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mario draghi alla parata del 2 giugno 2022
Dopo mesi di tribolazioni, tensioni e propositi di dimissioni, Mario Draghi vive uno stato di imperturbabile grazia. E’ sereno come un pisello nel suo baccello. Nulla lo scuote, niente lo tocca. Se ne fotte dei capricci dei partiti, con le loro beghe elettorali. Né lo agitano le polemiche seguite al finto scoop del “Corriere” con la suggestiva quanto tarocca lista di proscrizione dei “putiniani d’Italia” (che aveva nel mirino Gabrielli).
mario draghi alla parata del 2 giugno 2022
Mariopio guarda dall’alto in basso l’appuntamento del 21 giugno quando leggerà le sue comunicazioni in vista del Consiglio europeo sulla guerra e la maggioranza dovrà votare in Parlamento una risoluzione comune sull’invio di armi all’Ucraina, posizionamento internazionale e accordi presi con Nato e Ue.
E’ tranquillo perché sa benissimo che non ci sarà nessuna crisi di governo: né Salvini né Conte daranno sfogo alle loro mattane da Tso. Tutti resteranno, sbraitando di tanto in tanto, allineati e coperti.
La ragione è semplice: uscire dalla maggioranza e far cadere il governo Draghi potrebbe significare doversi ritrovare (visto che Mattarella non vuole elezioni anticipate) a dover mettere mani e faccia sulla prossima legge finanziaria. Che, come tutti immaginano, sarà spinosissima.
Qualcuno ha voglia di cimentarsi? Qualcuno ha competenze, reputazione e credito internazionale come Draghi da usare per mettere i conti in ordine del bordello Italia? Ovviamente no. Quindi staranno tutti abbaianti ma senza mordere, piuttosto impegnati a programmare le prossime ferie d’agosto.
Draghi lo sa e dorme sereno, pronto a lasciare Palazzo Chigi all’inizio del 2023 con il voto politico. E si farà vanto del piano Pnrr. Certo, Mariopio ha fatto un gran lavoro: ma lascia un piano ben impostato e definito solo sul lato progettuale ma non sull’implementazione: sulla messa a terra delle opere finora s’è visto poco o nulla…
roberto garofoli foto di bacco (1)
Se Mariopio se ne fotte, quelli che si agitano sono gli uomini del “cerchio magico” che si è costituito intorno a Draghi dal suo avvento a palazzo Chigi. Tutti sudano freddo in vista del loto futuro: dall’autorità delegata Gabrielli all’ad di Cdp Scannapieco, dall’ad Rai Fuortes al sottosegretario Garofoli, dal capo di gabinetto Funiciello al consigliere economico “so-tutto-io” Giavazzi.
Lor signori sanno che un secondo dopo l’uscita di Draghi da Palazzo Chigi, i partiti che si riprenderanno il potere li prenderanno a calci nel culo e i loro incarichi e stipendi andranno a farsi benedire.
Non è un caso che lo scorso anno sia stato proprio il “cerchio magico” a spingere Draghi a coltivare la demente ambizione di salire al Quirinale: i fedelissimi avrebbero avuto altri 7 anni di stipendio e “protezione”.
Che ci sia un’aria pesantuccia per la truppe draghiane è certificato dalle prime velate critiche. Nel mirino è finito, ad esempio, Franco Gabrielli con il finto scoop del “Corriere” sui putiniani.
Vuoi vedere che qualcuno avanzerà dubbi e perplessità anche verso la sua strategia per la cybersicurezza, troppo vulnerabile come si è visto dopo gli attacchi degli hacker di Killnet all’Italia (Poste, Ferrovie, Sanità)? Ah, saperlo…