LA SCISSIONE DI D’ALEMA: “SE RENZI TIRERÀ DIRITTO, E PRECIPITERÀ L'ITALIA VERSO NUOVE ELEZIONI COME SCUSA PER FARE PULIZIA ETNICA DENTRO IL PD, IN QUEL CASO “SI RENDEREBBE CIASCUNO LIBERO” – L’OPPOSIZIONE PIU’ VELENOSA AL BULLETTO TOSCANO GIACE ALL’INTERNO DEL PD: DINOSAURI, SINDACALISTI, BERSANIANI CHE MAI VERRANNO CANDIDATI DA RENZI
Ugo Magri per la Stampa
massimo d alema consegna un tapiro a valeria graci di striscia 11
Nasce un movimento a sinistra che per adesso non vuole definirsi partito, però cerca adesioni e finanziamenti, apre sedi sul territorio, ha già un nome («ConSenso»), un simbolo elettorale (a caratteri bianchi sul fondo verde) e soprattutto un volto: quello che si ama, o si detesta, di Massimo D' Alema.
In un' ora di discorso, davanti a 600 supporter arrivati con i pullman, l' ex leader Pds-Ds non pronuncia la parola «scissione» perché l'ultimo strappo sapientemente spera che sia Renzi a provocarlo; tuttavia riduce al massimo la fatica dell' avversario. Gli serve il divorzio quasi su un piatto d' argento, formalizzarlo sarà una liberazione per tutti. Quel momento sembra vicinissimo. «State pronti alle evenienze che potranno esserci», avverte ammiccante.
Se Renzi tirerà diritto, e precipiterà l' Italia verso nuove elezioni come scusa per fare pulizia etnica dentro il Pd, in quel caso «si renderebbe ciascuno libero». Non una semplice possibilità ma addirittura un dovere «per alcuni di noi che hanno avuto», segnala con la consueta modestia, «qualche responsabilità nella storia della sinistra italiana».
Profondo rosso Già la «location» ha un che di nostalgico. Per quanto rimesso a nuovo, il Centro congressi Frentani era una volta la casa del Pci romano; sfidare proprio da quel pulpito l' eresia del rottamatore fiorentino sa tanto di viaggio nel tempo, quasi un ritorno al futuro. Inoltre D'Alema ha il vezzo di sfoderare chiavi di lettura modernamente marxiane, purgate dalla lotta di classe ma con l' occhio attento ai disastri della globalizzazione e alle diseguaglianze che il Pd, colpevole, ha perduto di vista: quanto basta insomma per mandare in estasi una platea dove i giovani sono rari come le mosche bianche, in compenso abbondano combattenti e reduci di mille battaglie, ex parlamentari (Livia Turco, Pietro Folena, Paolo Cento meglio noto come «Er Piotta»), altri che lo sono ancora ma figurarsi se Renzi li rimetterebbe in lista: da Roberto Speranza a Davide Zoggia, da Nico Stumpo al «maître à penser» bersaniano Miguel Gotor.
E poi rappresentanze del sindacato, di quella che era una volta la vasta rete dell' associazionismo «rosso», mescolate ai comitati refe rendari «Scelgo No» che saranno la spina dorsale del nuovo «rassemblement». Perché D' Alema non mira a mettere su il solito partitino. Ambizioso com' è, si propone quale federatore della sinistra che non ci sta a snaturarsi; e prima di farsi cacciare dal Pd vuole pescare con le reti a strascico tutti i delusi, i marginalizzati, gli scontenti.
massimo dalema d alema smucina
Dopo, soltanto dopo lancerà un vero tesseramento perché le urgenze sono altre, «dobbiamo prepararci e organizzarci in ogni provincia, nelle città e nei paesi». Servono soldi per la campagna elettorale, bisogna trovarli, appositi comitati andranno costituiti in fretta.
Una chiamata alle armi.
Tra Leopardi e Orazio Di Matteo, Massimo non salva nulla, giusto le unioni civili e la legge anti-povertà che però «non è finanziata». Lo presenta come un Pulcinella che strappa all' Europa 5 miliardi per il terremoto e poi ne impiega solo 1,6; un dilettante che sfida Bruxelles ma fa solo il gioco dei Grillo e dei Salvini; che rischia di consegnare l' Italia a quei due, mentre «noi abbiamo rotto col nostro popolo». Invoca un cambio di politica e di leadership prima dell' ultimatum finale: Renzi la smetta di correre verso le urne e si tenga un congresso vero, aperto. Se invece «ci troveremo di fronte alla sordità», allora le strade si dividerebbero. Una minaccia condita dai sarcasmi taglienti che hanno reso celebre «Baffino». Prima umilia il presidente Pd Matteo Orfini, poi sberleffa il capogruppo Ettore Rosato: «Non so se il riso o la pietà prevale, come diceva il poeta».
Non è l'unica citazione colta, perché ne sfodera una latina di Orazio. Però invece di pronunciare il verso esatto dell'«Ars poetica» («Quandoque bonus dormitat Homerus»), declama una variante meno nobile e di uso comune («Quandoquidem dormitat Homerus, ogni tanto anche Omero inciampa»). Con l' aggiunta compiaciuta: «Mi sfogo qui perché nel Pd non si può più parlare in latino». Che ignoranti.