Carlo Tecce per https://espresso.repubblica.it
Le frasi fatte e le vite sfatte. Altroché: la prima impressione conta. Il professor Pasquale Stanzione, presidente del Garante per la protezione dei dati personali, più sbrigativamente chiamato Garante della privacy, potrebbe tenere una lezione sulla prima impressione con protagonista sé stesso. Era in una sala di Palazzo Chigi col premier Mario Draghi. Era di maggio.
Alessandro Goracci e giuseppe conte
Stanzione fu accolto con il giudice Fabio Mattei, segretario generale del Garante della privacy, già capo dell’influente Associazione nazionale dei magistrati amministrativi. Nato nel borgo sannita di Solopaca nel ’45, Stanzione ha insegnato 36 anni Diritto privato all’università di Salerno e però ha scarsa familiarità con i protocolli romani. Invece Mattei ha più volte visitato Chigi ai tempi di Giuseppe Conte e si intratteneva a lungo nelle stanze di Alessandro Goracci, il capo di gabinetto, il caso zero dei contiani.
Che piacere. Il piacere è nostro. Prego, vi potete accomodare laggiù. Grazie, prendiamo un caffè ristretto e un goccio d’acqua. Smaltiti i convenevoli di un incontro istituzionale, Draghi era curioso di sapere perché a ogni bozza di provvedimento oppure a ogni lieve indiscrezione, come accaduto per il certificato vaccinale o il decreto riapertura, il Garante per la protezione dei dati personali, o meglio il Garante della privacy, con grande slancio si impegnava a redarguire il governo, a denunciare che ci fosse un rischio alto, un pericolo concreto, una minaccia per i cittadini. Una calamità.
Stanzione ha argomentato le sue ragioni con indubbia capacità cattedratica, supportato dai riferimenti normativi di Mattei. E poi ha estratto da una tasca che stava per traboccare sin dal principio un elenco di richieste necessarie, inderogabili, per permettere al Garante della privacy di funzionare.
Al punto primo c’era una questione dirimente: l’organico. Caro Draghi, le cose da fare sono troppe e la gente è poca. Oggi la legge fissa il limite a 162 dipendenti a tempo indeterminato e 20 a tempo determinato e il Garante dispone di 134 fra le varie tipologie di contratto. Stanzione ha subito precisato che non intende eguagliare il livello tedesco che ne ha 700 o 800 (ancora li stanno calcolando) e neppure quello francese, ma il governo, se vuole un Garante solerte, efficiente e, ci si immagina, sorridente, autorizzi almeno 100 assunzioni per la modica spesa di circa 15 milioni di euro all’anno.
Al punto due c’era un intervento contro le discriminazioni: lo stipendio. Come ben illustrato da Mattei, i 134 dipendenti del Garante della privacy sono sparuti e pure disgraziati: percepiscono soltanto l’80 per cento degli emolumenti dei colleghi dell’Autorità per le comunicazioni. Per colmare il divario, poiché il costo dei redditi da lavoro è di 21,2 milioni di euro, cioè 158.000 cadauno, al governo bastano 5 milioni e una manciata di euro.
Al punto terzo c’era una piaga sociale: il compenso. La retribuzione di Stanzione raggiunge il limite di 240.000 euro, però gli altri componenti del collegio si fermano a 160.000. Inaccettabile. Se non proprio degradante. Stanzione ha posto il problema e ha fornito la soluzione: con una ventina di milioni all’anno, da infilare nella prossima legge di Bilancio o prima, con un altro espediente, il governo ha l’occasione di ammodernare il Garante della privacy. Draghi ha ascoltato con pazienza.
Il bizzarro colloquio di Palazzo Chigi ha confermato i contrasti, non li ha provocati, forse li ha acuiti. Il Garante della privacy si era già esercitato con una feroce accusa al governo col documento pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 23 aprile 2021, una sorta di ammonimento collettivo dopo l’approvazione del decreto riaperture per la pandemia che ha introdotto la carta verde (green pass) per i vaccinati con una dose, i testati negativi o i guariti entro sei mesi.
Garante per la protezione dei dati personali
Il Garante aveva sollevato diverse obiezioni: mancata consultazione, principi di esattezza, principi di trasparenza, principi di conservazione, principi di integrità, principi di riservatezza. Per il governo è sbagliato l’approccio: il Garante della privacy dovrebbe concentrarsi sul trattamento dei dati personali e non sindacare le finalità di una legge e cioè valutare se occorre un controllo per il ristorante o per il cinema o se la vaccinazione completa sia essenziale per una festa di matrimonio.
Invece il collegio reclama un controllo preventivo sui testi di legge che riguardano le materie di sua competenza. La reciproca diffidenza si riflette sul piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) che secondo il governo, ancora di più secondo il ministero dell’Innovazione di Vittorio Colao, è rallentato sui temi del digitale proprio dal Garante. Per esempio, le amministrazioni nazionali e locali sostengono che per un semplice parere - quelli di impatto sulla privacy - ci sia bisogno di 14 settimane. Il termine massimo.
