Anna Paola Merone per il “Corriere della Sera”
L' Italia che riapre e l' Italia che invece protesta. Un 18 maggio mica felice per tutti.
Da Nord a Sud, operatori in piazza e botteghe chiuse, numerose le categorie rappresentate e un unico denominatore: l' ansia per il domani che si annuncia cupo.
Cominciamo da Napoli, dai leggendari presepiai di San Gregorio Armeno, celebri in tutto il mondo: «Io non apro, senza aiuti le botteghe muoiono», questa la scritta comparsa ieri mattina sulle saracinesche chiuse della strada dei pastori. Per la prima volta in tanti anni i 63 pastorai sono d' accordo fra loro: «Siamo pronti ad andare avanti almeno fino a quando il governatore Vincenzo De Luca non ci ascolterà», avverte Marco Ferrigno, uno di loro, durante il flashmob organizzato. In tempi più spensierati, bisognava istituire dei sensi unici pedonali per gestire la ressa dei visitatori. Oggi, invece, neanche l' ombra di un turista. Anche i bar, le pizzerie e i b&b lungo la strada sono desolatamente vuoti. «San Gregorio Armeno è tutelata dall' Unesco - conclude Ferrigno -. Ci diano almeno i fondi per salvare la stagione».
protesta dei commercianti in piazza san pietro 7
La protesta è durata ore anche in piazza della Scala, davanti alla sede del Comune di Milano, con gli ambulanti sul piede di guerra per chiedere di riaprire al più presto. Se ne sono andati solo dopo aver ottenuto la garanzia che i 96 mercati scoperti riapriranno «tutti al massimo entro il 25 maggio». Lunedì prossimo.
Ma il disagio viaggia lungo tutta la penisola. Nei centri storici delle città turistiche, le saracinesche di molti ristoranti restano abbassate, persino l' edicola di Giovanni in piazza Duomo a Milano che prosegue la serrata «perché non passa quasi più nessuno». Riemergere da un lockdown di quasi 10 settimane è un' impresa durissima: «Che ci faccio con gli incassi di 10 persone in un giorno?
Non ci sono le condizioni per riaprire, la gente ha ancora troppa paura», racconta Pietro Lepore, il titolare dell' Harry' s Bar , storico locale di via Veneto, a Roma, una volta simbolo della Dolce vita. Ora, invece, le sedie restano malinconicamente capovolte sui tavolini. Numerosi, nella Capitale, i commercianti che ieri hanno deciso uno sciopero simbolico di un giorno contro gli «aiuti insufficienti» per fronteggiare bollette, affitti e merce nei magazzini da smaltire. Secondo Gianfranco Contini, rappresentante de «La Voce dei locali di Roma», il 90% dei ristoranti del centro storico non riapriranno subito, almeno finché non torneranno a pieno regime gli hotel. Ma sarà dura, senza turisti. I titolari di alcuni alberghi addirittura hanno sigillato le porte scorrevoli per difendersi dal rischio di occupazioni abusive: «In periferia - raccontano - è già successo».
E pure a Cosenza i ristoratori hanno scelto di trascorrere il primo giorno di fase 2 protestando davanti al palazzo comunale, per sottolineare la necessità di ottenere aiuti economici e sospensione di tributi. Tra loro anche alcuni gestori di bar. Infine, in Sicilia sono in fermento i balneari per la stagione ancora sospesa, dopo l' ultima ordinanza del governatore Nello Musumeci: «Noi dal primo giugno abbiamo delle prenotazioni - lancia l' sos Antonello Firullo, portavoce della categoria nel ragusano -. Le perderemo se non ci aiutano».