CHI SALE SULLA SCALA? - MILANESI INORRIDITI: PER IL DOPO-LISSNER IL FAVORITO E’ IL ROMANO SALVO NASTASI! - UN’IDEA BALZANA DEL BERLUSCONE ERMOLLI CHE DOPO AVER IMPOSTO LISSNER, ORA SI INVENTA UN SEGUITO SBAGLIATO - GIRANO NOMI PER IL DOPO LISSNER DA FANTASY, COME QUELLA DEL FINANZIERE FRANCESCO MICHELI - POCHE SPERANZE PER VERGNANO, COGNATA E CHIAROT, I PREFERITI DAI MELOMANI…

Egle Santolini per "La Stampa"

E adesso la grande paura dei salotti buoni milanesi è che al posto del francese arrivi il romano, anzi «il re della foresta», ma di una foresta tutta tiberina e ministeriale, uomo di mondo uso alle complesse alchimie capitoline, gran decrittatore di leggi e di regolamenti, ma insomma, siamo sicuri, alla Scala? Là dove regnarono Ghiringhelli e poi Grassi, dove cantò la Callas, dove ai tempi belli «del Claudio», cioè di Abbado, si tentò il miracolo di saldare in un eccellente progetto culturale la borghesia riformista della città ai ceti emergenti?

E dove dal 2005, dopo l'era Muti e i suoi esiti litigiosi, un brillante impresario venuto da Parigi ha riportato il respiro dei teatri europei? Però di sicuro è quello di Salvo Nastasi il nome che, al momento, circola con più insistenza a Milano per la sovrintendenza: neanche quarantenne, pingue, scafatissimo, soprannominato in coppia con l'altro potente commis Gaetano Blandini «i lottatori di sumo», Nastasi, direttore generale del settore spettacolo «dal vivo» del ministero dei Beni Culturali, nonché genero di Giovanni Minoli, è una scoperta di Gianni Letta.

Poi ha scollinato sapientemente da Urbani a Buttiglione, a Rutelli, a Bondi, a Galan e a Ornaghi, si è occupato della gestione commissariale di parecchi enti lirici, dal San Carlo di Napoli all'Arena di Verona. Si appresterebbe dunque a occupare la poltroncina neoclassica che fu, che è, di Lissner sotto l'occhio di una città puntigliosa che, dai loggionisti, agli abbonati, agli orchestrali, pretende una competenza musicale di ferro. Il sindaco Giuliano Pisapia, presidente del Consiglio d'Amministrazione della Scala, assicura che si deciderà entro il 2013.

Lissner ha delineato le stagioni fino all'Expo compresa, cioè fino al 31 ottobre 2015, e adesso si capisce anche perché ne abbia parlato con tanta precisione e tanto anticipo, sottolineando l'intento di dare alla Scala un repertorio di allestimenti sempre pronti all'uso. Ma dopo? Chiunque arrivi, ci si prepara a un periodo di affiancamento: di sei mesi, secondo lo statuto scaligero, e di prevedibile complessità.

Fino a pochi mesi il candidato sicuro pareva essere Francesco Micheli, finanziere e mecenate, vicepresidente di MiTo: la gestione Lissner non gli è mai andata giù e uno dei suoi successi contro il sovrintendente fu, da membro del CdA, il veto alla nomina a direttore musicale di Gustavo Dudamel, da lui considerato troppo giovane e immaturo. Ma oggi Micheli è stato estromesso dal Consiglio, è in fredda col sindaco e pare essersi disimpegnato dalla Scala.

Da pochi giorni accasato altrove e cioè al Regio di Parma Carlo Fontana, sovrintendente dal 1990 al 2005 e protagonista di sanguinosi conflitti con Riccardo Muti, altri ipotizzano l'arrivo di una storica collaboratrice di Micheli, l'ingegner Francesca Colombo, anche lei under 40, sovrintendente del Teatro del Maggio Musicale Fiorentino e molto apprezzata dal sindaco Matteo Renzi. Ci sarebbero ottimi professionisti come Walter Vergnano del Regio di Torino, Antonio Cognata del Massimo di Palermo e Cristiano Chiariot della Fenice di Venezia, più wishful thinking, pii desideri dei melomani, che candidature realistiche.