Anche il Garante è un’autorità indipendente. E come le altre, spesso, è diversamente indipendente dalla politica. La formazione del collegio è di un anno fa. Un’epoca fa. A Stanzione si deve il coraggio di essersi candidato per un mandato settennale superato il traguardo dei 75, che in Vaticano, per i dettami di Paolo VI, implica la pensione.
La maggioranza giallorossa, nei calcoli sempre sbagliati della lottizzazione, premiò Stanzione non soltanto per la sua lodevole carriera accademica, ma per una caratteristica unica nel cesto dei papabili: era il più anziano, e di ben due anni rispetto al senatore Ignazio La Russa di Fratelli d’Italia, un classe ’47, un tardo adolescente. Nel mezzo della pandemia, dunque, mentre stavano lì a organizzare il proprio futuro e quello degli italiani con spirito avveniristico, Pd e 5s hanno piluccato Stanzione per fregare La Russa.
ignazio la russa foto di bacco (1)
A Fratelli d’Italia, per le vecchie dinamiche di centrodestra, comunque spettava una poltrona. La scelta era politica e un politico hanno scelto: il piemontese Agostino Ghiglia, già deputato di Alleanza Nazionale, già assessore regionale, già non rieletto in due elezioni, già pupillo di Giorgio Almirante nel Msi, già dirigente del Fronte della Gioventù, già un ragazzo che negli Ottanta le ha date e le ha prese e una volta si è beccato una condanna di nove mesi senza condizionale per un’aggressione a due studenti liceali e poi, dice, ha ottenuto la riabilitazione.
Nel folto curriculum di Ghiglia, però, non si notano particolari attitudini giuridiche per ricoprire il posto che ricopre seppur con la paga non ancora adeguata ai 240.000 euro. In onore delle frequentazioni gialloverdi, chissà, la Lega di Matteo Salvini ha indicato Ginevra Cerrina Feroni, baronessa, amica di Conte, docente di Diritto costituzionale all’università di Firenze.
Cerrina Feroni è diventata la costituzionalista di riferimento dei leghisti e con la stessa disinvoltura di Salvini e, come se già fosse giudice alla Consulta e non la vicepresidente del Garante della privacy, emana concise sentenze su Twitter. Nell’ultimo dispositivo criticava l’estensione francese della carta verde (green pass) per i «gravissimi effetti sui diritti e sulle libertà». Conclude la quaterna secca, l’avvocato Guido Scorza, tecnico di area, adesso area Cinque Stelle, esperto di tecnologie, ma anche di privacy.
Stanzione viene attribuito al Pd di Nicola Zingaretti e conosce da sempre l’avvocato Guido Alpa, il mentore di Conte. E quindi chi vede in Conte il più insidioso oppositore di Draghi vede nel Garante della privacy un suo riflesso. Oltre le maldicenze, il collegio di Stanzione si ritrova in un momento catartico per il ruolo che svolge, ovunque ci sono dati personali e informazioni delicate da tutelare. Il domani è arrivato presto.
Appena insediato, il collegio di Stanzione ha ricevuto in dote dai predecessori il nuovo logo (4.000 euro) che si distingue dal passato per la presenza di due quadrati arancioni fra le lettere dell’acronimo Gpdp. Con una serie di contratti in affidamento diretto, tranne un vecchio bando per un ordine di arredi per 70.000 euro, il Garante della privacy ha restituito dignità e decoro all’istituzione. Il 20 ottobre ha varato il restauro di una scrivania in radica di noce, una scrivania neorinascimentale, un tavolo per le riunioni e un mobiletto non meglio identificato per spazi comuni e per lo studio della vicepresidente Cerrina Feroni. Il decapaggio è costato 3.450 euro.
Il 26 ottobre, ancora la vicepresidente Cerrina Feroni, constatata la «vetustà dei tendaggi», ha conquistato un rinnovo della tappezzeria, con tessuto sintetico però, al contenuto prezzo di 4.530 euro. Il 2 novembre, giorno dei morti, il Garante della Privacy ha risposto all’urgenza di registrare un filmato istituzionale per «sensibilizzare l’opinione pubblica» sul trattamento dei dati personali, anche se in quelle settimane la sensibilità era rivolta altrove e gli italiani erano impauriti e sigillati in casa per il coprifuoco.
Con 32.500 euro, e senza il bisogno di indire gare perché le deroghe per la pandemia lo consentono, il filmato s’è fatto e di qualità cinematografica. Ignoti gli occupanti di due sedie direzionali, stile presidenziale, acquistate a dicembre per 948 euro. A marzo, però, il Garante della privacy si è fiondato nel presente e ha aperto un profilo su Twitter.
Per la gestione annuale ha chiamato una società esterna per 60.000 euro. Quasi a metà del lavoro, il Garante ha 3.700 iscritti: la media è di 16 euro per raggiungerne uno. La prossima volta conviene chiedere aiuto alla vicepresidente Cerrina Ferroni, che ne ha il doppio, oppure invitarli in pizzeria. Anche i non vaccinati.