Giampiero Mughini per Dagospia
Caro Dago, premesso che dalla comoda poltrona su cui guardo la tv non intendo fare l’esaltazione di chi combatte e cade in battaglia, ti confesso che in questa giornata il mio animo è interamente dalla parte dei soldati ucraini che stanno tenendo ancora le ultime case e gli ultimi scantinati della città di Mariupol, una città su cui la violenza della guerra si è abbattuta come su poche altre città della Seconda guerra mondiale.
Quei soldati hanno resistito sino all’indescrivibile nello stoppare una delle strade principali dell’irruzione di Putin in Ucraina. E se le sorti della guerra sono ancora tali che Putin non potrà non sedersi al tavolo della pace, lo si deve innanzitutto a loro. E dunque agli uomini del battaglione Azov, di cui so così e così ma di cui leggo tutto ciò che li riguarda.
Sul “Fatto” di oggi ho letto un articolo che li deride, che li taccia di essere dei “nazisti” punto e basta, dei nazisti loro che stanno probabilmente per essere uccisi come cani da un esercito le cui doti cavalleresche sono dubbie. Ho letto sui giornali italiani interviste a loro ufficiali che non collimavano affatto con questo ritratto. Non so, non sono uno specialista purtroppo.
So che al loro coraggio, alla loro dedizione alla causa ucraina va portato un omaggio e un rispetto. La mia memoria saluta il campione mondiale di kickboxing che faceva parte del reggimento Azov e che è morto sul campo. (Mi vengono in mente i soldati tedeschi che vennero catturati a Stalingrado. Centomila, di cui ne tornarono vivi in Germania seimila.) La guerra è spaventosa, più che questo; e non è che in ciascun frangente della guerra è facilissimo tracciare una linea di demarcazione tra i “buoni” e i “cattivi”.
Nell’aver difeso a ogni costo la loro terra, quelli del battaglione Azov sono oggi ai miei occhi dei “buoni”, degli eroi, altro che dei nazisti da indicare al pubblico disprezzo mentre stanno per essere massacrati. Di più non ne so. Mi piacerebbe che i soldati russi ne accettassero eventualmente la resa e ne rispettassero la vita. Ma forse questo accade solo in qualche libro e in qualche film. Dio mio, Dio mio, che tragedia.
GIAMPIERO MUGHINI
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