1. RENZI DICE CHE SE NON PASSA LA LEGGE SUL LAVORO, SI VA SUBITO A VOTARE, MA È SOLO UN BLUFF GROSSO COME LA CAPOCCIA DI LOTTI E IL SEDERE DELLA BOSCHI MESSI INSIEME 2. RE GIORGIO NON SCIOGLIERÀ MAI LE CAMERE PER IL SEMPLICE MOTIVO CHE NON HA NESSUNA INTENZIONE DI AMMETTERE LO SMACCO DI AVER FALLITO TRE VOLTE CONSECUTIVE NELLA SCELTA DEL PREMIER (MONTI, LETTA, RENZI) SVICOLANDO OGNI VOLTA IL RICORSO ALLE URNE 3. SE PITTIBIMBO FALLISSE IL COLPO SULLA RIFORMA DEL LAVORO, SCATTEREBBE L’ENNESIMO GOVERNO DI EMERGENZA CON LA TROIKA INSTALLATA A PALAZZO CHIGI DA BELLANAPOLI 4. RENZIE LO SA ED È PRONTO A MINACCIARE IL PARLAMENTO CON L’ARRIVO DELLA TROIKA, MA INTANTO HA GIÀ FATTO VISIONARE IL DECRETO ICHINO-SACCONI AL MERKELLATO JUNCKER 5. E DOPO L’APPROVAZIONE DELLA RIFORMA DEL LAVORO, RE GIORGIO È PRONTO AD ABDICARE
DAGOREPORT
A Renzie piace giocare a poker, ma l’ultimo bluff è davvero scoperto. A inizio settimana è andato a dire in Parlamento che se non si fanno le riforme allora si va al voto e di elezioni anticipate parla anche con i propri interlocutori, quando qualcuno gli chiede che cosa succederebbe nel caso il decreto sul Jobs Act non passasse.
Sono i classici conti senza l’oste che nella fattispecie è Giorgio Napolitano, colui che dovrebbe sciogliere le Camere e mandarci tutti a votare. Per lui lo scioglimento delle Camere sarebbe una grave sconfitta, uno smacco personale sul secondo settennato che non vuole assolutamente patire. Sarebbe come ammettere che ha scelto tre premier – Monti, Letta e Renzi - e ha fallito in tutti e tre i casi sonoramente.
Per altro nel Pd ancora c’è chi gli rinfaccia di non aver sciolto le Camere a novembre del 2011, quando cadde Berlusconi e Re Giorgio scelse per noi Mario Monti. Il sospetto è che non ritenesse Pierluigi Bersani sufficientemente autonomo dalla Cgil e, più in generale, in grado di portare a casa quegli interventi (Ici e pensioni su tutti) che il Rigor Montis ha subito fatto per la gioia della Merkel.
In ogni caso Renzie sa perfettamente che Re Giorgio non ha nessuna intenzione di sciogliere le Camere e quindi sul voto anticipato bluffa con la consueta disinvoltura. Sa anche perfettamente che se dovesse fallire il colpo sul Lavoro, Bellanapoli varerebbe un governo di emergenza nazionale, con la Troika virtualmente seduta nelle stanze del Quirinale a vigilare.
Per evitare un epilogo così inglorioso, il premier spaccone ha giocato, una volta tanto, la carta dell’umiltà e ha fatto visionare in anticipo al presidente della Commissione Ue, il lussemburghese Jean-Claude Juncker, l’”articolato sul lavoro”, come lo chiamano a Palazzo Chigi. Un testo infatti esiste già ed è stato predisposto da Pietro Ichino e Maurizio Sacconi, quindi è “roba tosta”, un provvedimento sul quale si andrà allo scontro con la Triplice sindacale e con mezzo Pd.
Ma Renzie non ha paura di andare allo scontro e a ottobre, quando chiederà i voti sul decreto Lavoro ai Parlamento, dirà chiaramente che se non passa “arriva la Troika”.
L’approvazione del decreto sul Lavoro è attesa con grande apprensione anche dal Quirinale e non solo perché su questo ci giochiamo il rapporto con la Bce e con Bruxelles. Re Giorgio, dicono i bene informati, una volta approvata la riforma del Lavoro sarebbe pronto a dimettersi, considerando l’Italia in sicurezza. Per qualche mese.