FAUSTO CARIOTI per Libero Quotidiano
Tutto nello Stato, nulla al di fuori di esso. Con la stessa determinazione messa in campo per abbandonare a se stessa l'economia privata, i Cinque Stelle si dedicano all'aumento del numero di italiani stipendiati dallo Stato. Senza porsi la più ovvia delle domande: se tutti campano a carico delle casse pubbliche, queste chi le riempie? Il risveglio sarà dolorosissimo. L'ultima è l'infornata di bidelli e segretari - pardon, personale Ata, ovvero amministrativo, tecnico e ausiliario.
L'ha promessa la solita Lucia Azzolina, intervistata sul Messaggero di ieri. «Ci sono tre cose da fare», ha detto al quotidiano romano, «per garantire il distanziamento: migliorare e recuperare spazio dentro agli istituti, individuare nuovi locali fuori da scuola, avere più docenti e personale Ata».
Ha aggiunto che adesso «ci sono i soldi», nientemeno che 3,3 miliardi di euro, e le sue parole fanno capire che sa già come spendere quel "tesoretto": quasi tutto in nuovi stipendi e poco o nulla in investimenti, ovvero tecnologia, attrezzature e ammodernamenti destinati a durare. Un copione che la scuola italiana conosce bene.
Notare che gli alunni sono in continua diminuzione, a causa del vecchio problema della denatalità. Nel prossimo anno scolastico sono previsti 85mila studenti in meno, che su un totale di 8,4 milioni (7,6 milioni alle statali, gli altri alle paritarie) significa un calo dell'1%. Nonostante ciò, a maggio Azzolina e il ministro dell'Economia, Roberto Gualtieri, avevano messo per iscritto che il numero dei collaboratori scolastici, ovvero dei bidelli, sarebbe rimasto a quota 131.143, la stessa dell'anno 2017-18, quando c'erano 200mila iscritti in più.
Questo prima delle ultime promesse, grazie alle quali l'organico dei non docenti farà un ulteriore balzo, poiché i nuovi arrivati non si limiteranno a rimpiazzare coloro che andranno in pensione a settembre. le richieste I sindacati sostengono che per seguire quel 15% di alunni che a causa delle regole post-Covid dovrà essere ricollocato serviranno 160mila docenti in più e altri 40mila dipendenti Ata, che in totale ora sono 203.360 e diventerebbero, dunque, quasi 245.000.
La Azzolina non arriverà a tanto e dovrebbe limitarsi ad assumere 50mila persone in tutto, ma incrementerà comunque i ranghi di quello che già adesso è un esercito, nel vero senso della parola: il solo corpo dei bidelli conta 23.000 appartenenti in più rispetto all'Arma dei carabinieri, i quali sono 108.000 e vedono il loro numero ridursi negli anni, evidentemente perché ritenuti meno utili dei bidelli. Le solite, prevedibili differenze geografiche completano il quadro:
nelle scuole statali lombarde e venete ci sono 16 bidelli ogni mille studenti, in quelle calabresi 22, e anche questo fa capire a cosa serve davvero la scuola statale, almeno per chi la gestisce. sfrattati Impegnati a pianificare assunzioni e a cercare d'ingraziarsi i dipendenti (ieri la Azzolina si è vantata perché il suo ministero ha accolto il 55% delle richieste di mobilità presentate dagli insegnanti), il ministro e i suoi collaboratori non hanno la minima idea di dove collocare i ragazzi, 1,2 milioni in tutto, che il 14 settembre saranno sfrattati a causa della necessità di mantenere un metro di distanza tra le «rime buccali».
L'ultima pensata consiste nel ricavare aule provvisorie dalle palestre delle scuole: oltre a impedire lo svolgimento delle normali ore di educazione fisica, questo renderebbe impossibili gli allenamenti e le gare dei tanti atleti che nel pomeriggio usano quegli impianti. Fatti i primi calcoli, i presidi hanno avvertito che il 20-30% degli istituti necessita ristrutturazioni interne e hanno chiesto al governo «interventi tempestivi fin da subito». Di certo, in poche settimane, dovranno essere recuperati edifici dismessi, trovati e adeguati cinema, musei e teatri.
Dovranno essere acquistati milioni di banchi singoli. Così, mentre la Francia ha già riaperto le scuole, in Italia ancora non si sa cosa accadrà. Ed è difficile non preoccuparsi quando la Azzolina annuncia che «a settembre si sperimenteranno forme di didattica innovative», perché «insegnare non è solo fare lezioni frontali e nozionismo». È proprio questa la mentalità che ha rovinato la scuola, ma si può sempre fare di peggio.