PD, IL PARTITO DEL VAFFA! - “CHI NON VOTA LA FIDUCIA A LETTA, E’ FUORI DAL PD”

Francesca Schianchi per "La Stampa"

«È chiaro che chi non dovesse votare la fiducia al governo sarebbe fuori dal partito». Sono le dieci del mattino, il presidente incaricato Enrico Letta è chiuso nella Sala della Lupa di Montecitorio impegnato nelle consultazioni, quando uno degli uomini a lui più vicini, il deputato pugliese Francesco Boccia, interviene al Tg di Sky e dà nome e forma al prossimo travaglio interno al Pd: la fiducia.

Se qualcuno dei tanti democratici in sofferenza all'idea di un governo con ministri di primo piano del Pdl dovesse decidere che no, non ce la può fare a dare la propria fiducia, quali sarebbero le conseguenze? Rischiano l'espulsione?

Dario Franceschini lo ha detto qualche giorno fa, il capogruppo Roberto Speranza lo ha ripetuto dalle pagine di questo giornale, ieri Boccia lo ha chiarito ancora meglio. Scatenando la reazione di chi si è più esposto nel dissenso: Pippo Civati («chi non vota la fiducia è fuori? Questi sono toni fuori di testa più che fuori dal partito») e Laura Puppato («niente minacce: di minacce non si vive e non si lavora»).

Ma anche la prodiana Sandra Zampa: «Leggo con preoccupazione ultimatum minacciosi», interviene suggerendo «di essere più prudenti e rispettosi del travaglio cui ogni democratico è oggi sottoposto». E a poco serve il tentativo di ammorbidire i toni di Boccia («la richiesta del rispetto delle regole non può e non deve essere mai considerata come una minaccia»): la questione deflagra, anche perché, dopo i voti contrari a Marini e a Prodi nelle votazioni del presidente della Repubblica della settimana scorsa, nessuno se la sente più di garantire sui numeri del Pd.

Così, se Renzi si augura che non manchi la fiducia e il capogruppo al Senato Zanda assicura «gruppi compatti», le anime in sofferenza sono ansiose di capire quale proposta uscirà dal giro di consultazioni di Letta.

I giovani turchi, contrari da subito a un'ipotesi di larghe intese, aspettano di vedere quale esecutivo verrà fuori, pronti a votare contro all'interno del gruppo se la proposta dovesse essere indigeribile. «Ma la fiducia la votiamo», dice Andrea Orlando, che invita «a occuparsi di politica, anziché di regole. Noi stiamo lavorando perché il rischio di un governo indigeribile venga evitato. Eviterei qualunque forma di criminalizzazione del dissenso e non mi piacciono le minacce di espulsione, ricordando nello stesso tempo che siamo legati a un principio di maggioranza».

Anche Matteo Orfini, che pure aveva definito nei giorni scorsi «un voto di coscienza» la fiducia e che definisce «inqualificabile la minaccia di Boccia, che tra l'altro non si capisce a che titolo parli», ammette «pur capendo tutta la difficoltà di chi dice che non voterà la fiducia» che «la contrarietà si esprime negli organi di partito, poi in Aula ci si attiene al principio di maggioranza».

Un principio che «è la regola del partito», insiste la lettiana Paola De Micheli, vice-capogruppo alla Camera, sottoscritto da tutti i parlamentari aderenti al Partito democratico. «Non può esistere un Pd di maggioranza e uno di opposizione. Sono in dissenso prodiani, bindiani e giovani turchi, ma non credo al punto da non votare la fiducia», valuta la deputata piacentina, per tutta la giornata a Montecitorio, a seguire i lavori del presidente incaricato. «Gli unici che potrebbero non farlo sono Puppato e Civati, ma confido che i nodi si scioglieranno». Altrimenti, le conseguenze sono ancora tutte da chiarire.

 

Pippo Civati puppato franceschini MATTEO ORFINI Paola De Michelis e Marco Stradiotto - Copyright Pizzi

Ultimi Dagoreport

elon musk sam altman

NE VEDREMO DELLE BELLE: VOLANO GIÀ GLI STRACCI TRA I TECNO-PAPERONI CONVERTITI AL TRUMPISMO – ELON MUSK E SAM ALTMAN HANNO LITIGATO SU “X” SUL PROGETTO “STARGATE”. IL MILIARDARIO KETAMINICO HA SPERNACCHIATO IL PIANO DA 500 MILIARDI DI OPENAI-SOFTBANK-ORACLE, ANNUNCIATO IN POMPA MAGNA DA TRUMP: “NON HANNO I SOLDI”. E IL CAPOCCIA DI CHATGPT HA RISPOSTO DI PETTO AL FUTURO “DOGE”: “SBAGLI. MI RENDO CONTO CHE CIÒ CHE È GRANDE PER IL PAESE NON È SEMPRE OTTIMALE PER LE TUE COMPAGNIE, MA NEL TUO RUOLO SPERO CHE VORRAI METTERE PRIMA L’AMERICA…” – LA GUERRA CIVILE TRA I TECNO-OLIGARCHI E LE MOSSE DI TRUMPONE, CHE CERCA DI APPROFITTARNE…