Gli ingranaggi della politica han cominciato a macinare e intanto si rischia di perdere di vista un altro nodo. Lissner accorpava due cariche, sovrintendente e direttore artistico: cioè pensava ai conti e ai registi, alle vertenze sindacali e alla linea culturale del teatro, ai cartelloni e ai tenori.

Soltanto un anno fa è arrivata la nomina a direttore musicale di Daniel Barenboim, sotto contratto fino a tutto il 2016, e sarà interessante capire se resterà, e quali saranno i suoi rapporti col nuovo sovrintendente. Ma adesso che tanto ci si affanna sul papa italiano, bisognerebbe che lo si cercasse internazionalmente presentabile. E multitasking.

 

 

SALVO NASTASI jpegLISSNERGiuliano Pisapia Francesco Micheli Cinzia Sasso Anna Maria Serafini Piero Fassino Stephanie Gerdts Rosaria Bottino Gianvalerio Lombardi Francesco Micheli Salvatore Trifir WALTER VERGNANO Cristiano Chiarot Antonio Cognata

Ultimi Dagoreport

donald trump dazi giorgia meloni

DAGOREPORT! ASPETTANDO IL 2 APRILE, QUANDO CALERÀ SULL’EUROPA LA MANNAIA DEI DAZI USA, OGGI AL SENATO LA TRUMPIANA DE’ NOANTRI, GIORGIA MELONI, HA SPARATO UN’ALTRA DELLE SUE SUBLIMI PARACULATE - DOPO AVER PREMESSO IL SOLITO PIPPONE (‘’TROVARE UN POSSIBILE TERRENO DI INTESA E SCONGIURARE UNA GUERRA COMMERCIALE...BLA-BLA’’), LA SCALTRA UNDERDOG DELLA GARBATELLA HA AGGIUNTO: “CREDO NON SIA SAGGIO CADERE NELLA TENTAZIONE DELLE RAPPRESAGLIE, CHE DIVENTANO UN CIRCOLO VIZIOSO NEL QUALE TUTTI PERDONO" - SI', HA DETTO PROPRIO COSI': “RAPPRESAGLIE’’! - SE IL SUO “AMICO SPECIALE” IMPONE DAZI ALLA UE E BRUXELLES REAGISCE APPLICANDO DAZI ALL’IMPORTAZIONE DI MERCI ‘’MADE IN USA’’, PER LA PREMIER ITALIANA SAREBBERO “RAPPRESAGLIE”! MAGARI LA SORA GIORGIA FAREBBE MEGLIO A USARE UN ALTRO TERMINE, TIPO: “CONTROMISURE”, ALL'ATTO DI TRUMP CHE, SE APPLICATO, METTEREBBE NEL GIRO DI 24 ORE IN GINOCCHIO TUTTA L'ECONOMIA ITALIANA…

donald trump cowboy mondo in fiamme giorgia meloni friedrich merz keir starmer emmanuel macron

DAGOREPORT: IL LATO POSITIVO DEL MALE - LE FOLLIE DEL CALIGOLA DELLA CASA BIANCA HANNO FINALMENTE COSTRETTO GRAN PARTE DEI 27 PAESI DELL'UNIONE EUROPEA, UNA VOLTA PRIVI DELL'OMBRELLO MILITARE ED ECONOMICO DEGLI STATI UNITI, A FARLA FINITA CON L'AUSTERITY DEI CONTI E DI BUROCRATIZZARSI SU OGNI DECISIONE, RENDENDOSI INDIPENDENTI - GLI EFFETTI BENEFICI: LA GRAN BRETAGNA, ALLEATO STORICO DEGLI USA, HA MESSO DA PARTE LA BREXIT E SI E' RIAVVICINATA ALLA UE - LA GERMANIA DEL PROSSIMO CANCELLIERE MERZ, UNA VOLTA FILO-USA, HA GIA' ANNUNCIATO L'ADDIO ALL’AUSTERITÀ CON UN PIANO DA MILLE MILIARDI PER RISPONDERE AL TRUMPISMO - IN FRANCIA, LA RESURREZIONE DELLA LEADERSHIP DI MACRON, APPLAUDITO ANCHE DA MARINE LE PEN – L’UNICO PAESE CHE NON BENEFICIA DI ALCUN EFFETTO? L'ITALIETTA DI MELONI E SCHLEIN, IN TILT TRA “PACIFISMO” PUTINIANO E SERVILISMO A TRUMP-MUSK...

