblico, i dati sulla disoccupazione, il problema del credito alle imprese, del costo del lavoro... E qualche irresponsabile pensa davvero di far saltare Alfano per far saltare il governo? Non scherziamo».

Il Cavaliere non intende farlo. E sull'«affaire Ablyazov» rompe un silenzio che aveva dato adito a varie congetture sui rapporti con «Angelino», al punto da far pensare addirittura che il leader del centrodestra fosse persino pronto a sacrificarlo. Il modo in cui esprime solidarietà al segretario del Pdl mira proprio a dissipare i sospetti.

«Angelino non si tocca», ripete: «E giudico assurde queste mozioni di sfiducia presentate dalle opposizioni, che impegnano il Parlamento e fanno perdere tempo in un momento così difficile e preoccupante. Questa indegna gazzarra, in una fase tanto drammatica per il Paese, si commenta da sé».

Berlusconi vuole mettere in chiaro il suo giudizio sulla vicenda, che giudica «scabrosa», e che però «non può essere da ostacolo alla durata del governo»: «Mi sembra davvero che si stia dando alla questione una rilevanza esagerata. Non c'è, non ci può essere, alcuna minaccia di alcun tipo. A meno che qualcuno non pensi a gesti sconsiderati di cui si assumerebbe la responsabilità davanti agli italiani». È evidente a cosa allude: il Cavaliere fa muro e attende di verificare che gli altri partiti della maggioranza facciano altrettanto, «anche perché - sostiene - non capisco di cosa possa essere accusato Alfano».

Sarà, ma le forze politiche in Parlamento - e non solo quelle di opposizione - addossano al ministro dell'Interno quantomeno la responsabilità di omessa vigilanza sulle strutture che da lui dipendono al Viminale. «Intanto cominciamo a dire che questo caso è esemplare, nel senso che rivela come la burocrazia abbia prevalso sulla politica. È la burocrazia che ha deciso di poter far da sola, muovendosi in piena autonomia e con l'avallo - è bene ricordarlo - di quattro, dicasi quattro magistrati. O i giudici sono bravi solo quando si occupano di Berlusconi? Eh no, i magistrati hanno dato validità formale al provvedimento di espulsione».

Quanto all'omessa vigilanza, il Cavaliere rammenta che «ai miei tempi, quando venne perpetrata l'intrusione nella mia vita privata con un dispendio di mezzi e uomini degno di miglior causa, il titolare del Viminale dell'epoca non sapeva nulla di nulla. Non seppe mai nulla. Non c'è da stupirsi, la burocrazia si comporta così.

«Loro» dicono: «È arrivato uno nuovo al ministero. Va bene, tanto fra poco andrà via e gli subentrerà un altro, mentre noi restiamo sempre qui. Siamo noi a comandare». Ecco cosa succede. E Alfano, appena arrivato, deve mettere a punto la macchina di quel dicastero che è composto ai vertici da centinaia di persone. Una macchina che è forte, abituata a far da sola. Perciò serve tempo per assumerne l'effettivo controllo».

È la «burocrazia» dunque l'unico responsabile, non il ministro, secondo Berlusconi. Che è consapevole di essere al centro dei sospetti, di esser stato cioè in qualche modo l'ispiratore del piano kazako. «Vengo sempre tirato in ballo, per qualsiasi cosa. La verità è che con questo Nazarbayev io non ho nessun rapporto di amicizia, figurarsi di intimità. Sono stato ad Astana una sola volta, di ritorno da un vertice del G8. E non sono l'unico tra i capi di Stato e di governo dell'Occidente ad averlo incontrato. Quanto alla storia che l'avrei visto in Sardegna, è una falsità: quel giorno non mi sono mosso da Arcore. Eppoi, come avrei potuto? Galliani mi ha detto che la villa dove Nazarbayev ha soggiornato non ha lo spazio per far atterrare un elicottero. Quindi...».

Il Cavaliere si concede lo spazio di una risata, prima di tornare a parlare in modo acceso di Alfano e della sua «assoluta estraneità al caso». Racconta di averlo sentito più volte nell'arco della giornata, «ed era sereno quanto combattivo. Certo, sotto pressione, ma come può essere altrimenti? Se qualcuno pensa di trasformarlo in un capro espiatorio, sbaglia». Invita i «malintenzionati» a cambiar mittente finché sono in tempo, e intanto rinnova la fiducia al ministro: «Ho la più grande fiducia verso di lui. È un giovane valente, attivo, generoso. Non ha di che temere».

Non cede alla tentazione di inoltrarsi in teorie complottistiche, in base alle quali Alfano sarebbe vittima di un'operazione che punta a screditarne l'immagine e ad azzopparlo politicamente: «Anche perché questo fatto non tocca minimamente Angelino, non deve incidere e non inciderà sul suo futuro». Quanto al presente, Berlusconi tiene la barra dritta sulla stabilità di governo e non si cura delle voci che vorrebbero il titolare del Viminale in difficoltà nel suo stesso partito, da cui avrebbe ricevuto una solidarietà d'ufficio: «Non mi risulta questa cosa. E io ho grande stima di lui».

Una «stima» che è valso il triplo incarico: segretario del Pdl, vice premier e ministro dell'Interno. Una somma di ruoli criticata anche pubblicamente da un pezzo della dirigenza. Una polemica che il «caso Kazako» potrebbe far riaccendere: Alfano avrebbe troppi impegni per poterli svolgere bene insieme. «Alfano fa bene tutto», taglia corto Berlusconi: «E sono certo che continuerà a far bene tutto». In quel «tutto» c'è ovviamente anche l'attività di governo, che resta il chiodo fisso nel ragionamento del Cavaliere.

«C'è da gestire una fase critica per il Paese, è necessario lavorare per portarlo fuori dalla grave condizione economica in cui versa». La stabilità insomma è un valore, e la difesa dell'esecutivo è parte della difesa di Alfano. Ed è a questo punto che Berlusconi cita Napolitano, «che ha a cuore la tenuta del governo nell'interesse dei cittadini».

Ecco perché - secondo il Cavaliere - sull'«affaire Ablyazov» si è suscitata un'attenzione «eccessiva e strumentale», che tuttavia rischia di minare le fondamenta della «strana maggioranza». Perciò «Alfano non si tocca», ripete ancora il leader del centrodestra prima di congedarsi. E se per una volta non ha parlato delle proprie grane giudiziarie, vuol dire che il «caso kazako» non è una grana come tante. «Sono stato chiaro quando ho detto che Alfano non si tocca?». Chiarissimo.

 

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