Estratto dell’articolo di Mirella Serri per “la Stampa”
«A partire da oggi, con esclusione degli impegni già assunti che cercherò di mantenere e delle occasioni di carattere sociale e di beneficenza che non si sovrappongano al mio lavoro, vi prego di non invitarmi, convocarmi, chiedermi o pregarmi di fare cose a supporto del lavoro degli altri». Un messaggio categorico. Un post redatto su Facebook che non prevede ripensamenti. Lo scrittore Maurizio De Giovanni dice così addio al palcoscenico.
Ma attenzione: il romanziere, sceneggiatore e drammaturgo napoletano non pensa di abbandonare la scrittura, né di ritirarsi in un eremo. De Giovanni, autore delle serie sul Commissario Ricciardi, I Bastardi di Pizzofalcone o Mina Settembre,vuole lasciarsi alle spalle quel sovrappiù che oggi spesso si abbatte sugli scrittori. Vuole uscire da quel cono di luce che illumina un autore famoso e lo costringe a stare sempre in pista.
Ovvero pronto a concedersi a tutte quelle attività collaterali alla scrittura che appaiono ormai un necessario corredo per un narratore: presentare libri, fare recensioni, scrivere quarte di copertina. […] Per uno scrittore è divenuto quasi necessario intervenire a convegni, tavole rotonde, trasmissioni televisive. «Questo mi ha portato negli anni a un enorme aggravio di fatica», osserva De Giovanni che non molto tempo fa ha avuto un infarto ed è finito in terapia intensiva all'ospedale Cardarelli di Napoli. Ma la ragione di questo desiderio di abbandonare gli oneri supplementari nasce anche dalle critiche che si sono abbattute su di lui.
De Giovanni, che non si è mai risparmiato un intervento su Napoli, sulla camorra, sulle baby gang partenopee, ora denuncia che la sua generosità viene interpretata dagli odiatori del web come una forma di prepotenza e di esibizionismo. Non vuole più essere «definito in molti odiosi modi: presenzialista, tuttologo, prezzemolo». […]