LA RETTIFICA DELL'ORDINE DEGLI AVVOCATI DI ROMA:
Egregio Direttore,
in nome e per conto dell’Ordine degli Avvocati di Roma, il cui Consiglio mi ha espressamente incaricato di richiedere quanto in oggetto giusta delega che allego alla presente, rappresento che nell'articolo pubblicato in data 13 febbraio 2023 sulla pagina del Vostro quotidiano on line https://www.dagospia.com/rubrica-29/cronache/giustizia-italiana-si-fa-ridere-dietro-ndash-sequestro-40-342519.htm avente titolo "E LA GIUSTIZIA ITALIANA SI FA RIDERE DIETRO – IL SEQUESTRO DEI 40 MILIONI DI EURO ALL’AVVOCATO DEGLI INVALIDI RAFFAELE GERBI (ACCUSATO DI INTASCARSI IL 70% DEI RISARCIMENTI, MA LUI SI DICE “ESTRANEO AI FATTI)", a firma redazionale rielaborando un articolo di Luigi Ferrarella del “Corriere della Sera”, sono riportate notizie ed affermazioni contrarie a verità e gravemente lesive della dignità, della reputazione, del decoro e della probità dell’intera classe forense, in particolare di quella capitolina.
Nel merito si lamenta la manipolazione della notizia di cronaca che ha riguardato un’indagine relativa ad asserite truffe in danno di soggetti “invalidi” commessi da un consulente assicurativo di cui, nell’articolo, veniva riportato nome e cognome (Raffaele Gerbi) ma che impropriamente veniva definito “avvocato” esperto in risarcimenti ai grandi invalidi che avrebbe, in ragione della propria qualità, raggirato numerosi soggetti vulnerabili, “sprovveduti di diritto e indotte a sottoscrivere con i legali patti sbilanciati di «quota lite»”.
A tal riguardo, nell’adempimento del mandato ricevuto, sono a richiedere l’immediata rettifica della notizia indicando con forme, termini e visibilità adeguata, precisando che il soggetto indagato NON è avvocato, non è iscritto ad alcun albo professionale nel territorio della Repubblica italiana, tantomeno nell’Albo tenuto dal Consiglio dell’Ordine di Roma, non è abilitato né esercita la professione forense come facilmente verificabile attraverso la ricerca nominativa presso i registri del Consiglio Nazionale Forense (https://www.consiglionazionaleforense.it/web/cnf/ricerca-avvocati) e presso quello dell’Ordine di Roma (https://sfera.sferabit.com/servizi/alboonline/index.php?id=1118).
Parimenti si chiede di precisare la liceità dell’istituto del “patto di quota lite” stipulato tra cliente e avvocato nel rispetto della legge, rappresentato invece nell’articolo come uno strumento ingannatorio di cui gli avvocati disporrebbero per truffare e raggirare i propri clienti, così offendendo, calunniando e svilendo l’attività difensiva dei singoli professionisti e l’intera categoria forense.
A tutela della categoria degli avvocati romani e dell’intero ordine professionale si insiste nell’istanza di rettifica che l’indagato non è appartenente alla categoria forense nonché nella precisazione dell’esatto funzionamento dei c.d. “patti di quota lite”, con preghiera di pubblicazione, ai sensi dell’art. 8 della Legge n. 47 dell'8 febbraio 1948 a mezzo del dovuto rilievo.
Cordiali saluti.
Avv. Angelo Di Lorenzo
Estratto dell’articolo di Luigi Ferrarella per il “Corriere della Sera”
Galeotto il mese di agosto. Che sbriciola il sequestro due mesi fa, al 58enne consulente legale romano Raffaele Gerbi, di 40 milioni di euro di maxi-risarcimenti assicurativi truffati secondo l’accusa ai suoi clienti gravemente invalidi in incidenti stradali: l’errore di 30 giorni nel calcolo della sospensione feriale dei termini processuali, rilevato ora dal Tribunale del Riesame nella tempistica con la quale nel 2022 la Procura di Milano chiese (e l’Ufficio gip concesse) la proroga delle indagini nel procedimento iscritto per associazione a delinquere, determina l’inutilizzabilitá delle prove raccolte successivamente alla proroga fuori tempo.
Un k.o. che arriva, paradossalmente, nonostante proprio il Tribunale del Riesame in altri sette provvedimenti — su precedenti ricorsi di Gerbi e coindagati che non avevano posto la questione — avesse già confermato i gravi indizi di truffa, nell’ambito di una pur lecita attività di assistenza legale a vittime di macrolesioni psicofisiche, sino al 70% dei 68,5 milioni di indennizzi liquidati a persone vulnerabili, sprovvedute di diritto e indotte a sottoscrivere con i legali patti sbilanciati di «quota lite».
Per comprendere perché queste prove adesso diventino inutilizzabili bisogna ritornare al 15 giugno 2022, quando l’allora gip milanese Carlo Ottone de Marchi (poi trasferitosi a Monza), di fronte alla prima richiesta dei pm di sequestrare i soldi aveva additato loro il bisogno di una integrazione probatoria medico-legale per documentare se le lesioni fossero vere e i risarcimenti proporzionati o strapagati dalle assicurazioni: indicazione recepita dal pm Carlo Scalas con il procuratore aggiunto Laura Pedio, dopo aver chiesto e ottenuto dal subentrato gip Cristian Mariani la proroga delle indagini. Solo che le indagini — rileva ora il Tribunale del Riesame negli annullamenti adottati dalle giudici Alonge, Ambrosino, Cucciniello e Pendino — erano scadute già da un mese nel momento in cui ne era stata chiesta dai pm la proroga.
Perché? Sembra di capire che i pm (e a ruota il gip) siano stati tratti in inganno dalla regola generale per la quale lo scorrere dei termini di durata massima delle indagini (sei mesi prorogabili di altri sei) resta sospeso durante il periodo feriale che va dall’1 al 31 agosto, e non abbiano invece tenuto presente l’eccezione che alla regola generale sottrae i procedimenti di criminalità organizzata, tra i quali una sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione ha annoverato appunto anche l’associazione a delinquere semplice, e per i quali dunque i 31 giorni di agosto andavano calcolati lo stesso. […]