
TRAPPOLA PER ALFANO? – IL PASTICCIO KAZAKO PER AVVELENARE LE COLOMBE GOVERNATIVE DEL PDL
Ugo Magri per "la Stampa"
L' insidia politica del «caso Ablyazov» non è legata agli sviluppi dell'inchiesta interna. Anzi: quando il Capo della Polizia Pansa concluderà le indagini, e additerà i responsabili della grottesca umiliante espulsione di una mamma e di una bambina, è previsione certa negli ambienti governativi che Alfano verrà scagionato. Cioè risulterà confermata la buona fede del ministro, all'oscuro di quanto accadeva nella stanza accanto alla sua.
I più speranzosi tra i colleghi di governo sono convinti che la relazione di Pansa, poliziotto che imparò il mestiere a contatto di gomito con Falcone e con Borsellino, metterà «una pietra tombale» sull'intera vicenda, almeno per quanto riguarda il ruolo di Alfano. Il quale, si aggiunge nei palazzi che contano, continua a godere della fiducia del premier.
Ancora ieri si sono sentiti, gonfi di sdegno per le bestialità dette da Calderoli sulla Kyenge, e c'è da scommettere che pure al telefono con Letta il titolare dell'Interno abbia manifestato dispiacere per i titoli dei giornali e i sospetti proiettati sulla sua figura. L'asse tra i due regge, né potrebbe essere diversamente poiché le dimissioni di Alfano metterebbero automaticamente in crisi il governo, senza possibilità di rimediare con un rimpasto.
Eppure, come riconoscono sottovoce le «colombe» berlusconiane, «questo incidente proprio non ci voleva». Perfino se d'incanto calasse il sipario sulla vicenda (e non succederà tanto in fretta, perché sono in programma audizioni parlamentari, cui seguiranno le votazioni sulla sfiducia individuale tanto alla Camera quanto al Senato), pure in quel caso sarebbe danneggiata l'immagine di colui che sulla destra più si batte per le larghe intese. Un colpo duro alla sua battaglia dentro il Pdl.
Non si spiegherebbe altrimenti la profonda personale irritazione di Alfano, condita dal suo convincimento che pur di dargli addosso si tenda a sorvolare sui lati oscuri dell'esule Ablyazov (trasformato immeritatamente, secondo il compagno di lotta Gasparri, «in una sorta di Garibaldi kazako»). Nella biografia di Angelino, l'omessa vigilanza sui collaboratori più stretti resterà catalogata tra quei peccati di ingenuità che molto raramente vengono perdonati ai politici, costretti a essere sempre più furbi degli altri umani.
E sono ancor meno consentiti a chi siede sulla poltrona che fu di Scelba, di Fanfani, di Cossiga, di Napolitano: grandi personaggi che tuttavia si dedicarono con umiltà alle mille incombenze del dicastero. Numerosi amici avevano avvertito Alfano al momento di assumere l'incarico: «Occhio alle trappole del Viminale!».
Senza contare quelle che giornalmente gli tendono nel Pdl, dove ha conservato la carica di segretario a dispetto dei «falchi». Il doppio ruolo (anzi triplo, considerando la carica di vice-premier) gli verrà sicuramente contestato nelle prossime sedute di autocoscienza a Palazzo Grazioli, perché questo oggettivo passo falso permetterà a Verdini, a Bondi, alla Santanché di dargli una pacca sulle spalle e di sussurrargli all'orecchio: «Vedi che non puoi farcela a reggere il peso di tutto quanto? Lascia che ci occupiamo noi del partito, tu concentrati tranquillo sul governo...».
Peccato che la ricaduta politicamente più grave riguardi proprio l'esecutivo. Come se già non bastassero gli strappi del Pdl sulla giustizia, ecco aggiungersi un ulteriore carico di sofferenza per il Pd. Obbligato a subire un'alleanza dove nessuno dei partner soddisfa, agli occhi della sinistra, i requisiti minimi.
E dove perfino i più «presentabili», tra i quali certamente viene catalogato Alfano insieme con Lupi e con Quagliariello, incorrono in simili scivoloni... Ministri Pd che non vogliono essere citati confidano: «Cercheremo di tenere duro, ma per quanto tempo ancora ci riusciremo è impossibile dirlo». Lo spirito di sopportazione reciproca è ridotto al lumicino. E tra due settimane incombe la (probabile) condanna definitiva di Berlusconi in Cassazione. La somma degli stress no





