ORA PIERFURBY HA CAPITO CHE MONTI L’HA FATTO PIERFESSO, CANNIBALIZZANDO L’UDC - “SOTTO IL 15% SAREBBE UN RISULTATO INSODDISFACENTE” - “HO L’IMPRESSIONE CHE LA PROSSIMA LEGISLATURA NON DURERA’ TANTO” - LAVORI GIA’ IN CORSO PER SMARCARSI DAL BOCCONIANO - L’UDC CON I 10 SENATORI PIAZZATI IN POSIZIONE “SICURA” NEL LISTONE POTRA’ FARE UN GRUPPO AL SENATO E “TRATTARE” DA SOLO CON BERSANI - I CENTRINI TEMONO CHE IL PROF VOGLIA LIBERARSI A SUA VOLTA DI CASINI E FINI…

Francesco Verderami per il "Corriere della Sera"

La nuova legislatura non è nemmeno cominciata e già c'è chi dice che è (quasi) finita. Ma un conto è che sia Grillo a prevedere il ritorno alle urne «l'anno prossimo», altra cosa è che sia Casini a insinuare il dubbio: «Ho l'impressione che non durerà mica tanto», confida il leader dell'Udc. È un presagio drammatico a un mese dal voto, è la dimostrazione di quanto sarà complesso arrivare a una stabilizzazione del sistema. È una riflessione dettata per un verso dallo studio dei sondaggi, e per l'altro da un'analisi del quadro politico che già si prefigura dopo la competizione.

Certo, la questione dei numeri al Senato sarà dirimente. Molto dipenderà dall'esito della battaglia nel Quadrilatero delle regioni chiave (Lombardo-Veneto, Sicilia e Campania), a cui ora si è aggiunta anche la Puglia, che i sondaggisti danno «in bilico». Ma l'interrogativo non è se Bersani sarà o meno autosufficiente a Palazzo Madama, siccome è evidente che dopo il voto il Pd si prepara ad allearsi con Monti. Il nodo è un altro, e l'impressione ricavata dal capo dei centristi è che «comunque» non sarà semplice costituire in Parlamento una «maggioranza ampia», specie se Vendola sarà determinante con i suoi seggi.

Il leader dell'Udc pone un problema di alchimia politica. Ma non solo. Perché il segnale è stato decrittato dal segretario democratico, secondo cui Casini vuol far sapere che «ci sono anch'io», che Monti non ha l'esclusiva nella rappresentanza della nuova coalizione. È un tema di non poco conto, se è vero che durante una riunione del Fli, Bocchino ha spiegato come sia «chiaro che Bersani vuole l'accordo con il Professore, mica con Casini».

Ma Casini ha già preso le contromisure, proprio al Senato, dove un esperto come il professor D'Alimonte ha «scoperto» che - nella trattativa per le candidature - l'Udc è riuscita a garantirsi «almeno dieci seggi». Numero sufficiente per formare un eventuale gruppo autonomo a Palazzo Madama.

Il leader centrista, incalzato sull'argomento a «Omnibus», ha derubricato la questione in diretta tv: «Non ci sono seggi dell'Udc. Siamo tutti montiani». Poi però, durante una pausa pubblicitaria, ha sussurrato con aria sorniona: «Me ne attribuite solo dieci? Siete così pessimisti?».

Et voilà, il gioco è scoperto. Casini voleva che lo diventasse, giusto perché Bersani capisse. E Bersani l'aveva capito da tempo, al punto da averne discusso con i dirigenti del partito, secondo i quali, dopo il voto, Monti «non sarà nelle condizioni di fare il capo della coalizione in Parlamento»: la previsione è che nel corso delle trattative per la formazione del governo ci sarà uno «sfrangiamento» nel rassemblement del Professore.

D'altronde già adesso l'unione centrista dà l'idea di un matrimonio d'interessi. Lo si nota sotto il profilo mediatico, per esempio, se è vero che fino ad oggi Monti Casini e Fini non si sono mai fatti vedere insieme, nemmeno quando il premier ha lanciato il simbolo, che pure li unisce al Senato. Possibile che - a campagna elettorale già iniziata - non abbiano ancora fatto una «photo opportunity»? Come non bastasse, Casini ha preso a distinguersi in modo marcato dal Professore.

Ieri ha lanciato tre stoccate, ché al confronto Bersani è parso più indulgente. La prima botta è che «senza l'Udc Monti non avrebbe salvato l'Italia», giusto per rimarcare il ruolo che hanno avuto i centristi in Parlamento. La seconda è che «se noi e il Fli abbiamo fatto le nostre liste, è perché c'è anche la buona politica», che non è quindi la bad company della coalizione. La terza è la più insidiosa: «Se alle elezioni l'alleanza dovesse restare sotto il 15%, sarebbe un risultato insoddisfacente». Un autentico affondo contro Monti, visto che i sondaggisti considerano quella quota un limite difficile da superare. Una sorta di avvertimento al Professore e a quella sua società civile che - sottolinea Casini - «quando entrerà in Parlamento si trasformerà in ceto politico, poche storie».

Si vedrà se la legislatura «non durerà tanto», come teme (o minaccia) il capo dei centristi. Il segretario del Pdl Alfano ritiene che «potrebbe durare cinque anni o cinque mesi», ma si capisce da ora che il quadro politico non sarà stabile. Meno che mai lo è il centrodestra, dato che Tosi ha preannunciato sulla Stampa il «divorzio» della Lega da Berlusconi, subito dopo il voto. Ma il Cavaliere in questa fase ha ben altro in testa. Chissà se davvero confida nella rimonta, sebbene la forbice dal centrosinistra non sia più così ampia: «sei punti», secondo l'ultimo report di Euromedia research.

Però il vero obiettivo di Berlusconi è diventare determinante al Senato per la futura maggioranza di governo. Impresa ardua. Secondo i calcoli del Pd «l'incubo» sarebbe scongiurato, a meno di una clamorosa rimonta del Pdl. Ma c'è un dettaglio che minaccia «il sogno» del Cavaliere: il voto disgiunto. Secondo uno studio che ha commissionato, il 10% dei votanti sarebbe propenso a differenziare la scelta nelle liste. E se gli elettori di Ingroia, immaginando che Rivoluzione civile non raggiunga il quorum al Senato, optassero per Bersani, la missione di Berlusconi fallirebbe.

 

 

CASINI MONTI casini monti Bersani e Fini berlusconi bersani FLAVIO TOSI DOPO LA RIELEZIONE A SINDACO DI VERONA

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