Vittorio Feltri per “Libero Quotidiano”
Che meraviglia il libro di Giulio Giorello. Il titolo dice tutto: La danza della parola. L' ironia come arma civile per combattere schemi e dogmatismi (Mondadori, pagine 122, 17,00). Il filosofo della scienza di maggior prestigio internazionale che abbiamo in Italia si è cimentato su un tema che in apparenza è quanto di più lontano dalla scienza ci possa essere, e se vogliamo anche questa sfida è essa stessa ironica, è autoironia da Giorello applicata alla propria persona e al proprio mestiere.
giulio gorello la danza della parola
Del resto non c' è nulla di più serio dell' ironia, ed è il paradosso che dà senso alle giornate. Qualunque sia la situazione che ognuno di noi viva, in qualsiasi amarezza o esaltazione sia sprofondato o innalzato, l' ironia aiuta a veder meglio, allarga l' orizzonte, decanta e incanta. Giorello dà pregnanza filosofica a una verità esistenziale senza cui perfino la morte sarebbe un mortorio.
Lo dico di me: in assenza di ironia sarebbe impossibile sopportare gli altri, figuriamoci se stessi. Se non siete d' accordo, toglietemi il saluto, saltate a un altro articolo, anzi cambiate giornale, giacché non siete dei nostri, non siete lettori di Libero.
Se c' è un sentimento che il cavallino alato, situato sopra la testata, coltiva come marchio fin dalla nascita, è l' ironia. A volte feroce, quando ci vuole salace (la allegra patata, gli amici ricchioni), ma di norma atta a far increspare appena appena le labbra in un sorriso, talvolta malinconico. I nostri titoli hanno tale scopo: informare con una correzione di sambuca. Si offrono all' intelligenza, aiutando il disincanto persino davanti alle tragedie. Senza la «danza» giorelliana di parole che si spostano immotivatamente fuori dai binari delle frasi fatte e pertinenti, la vita si ridurrebbe a un susseguirsi meccanico di eventi per un attimo entusiasmanti o disperanti e poi subito noiosi.
GENTE OVVIA
Ho sempre creduto, direi sperimentato, che l' intelligenza o è ironica oppure è idiozia. Il mondo purtroppo è pieno di idioti con un quoziente intellettuale altissimo. Gente che risolve test matematici e di logica post-euclidea con velocità prodigiosa, tuttavia non si sposta più in là dell' ovvio neppure con il carro attrezzi. Poi ci sono quelli che non conoscono il congiuntivo, e sono aggrappati alla loro ignoranza, e se vedono negli altri questa capacità di smarcamento, di immaginazione che esce dai dogmi e dagli schemi, li oscurano, cercano di punirli, denunciarli confidando che chi ha il potere di censurare e di punire sia ottuso come loro. E ahimè spesso confidano giusto.
Giorello non lavora in astratto. Non estrae concetti da concetti. Li sorprende al lavoro e ne valorizza la profondità fragile, non perentoria, friabile, sempre rovesciabile con un' altra ironia sull' ironia dove non te l' aspetti. Anzitutto nei fumetti, quando essa è racchiusa nelle nuvolette, e le buca. Comincia da Topolino. Sin dalle prime storie, negli anni '30, la creatura di Walt Disney, grazie al genio di soggettisti e sceneggiatori, nonché disegnatori, infiltra l' apparente cemento armato delle convinzioni indistruttibili, e costringe ad osservare i limiti della presunta onnipotenza dello Stato e l' inesistenza della purezza di intenzioni nei potenti. Pure Paperon de' Paperoni, con il suo cappello a cilindro, la sua tirchieria, la sua capacità di sfruttare tutto e tutti, è una miniera di ironia sottotraccia. Anche le storie di Gambadilegno e della Banda Bassotti non si risolvono mai in una esaltazione dei buoni: «L' ironia colpisce i centri del potere, e anche le istituzioni».
Tex Willer e soprattutto Kit Carson, protagonisti del fumetto western italiano, sono campioni di questa virtù del non prendersi troppo sul serio: «Drammi autentici e mosse ironiche si intrecciano indissolubilmente». Nel palcoscenico della vita non è forse la stessa cosa? Chi non vede nei fatti anche più tragici l' ironia al lavoro, e non sa tradurla in uno sguardo, in un gesto o nelle parole, talvolta nelle parolacce, perde il sugo delle cose umane.
HANNAH ARENDT
Scrive Giorello una regola che, applicata alla prima pagina di Libero, è diventata oggetto di scandalo per i nuovi parrucconi progressisti: «L' ironia può venire impiegata anche per capire i rivolgimenti più truculenti della storia». E per dar forza all' asserzione cita Hannah Arendt, finalmente evitando lo stereotipo della banalità-del-male: «Ho creduto che il solo modo di affrontare l' orrore fosse l' ironia. Perché? Perché ero così dannatamente arrabbiata, perché ciò che è successo è a stento credibile».
L' ironia è la padrona del libro di Giorello, e credo altresì della sua testa. Egli balza dai fumetti, in cui di questa qualità sottile e impertinente scopre interi giacimenti, ad una domanda: l' ironia è morta? Risponde: «Non direi defunta, ma scomparsa». Non è stata uccisa, poiché è impossibile, essa è una dimensione immortale della natura umana. La differenza è che nelle generazioni precedenti le nostre essa apparteneva al buon senso popolare.
Oggi sopravvive in isole sperdute dove campa una minuscola comunità, in alcune compagini di amici: «Piccole compagnie, perché per apprezzare l' ironia bisogna essere almeno in due». La sua scomparsa è così spiegata dal filosofo: «Se è vero, come è vero, che nella rete piuttosto che in televisione, come negli stessi rapporti quotidiani, la tendenza generale è cercare l' appoggio alle proprie idee e vivere tranquilli e sicuri nella conventicola di coloro che la pensano allo stesso modo, c' è veramente poco posto per l' ironia: essa è disturbante».
Infatti, «l' ironia è un modo di mettere in questione quei "fondamenti" che prima si credevano intoccabili». Confesso di averne avuto finora un paio anch' io, almeno nel campo della letteratura. Ritenere cioè l' Ulisse di James Joyce e l' Uomo senza qualità di Robert Musil noiosissimi, illeggibili, mattoni da citazioni salottiere come Proust.
Con la sua ironia impagabile Giorello insegna a rintracciare pagine di eternità. E l' eternità è ironica, se no che barba.
HANNAH ARENDT CON LA SIGARETTA giulio giorello vittorio feltri carlo rossella giulio giorello 2