Anna Guaita per “il Messaggero”
Una piccola luce si è accesa alla fine del tunnel della pandemia da coronavirus. La società americana di biotecnologie Moderna, del Massachusetts, ha annunciato di aver concluso positivamente la prima fase della sperimentazione di un vaccino su un gruppo di otto volontari. In un comunicato della società si legge che i soggetti «hanno sviluppato anticorpi in modo del tutto simile ai pazienti di Covid-19 che sono guariti». Inoltre il prodotto ha rivelato di essere «ben tollerato» ed efficace a dosi basse.
Siamo ancora lontani dall'avere un vaccino, ma questo primo passo è indubbiamente un successo, e lascia sperare che si possa cominciare la vaccinazione del pubblico entro la fine di quest'anno o l'inizio del prossimo. Moderna deve però ancora superare la fase due e la fase tre. La Food and Drug Administration, l'ente federale che negli Usa controlla farmaci e prodotti alimentari, ha dato alla società del Massachusetts il via libera per la seconda fase, che verrà effettuata a luglio su un campione di 600 volontari.
La terza fase serve in genere a fotografare l'effetto del prodotto su una fetta molto vasta ed eterogenea della popolazione e per periodi prolungati, e infatti di solito interessa decine di migliaia di individui e richiede fino a tre anni di tempo. Moderna, che fa parte del progetto Warp Speed lanciato dall'amministrazione Trump per accelerare la ricerca, non avrà bisogno di test così lunghi e particolareggiati.
E' probabile che possa cominciare la terza fase già all'inizio di settembre e che la comprima entro pochi mesi. Se tutto andasse bene, il vaccino mRNA1273 potrebbe andare in produzione fra sei-otto mesi. Nell'attesa Trump ha sorpreso tutti affermando che da circa due settimane assume clorochina come preventivo dell'infezione da coronavirus. La clorochina è un farmaco antimalarico, che Trump da tempo sostiene essere utile contro il virus nonostante non ci siano prove scientifiche che ciò sia vero.
AMERICA FIRST?
Lo scorso aprile, Donald Trump si è tenuto lontano dal lancio dell'iniziativa Risposta Globale al Coronavirus, che propone un «accesso equo» a farmaci, vaccini, e difese contro il coronavirus in tutto il mondo. E non sembra che gli Usa parteciperanno all'appuntamento virtuale sui vaccini convocato dalla Gran Bretagna il prossimo 4 giugno. In genere nel passato a decidere come diffondere un vaccino è stato l'Advisory Committee on Immunization Practices, un comitato parte dei Centers for Disease Control.
E la pratica è stata di immunizzare i propri cittadini più fragili ed esposti, e poi condividere il farmaco con il resto del mondo, a prezzi abbordabili. Se Trump dovesse scegliere America First anche sul fronte del vaccino si discosterebbe dai passati presidenti. Basti ricordare che George Bush junior ad esempio può vantarsi di aver contribuito a salvare la vita di 13 milioni di adulti sieropositivi e di oltre due milioni di bambini in 50 Paesi, ai quali ha garantito il necessario rifornimento di farmaci antiretrovirali made in Usa.
Donald Trump ha invece deciso di tagliare i fondi all'Organizzazione Mondiale della Sanità, accusandola di essere troppo vicina alla Cina, e non ha offerto di condividere con il resto del mondo gli eventuali successi della ricerca Usa. Non deve sorprendere che il collega cinese Xi Jinping approfitti del nazionalismo sanitario di Trump per andare al contrattacco e proporsi invece come un novello salvator mundi, con l'offerta non solo di aumentare i propri finanziamenti all'Oms fino a 2 miliardi di dollari (dagli attuali 50 milioni), ma anche di rendere un eventuale vaccino scoperto in Cina «un bene pubblico mondiale».