COME MAI I CINESI NON SI AMMALANO DI CORONAVIRUS? - DOPO IL CASO DI PRATO, ANCHE A NAPOLI SORGONO DUBBI: DALLA SECONDA ONDATA, L’ASL PARTENOPEA HA REGISTRATO SOLO 5 CONTAGIATI SU UNA COMUNITÀ DI 5200 PERSONE. È SOLO L’ABITUDINE AL RISPETTO DELLE REGOLE? - IL GIALLO DELLE PERSONE TORNATE IN PATRIA PER SOTTOPORSI  AL VACCINO E IL MERCATO NERO DELLE SOMMINISTRAZIONI CLANDESTINE…

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Melina Chiapparino per www.ilmattino.it

 

Il vaccino anti Covid potrebbe essere già sbarcato tra le comunità cinesi in Campania dove il mercato nero sarebbe ancora circoscritto a pochissimi “eletti”. Per ottenerlo non basterebbero solo ingenti risorse economiche.

 

Condizione indispensabile e necessaria più dei soldi, sarebbero, infatti, i giusti “agganci” con la rete della distribuzione del farmaco cinese che, ad oggi, non è commercializzato per la massa. «Siamo a conoscenza che, nell’ambito delle comunità cinesi campane, c’è stato qualche episodio riguardo l’arrivo del vaccino direttamente dalla Cina ma prendiamo le distanze da quanto accaduto in maniera clandestina e illegale», spiega Wu Zhiqiang, portavoce della comunità cinese a Napoli che dall’inizio della pandemia è impegnato in campagne di prevenzione e rispetto delle norme di sicurezza anti Covid.

 

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«Nelle ultime settimane c’è stato un passaparola nelle chat che vengono condivise tra le comunità cinesi riguardo la possibilità di far arrivare il vaccino ma sembra che siano veramente pochi ad averlo provato realmente», racconta Wu che è conosciuto da tutti come Savio.

 

«Dalle informazioni che abbiamo, il vaccino arriverebbe per posta privata ed è di semplice somministrazione, come una qualsiasi siringa ma si tratta di un’operazione complessa», spiega Savio che rappresenta anche il sindacato nazionale cinese e che sottolinea come «per disporre del vaccino sia necessaria un’ingente somma di danaro ma soprattutto la possibilità di avere conoscenze e amicizie nell’ambito del circuito di distribuzione e commercializzazione del farmaco in Cina».

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Una pratica più diffusa e decisamente legale, rispetto al vaccino comprato in maniera clandestina, è la possibilità di viaggiare e sottoporsi alla vaccinazione in Cina. «Alcuni membri delle nostre comunità in Campania, hanno avuto l’opportunità di vaccinarsi, tornando nei paesi di origine ma, anche in questo caso, non è semplice perché bisogna avere ugualmente una buona rete di conoscenze», prosegue Savio che attende la distribuzione del farmaco approvato dalla comunità europea senza rincorrere l’antidoto cinese.

 

«Il fenomeno della rincorsa al vaccino cinese si sta verificando recentemente perché, dalle notizie che abbiamo, solo il farmaco attuale ha una reale efficacia, stimata intorno al 92% - spiega il portavoce della comunità orientale partenopea - i vaccini cinesi precedenti non si sono rivelati adatti e hanno avuto un uso sperimentale senza arrivare alla vera commercializzazione e distribuzione da parte degli enti sanitari».

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In realtà, in Cina, i tempi non sono ancora maturi per l’uso di massa del farmaco secondo le notizie trapelate dai membri delle comunità cinese di Napoli e provincia. «Un paio di settimane fa, in Cina, è stato effettuato un sondaggio per raccogliere informazioni su chi volesse testare i nuovi vaccini - spiega Deng Zhe, rappresentante dell’agenzia Beijing Zhongyiukun Technology per lo studio dei cinesi all’estero - la priorità emersa, riguardava le persone che avrebbero viaggiato all’estero, compresi gli studenti ma, per il momento, il vaccino non è stato commercializzato».

 

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Dall’esplosione della pandemia di Coronavirus, il filo diretto tra le comunità cinesi a Napoli e la Cina, viaggia sulle chat che connettono circa 5000 persone registrate ufficialmente nel capoluogo campano. Sulle piattaforme delle conversazioni digitali, ultimamente, abbondano i consigli su farmaci e prodotti omeopatici da prendere per contrastare il Covid e, spesso, si tratta di prodotti che vengono acquistati direttamente in Cina.

 

«Molti membri delle nostre comunità si fanno spedire dai connazionali prodotti omeopatici e farmaci che possono essere acquistati legalmente e che servono a rafforzare il sistema immunitario», continua Wu che, ad esempio, da mesi assume dosi di estratto di aglio, conosciuto in Cina come potente antivirale e utilizzato sia in fiale che in pillole.

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Una cosa è certa: dal boom del Covid sono veramente pochi i cinesi sul territorio italiano ad essersi ammalati e i dati dell’Asl napoletana riflettono alla perfezione questa proporzione. Basti pensare che dalla seconda ondata della pandemia, l’Asl partenopea ha registrato da ottobre, solo 5 contagiati di nazionalità cinese sul totale dei 5200 censiti... Si tratta di persone comprese tra i 36 e i 58 anni, salvo un bimbo di 7 mesi, nella maggioranza dei casi asintomatici o con lieve sintomatologia e in nessuno dei casi con la necessità di cure ospedaliere. Un dato che infittisce il mistero e la domanda sul perché il numero ufficiale degli ammalati Covid sia così ridotto tra le comunità cinesi trapiantate in Italia e, in particolare, a Napoli.

 

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 La risposta al numero ridotto di contagi tra le comunità cinesi, potrebbe non escludere la pista del vaccino clandestino o addirittura contemplare l’ipotesi di difese immunitarie più strutturate per natura ma, per ora, resta un’incognita.

 

Chi è tornato in patria per sottoporsi al vaccino in Cina, però, non ha dubbi. Da una parte, infatti c’è la spiegazione della «grande attenzione dei cinesi nel rispettare le norme, non abbassare mai la mascherina e igienizzare sempre le mani»; dall’altra c’è il vaccino.

 

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«A novembre mi sono vaccinata contro il Covid-19 in un ospedale in Cina e ora sono immune - ha dichiarato all’Adnkronos Gioia Wuang, una commerciante a Roma di nazionalità cinese - sto bene, non ho avuto né febbre né dolori. Non è obbligatorio, chi vuole può farlo. Da ottobre la popolazione cinese ha iniziato a vaccinarsi contro il Coronavirus e nello Zhejiang, la mia regione, non c’è più nessun contagiato». Secondo Gioia «molti connazionali che vivono in Italia, e che sono andati in Cina per il vaccino, hanno paura di tornare qui per l’alto numero di contagi», ma nel suo caso, si è trattato di una scelta personale. «Ho fatto due punture e ho pagato 60 euro. Un mio amico, dopo aver fatto il vaccino, è andato in ospedale e ha fatto il test per vedere se aveva gli anticorpi contro il Covid-19 e ce li aveva. Il valore era 2,1». Il consiglio, allora è «di farlo a tutti - spiega - così nessuno si ammalerebbe».

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