UN DUCETTO A COLORI - DAVANTI AGLI ALLIEVI DELLA GUARDIA DI FINANZA, RENZI VERSIONE ‘FASCISTI SU MARTE’ PROCLAMA CHE “CON L’ONORE E LA DISCIPLINA CAMBIEREMO IL PAESE” - JENA: “IL DUCE NE HA DETTI ANCHE DI MEGLIO”
1. MOTTI
Jena per “la Stampa” - Onore e disciplina? Il Duce ne ha detti anche di meglio.
2. COSÌ PARLÒ IL DUCE. PARDON, MATTEO
Vittorio Macioce per "il Giornale"
Questa l'hai già sentita, magari da tuo nonno: «Con l'onore e la disciplina cambieremo il Paese». Caccia all'autore. Mussolini? Starace? Farinacci? Corrado Guzzanti su Marte? No, Matteo Renzi.
Attenzione. Non c'è nulla di male a parlare di «onore e disciplina», solo che buttati lì, davanti alla Guardia di finanza, con questa cosa del grande fratello fiscale all'orizzonte e il tono da cinegiornale, l'effetto è un po' da libro e moschetto. È che Renzi è lontano un secolo dal Novecento e poi è di sinistra, quindi su certe parole sacrosante non paga pegno, non alza polvere, non fa rumore, al massimo fa venire il singhiozzo a Rosy Bindi. Renzi sdogana.
C'era un tempo in cui onore e disciplina andavano bene solo in monologhi hollywoodiani in stile Ogni maledetta domenica o negli spogliatoi di qualche allenatore di provincia. Il resto era, quasi, tabù. Il guaio di Renzi è che invece passa dall'oratoria bimbominchia tutto slide e Jerry Calà alle frasi storiche da dopo cena, già pronte per finire su Wikiquote. Il risultato è una serie di slogan alla Starace, con un premier-segretario-gran mogol che parla come un gerarca fascista, naturalmente a sua insaputa. Renzi infatti non è certo fascista, tutt'al più si ispira a Guzzanti (figlio).
Non ci credete? «La libertà senza ordine (onore) e disciplina significa dissoluzione e catastrofe». Matteo? No, Mussolini. Tutti sappiamo che il nostro premier è giustamente un profeta dell'ottimismo, fare in fretta, andare avanti, veloce, rapido, leggero, spiccio. Rischio, coraggio, avventura. È la voglia di futuro della gioventù del Carnaro. È il social web dei dannunziani due punto zero.
Consigli per le prossime slide: «Chi osa vince», «Marciare per non marcire», «Chi si ferma è perduto», «Sempre avanti», «Osare, durare, vincere». Vincere, fa sapere Matteo, non è una parola fascista. Purtroppo negli ultimi tempi in Italia è soprattutto juventina. «Vincere e vinceremo». Questa invece è autografa di Renzi: «Non possiamo indietreggiare di mezzo centimetro». Ed è il vecchio «boia chi molla» senza il dono della sintesi.
«Arriva un momento in cui il coraggio deve essere più forte della comodità e la speranza deve prendere il posto della rassegnazione». Chi declama? Matteo. «Badate che l'Italia non fa più una politica di rinunce o di viltà, costi quello che costi!». Questa invece è di Benito, si capisce dal punto esclamativo. Renzi avrebbe usato un emoticon, una faccetta, gialla e non nera, quella che ti appare scrivendo sulla tastiera punto e virgola e poi parentesi tonda con la gobba verso destra.
le scene del film "the eternal city" con mussolini
Rottamare, metamorfosi, tempi nuovi, uomini nuovi. «A questo Paese serve una rivoluzione radicale, non qualche manovra col cacciavite». Firmato MR. Da notare che il fiorentino usa «Paese» e non patria, nazione e raramente Italia. La rivoluzione degli arditi invece è continua. Questa invece di chi è? «Una tappa del nostro cammino è raggiunta».
Sembra chiaro che si sta parlando dell'approvazione del Jobs Act. Sembra. È invece del 5 maggio 1936. Mussolini, balcone di palazzo Venezia, proclamazione dell'Impero. L'inizio della fine. Ma niente parallelismi. Qui si rischia di passare per gufi o disfattisti. Non è il caso di pesare sulle sorti radiose di Matteo, perché qui o si fa l'Italia o si muore (risorgimentale). «Dicono che siamo troppo ambiziosi. Vero (faccetta gialla). Abbiamo l'ambizione di cambiare l'Italia (uno, due, tre faccette gialle, l'ultima con linguetta rossa)».
le scene del film "the eternal city" con mussolini
È chiaro dalla punteggiatura che si tratta del boy scout e non del figlio del fabbro di Predappio. Benito è stato meno enfatico: «La mia ambizione è questa: rendere forte, prosperoso, grande, libero il popolo italiano». Speriamo che questa volta vada meglio. Tranquilli, il made in Italy non è la variante anglofona dell'autarchia. C'è sempre però in ballo quella storia del posto al sole. «L'Italia avrà il suo grande posto nel mondo». Mussolini docet. «I valori della cultura fanno di noi una superpotenza mondiale». Matteo reloaded. La certificazione è di Farinacci, pardon Farinetti.
«Il popolo italiano ascolta le parole, ma giudica dai fatti». Matteo o Benito? «Quello che abbiamo fatto è importante, ma per noi è più importante quello che faremo». Di nuovo: Matteo o Benito? La prima è di Renzi, la seconda è di Mussolini. Ma se scambiate i fattori non è detto che qualcuno se ne accorga. «Il nostro tempo è adesso».
Incontro fra Hitler e Mussolini
Questa il premier l'ha rubata a Claudio Baglioni (più o meno), ma riecheggia anche l'eco del Littorio. «Questa è l'epoca nella quale bisogna sentire l'orgoglio di vivere e di combattere». Avvertenze finali. Questo gioco non ha alcuna validità politica e umana. Mussolini e Renzi sono diversi e incommensurabili. È come paragonare un balcone a un tweet. Lo slogan popolare del fascismo era «Me ne frego». Quello pop del renzismo è «stai sereno». Solo se lo chiedete a Enrico Letta vi dirà che tra questi due sentimenti politici non vi è alcuna differenza.