donald trump elon musk jamie dimon john elkann

DAGOREPORT – I GRANDI ASSENTI ALL’INAUGURATION DAY DI TRUMP? I BANCHIERI! PER LA TECNO-DESTRA DEI PAPERONI MUSK & ZUCKERBERG, IL VECCHIO POTERE FINANZIARIO AMERICANO È OBSOLETO E VA ROTTAMATO: CHI HA BISOGNO DEI DECREPITI ARNESI COME JAMIE DIMON IN UN MONDO CHE SI FINANZIA CON MEME-COIN E CRIPTOVALUTE? – L’HA CAPITO ANCHE JOHN ELKANN, CHE SI È SCAPICOLLATO A WASHINGTON PER METTERSI IN PRIMA FILA TRA I “NUOVI” ALFIERI DELLA NEW ECONOMY: YAKI PUNTA SEMPRE PIÙ SUL LATO FINANZIARIO DI EXOR E MENO SULLE VECCHIE AUTO DI STELLANTIS (E ZUCKERBERG L'HA CHIAMATO NEL CDA DI META)

antonino turicchi sandro pappalardo armando varricchio nello musumeci ita airways

DAGOREPORT – DA DOVE SPUNTA IL NOME DI SANDRO PAPPALARDO COME PRESIDENTE DELLA NUOVA ITA “TEDESCA” BY LUFTHANSA? L’EX PILOTA DELL’AVIAZIONE DELL’ESERCITO È STATO “CALDEGGIATO” DA NELLO MUSUMECI. IL MINISTRO DEL MARE, A DISPETTO DEL SUO INCARICO, È MOLTO POTENTE: È L’UNICO DI FRATELLI D’ITALIA AD AVERE I VOTI IN SICILIA, ED È “MERITO” SUO SE SCHIFANI È GOVERNATORE (FU MUSUMECI A FARSI DA PARTE PER FAR CORRERE RENATINO) – E COSÌ ECCO CHE IL “GIORGETTIANO” TURICCHI E L’AMBASCIATORE VARRICCHIO, CARO A FORZA ITALIA, SONO STATI CESTINATI…

friedrich merz donald tusk giorgia meloni trump emmanuel macron olaf scholz mario draghi

C’ERA UNA VOLTA IL TRENO PER KIEV CON DRAGHI, MACRON E SCHOLZ. ORA, COMPLICE IL TRUMPISMO SENZA LIMITISMO DI GIORGIA MELONI, L’ITALIA È SPARITA DALLA LEADERSHIP DELL’UE - LA DUCETTA PREFERISCE ACCUCCIARSI AI PIEDI DI WASHINGTON (CHE VUOLE VASSALLI, NON ALLEATI ALLA PARI) CHE RITAGLIARSI UN RUOLO IN EUROPA - FRIEDRICH MERZ, PROBABILE NUOVO CANCELLIERE TEDESCO, HA "ESPULSO" L'ITALIA DAL GIRO CHE CONTA: A CHI GLI HA CHIESTO QUALE PAESE ANDREBBE AGGIUNTO A UN DIRETTORIO FRANCO-TEDESCO, HA CITATO LA POLONIA, GUIDATA DAL POPOLARE DONALD TUSK (NEMICO NUMERO UNO DEL PIS DI MORAWIECKI E KACZYNSKI, ALLEATI DELLA DUCETTA IN ECR) - “I AM GIORGIA” SOGNAVA DI ESSERE IL “PONTE” TRA USA E UE E SI RITROVA A FARE LA CHEERLEADER DELLA TECNO-DESTRA DI MUSK E TRUMP…

ignazio la russa giorgia meloni daniela santanche lucio malan

DAGOREPORT - DANIELA SANTANCHÈ A FINE CORSA? IL CAPOGRUPPO DI FDI IN SENATO, LUCIO MALAN, È A PALAZZO CHIGI E POTREBBE DIVENTARE IL NUOVO MINISTRO DEL TURISMO, AL POSTO DELLA “PITONESSA” – IERI L’INCONTRO TRA IGNAZIO LA RUSSA E GIORGIA MELONI: LA DUCETTA POTREBBE AVER CHIESTO AL PRESIDENTE DEL SENATO, IN QUANTO AVVOCATO DELL’IMPRENDITRICE, RASSICURAZIONI SULLA SENTENZA DI PRIMO GRADO. LA RISPOSTA? CARA GIORGIA, NON TI POSSO GARANTIRE NIENTE. COME SAI, LA LEGGE PER I NEMICI SI APPLICA, E PER GLI AMICI SI INTERPRETA. MORALE DELLA FAVA: LA “SANTA” HA UN PIEDE E MEZZO FUORI DAL MINISTERO - LA SMENTITA DI PALAZZO CHIGI