steve witkoff marco rubio donald trump

DAGOREPORT: QUANTO DURA TRUMP?FORTI TURBOLENZE ALLA CASA BIANCA: MARCO RUBIO È INCAZZATO NERO PER ESSERE STATO DI FATTO ESAUTORATO, COME SEGRETARIO DI STATO, DA "KING DONALD" DALLE TRATTATIVE CON L'UCRAINA (A RYAD) E LA RUSSIA (A MOSCA) - IL REPUBBLICANO DI ORIGINI CUBANE SI È VISTO SCAVALCARE DA STEVE WITKOFF, UN IMMOBILIARISTA AMICO DI "KING DONALD", E GIA' ACCAREZZA L'IDEA DI DIVENTARE, FRA 4 ANNI, IL DOPO-TRUMP PER I REPUBBLICANI – LA RAGIONE DELLA STRANA PRUDENZA DEL TYCOON ALLA VIGILIA DELLA TELEFONATA CON PUTIN: SI VUOLE PARARE IL CULETTO SE "MAD VLAD" RIFIUTASSE IL CESSATE IL FUOCO (PER LUI SAREBBE UNO SMACCO: ALTRO CHE UOMO FORTE, FAREBBE LA FIGURA DEL ''MAGA''-PIRLA…)

giorgia meloni keir starmer donald trump vignetta giannelli

DAGOREPORT - L’ULTIMA, ENNESIMA E LAMPANTE PROVA DI PARACULISMO POLITICO DI GIORGIA MELONI SI È MATERIALIZZATA IERI AL VERTICE PROMOSSO DAL PREMIER BRITANNICO STARMER - AL TERMINE, COSA HA DETTATO ''GIORGIA DEI DUE MONDI'' ALLA STAMPA ITALIANA INGINOCCHIATA AI SUOI PIEDI? “NO ALL’INVIO DEI NOSTRI SOLDATI IN UCRAINA” - MA STARMER NON AVEVA MESSO ALL’ORDINE DEL GIORNO L’INVIO “DI UN "DISPIEGAMENTO DI SOLDATI DELLA COALIZIONE" SUL SUOLO UCRAINO (NON TUTTI I "VOLENTEROSI" SONO D'ACCORDO): NE AVEVA PARLATO SOLO IN UNA PROSPETTIVA FUTURA, NELL'EVENTUALITÀ DI UN ACCORDO CON PUTIN PER IL ‘’CESSATE IL FUOCO", IN MODO DA GARANTIRE "UNA PACE SICURA E DURATURA" - MA I NODI STANNO ARRIVANDO AL PETTINE DI GIORGIA: SULLA POSIZIONE DEL GOVERNO ITALIANO AL PROSSIMO CONSIGLIO EUROPEO DEL 20 E 21 MARZO SULL'UCRAINA, LA PREMIER CERCHIOBOTTISTA STA CONCORDANDO GLI ALLEATI DELLA MAGGIORANZA UNA RISOLUZIONE COMUNE PER IL VOTO CHE L'ATTENDE MARTEDÌ E MERCOLEDÌ IN SENATO E ALLA CAMERA, E TEME CHE AL TRUMPUTINIANO SALVINI SALTI IL GHIRIBIZZO DI NON VOTARE A FAVORE DEL GOVERNO… 

picierno bonaccini nardella decaro gori zingaretti pina stefano dario antonio giorgio nicola elly schlein

DAGOREPORT - A CONVINCERE GLI EUROPARLAMENTARI PD A NON VOTARE IN MASSA A FAVORE DEL PIANO “REARM EUROPE”, METTENDO COSI' IN MINORANZA ELLY SCHLEIN (E COSTRINGERLA ALLE DIMISSIONI) È STATO UN CALCOLO POLITICO: IL 25 MAGGIO SI VOTA IN CINQUE REGIONI CHIAVE (CAMPANIA, MARCHE, PUGLIA, TOSCANA E VENETO) E RIBALTARE IL PARTITO ORA SAREBBE STATO L'ENNESIMO SUICIDIO DEM – LA RESA DEI CONTI TRA “BELLICISTI” E “PACIFINTI”, TRA I SINISTR-ELLY E I RIFORMISTI, È SOLO RINVIATA (D'ALTRONDE CON QUESTA SEGRETERIA, IL PD E' IRRILEVANTE, DESTINATO A RESTARE ALL'OPPOSIZIONE PER MOLTI ANNI)