MA CHE VESPRI SICILIANI FANNO ALLA SCALA? - ALBERTO MATTIOLI: “PROGRAMMARLI IN ITALIANO È SEGNO CHE SI È COMPLETAMENTE SCONNESSI DALLA REALTÀ, PERCHÉ ORMAI OVUNQUE I VÊPRES SI DANNO NELLA LINGUA IN CUI VERDI LI HA SCRITTI, IL FRANCESE. CHISSÀ, MAGARI FARANNO IN ITALIANO ANCHE LOHENGRIN O CARMEN. MA POI UN TEATRO CHE FA SEGUIRE ALLA SALOME MESSA IN SCENA DA DAMIANO MICHIELETTO (CAPOLAVORO, PER INCISO) DEI VESPRI SICILIANI AFFIDATI A HUGO DE ANA È SCHIZOFRENICO…” - I FISCHI PER I CARRI ARMATI - VIDEO

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Estratto dell'articolo di Alberto Mattioli per “Amadeus-Magazine” - https://amadeusmagazine.it/

 

alberto mattioli alberto mattioli

I Vespri siciliani visti di recente alla Scala certificano non che la linea artistica del teatro sia sbagliata, ma che proprio non c'è, e trattandosi della più nota istituzione culturale italiana mi sembra un problema che trascende le paturnie di noialtri melomani. Già programmare i Vespri in italiano è segno che si è completamente sconnessi dalla realtà, perché ormai ovunque i Vêpres si danno nella lingua in cui Verdi li ha scritti, il francese.

 

Infatti, anche le ultime produzioni italiane importanti dell'opera, a Roma e a Palermo (ed entrambe nettamente superiori a quella milanese), erano in lingua originale. E con il balletto, tagliato invece alla Scala che, chiusa nella sua bolla autoreferenziale, ignora che nel resto del mondo si è risvegliato l'interesse per il grand opéra con tutto il suo contorno spettacolare, danze comprese. Chissà, magari faranno in italiano anche Lohengrin o Carmen: sulla piazza si schiamazza.

 

i vespri siciliani la scala i vespri siciliani la scala

Ma poi un teatro che fa seguire alla Salome messa in scena da Damiano Michieletto (capolavoro, per inciso) dei Vespri siciliani affidati a Hugo de Ana è schizofrenico.

 

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Alla fine, de Ana è stato sommerso di improperi sacrosanti benché per la ragione sbagliata: non per la miseria intellettuale e tecnica del suo spettacolo, ma per averci messo i carri armati. E la Scala alla fine ha preso i fischi per la sua paura dei fischi: cornuti e mazziati, dicono a Napoli. Allora meglio il Carlo Felice che mette in scena Un ballo in maschera con una "regia" di Leo Nucci che sul programma di sala spiega che all'opera la regia non ci vuole. Un caso di negazione pirandelliana di sé stesso (ma il cachet, quello, l'avrà preso?).

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