HEIL, ANGELA! PER “DER SPIEGEL” E MOLTI SCRITTORI LA CANCELLIERA SOFFRE DEL “COMPLESSO NAZISTA” PRESENTE NELLE GENERAZIONI TEDESCHE E CIÒ NON CONSENTIREBBE LA CRESCITA POLITICA DELLA GERMANIA IN EUROPA (E MENO MALE: GIÀ DOMINANO IL CONTINENTE)
Diana Zogno per “Libero Quotidiano”
Angela Merkel coi baffetti alla Hitler, Angela Merkel su un carro armato diretto a sud, Angela Merkel vestita da Ss e così via. Sono decine e decine le caricature comparse negli ultimi mesi sulla stampa internazionale, che rimandano ai vecchi fantasmi della Germania. Varoufakis li ha rievocati parlando delle aspirazioni di dominio dei tedeschi sull'Europa meridionale e Manolis Glezos, ex partigiano, oggi europarlamentare per Syriza, ha visto cosa accade quando i tedeschi puntano al predominio dell'Europa e dice che sta succedendo di nuovo.
C’è perfino chi parla di «quarto Reich» tedesco. Ma è davvero così? La Germania sta tornando alla sua antica tendenza egemonica? Il settimanale tedesco Der Spiegel lo nega, con un lungo articolo, rimbalzato sui social. In copertina la cancelliera sorridente, in uno dei suoi completi color pastello, le mani giunte verso il basso, mentre sullo sfondo compaiono sette ufficiali nazisti di spalle al Partenone. Provocazione? Senz’altro.
Ma su una cosa Der Spiegel centra il problema, toccato, recentemente, anche dal capo delle ricerche al Consiglio europeo per le relazioni estere, Hans Kudnani, nel suo libro The Paradox of German Power: la Germania di oggi è un «egemone riluttante». La Cancelliera, infatti, come leader europeo si è dimostrata molto cauta.
Il potere che esercita è sempre un potere a metà, totalmente focalizzato sullo stato tedesco, mentre per gli altri si è limitata a stabilire regole, senza creare incentivi di sviluppo economico con cui coltivare un vero progetto Europa. Questo atteggiamento defilato trova conferma nel fatto che, nonostante abbia dominato economicamente l’Europa durante l’eurocrisi, la Germania è rimasta un nano dal punto di vista delle politiche estere.
Basti pensare alla sua astensione, nel marzo 2011, al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, per il voto sull’intervento NATO in Libia. E in questa «astinenza» militare i vecchi demoni nazisti, c’entrano eccome.
Lo sa bene Angela Merkel, il cui padre fece parte della Gioventù Hitleriana, come lo sa ogni tedesco della sua generazione, quelli che Kohl definì come «fortunati, per essere nati dopo», dopo il crollo del regime nazista, dopo il furore ideologico e dopo lo scoppio della bolla di sangue in cui per più di un decennio, una nazione intera aveva vissuto.
I “nati dopo” rivendicarono sempre con grande convinzione questa loro fortuna. La sbatterono in faccia a chi li accusava di essere figli di amministratori della morte e, almeno in apparenza, non si mostrarono mai molto interessati a indagare il passato.
merkel contro l'antisemitismo 1
Piuttosto, preferirono mantenere buoni rapporti coi propri genitori senza chiedere troppo. Dopotutto, come dichiarava nel 1967 Uwe, un sedicenne di Stoccarda, «A casa parliamo di tutto. Scuola, carriera, sesso, tranne di quel passato. Ci sono delle cose che vorrei sapere. Ma come faccio a chiederlo a mio padre? Esiste una cosa chiamata lealtà».
La storica britannica Gitta Sereny, testimone diretta della furia nazista, sottolineò già nel 2002, come fosse proprio questa lealtà, a cementificare un’alleanza intergenerazionale tra i nati dopo la fine del Reich e la generazione dei loro padri, che il regime lo aveva vissuto davvero e dopo la sua fine, voleva solo far finta che non fosse mai esistito. Le uniche voci che squarciarono il velo di indulgente oblìo furono quelle dell' ultima Gioventù Hitleriana: i bambini, che, per ultimi, erano stati educati secondo i dogmi della croce uncinata, ma avevano anche assistito al loro crollo.
Furono gli unici ad avere il coraggio di affrontare il passato, perchè da un lato, data l’età, erano irresponsabili rispetto ai crimini commessi e dall’altro, avevano avuto esperienza diretta del regime totalitario e non potevano dimenticare. Tra loro troviamo nomi di spicco, come la scrittrice Christa Wolf, il premio Nobel Gunter Grass, ma anche i protagonisti del '68 e gli stessi terroristi della R.A.F.
Chi scrivendo, chi lanciando bombe, tutti loro affrontarono le proprie origini, le raccontarono e cercarono di porre rimedio alla colpa storica. Ma queste furono voci fuori da un coro di silenzio. Per il resto, i tedeschi tutt'oggi affrontano con difficoltà i rimandi al passato. Non ne parlano e, se ne parlano,è sempre con imbarazzo e fastidio. Pure il ministro delle Finanze Schaeuble vede nella continua minaccia d’inflazione un drammatico ritorno a Weimar.
I giovani si sentono giudicati per qualcosa che non hanno fatto e alzano uno scudo. Ma non avendo affrontato la loro «macchia» di popolo, ne restano vittime, come sottolinea anche il professore di Storia contemporanea all’Università di Modena e Reggio, Leonardo Paggi, nella sua raccolta La memoria del nazismo nell'Europa di oggi. E Angela non è da meno, anche lei va avanti, combatte con l'austerity i Paesi che la minacciano, ma quando deve prendere davvero in mano le redini dell'Europa, arranca, retrocede, come se qualche vecchio fantasma le sussurrasse all’orecchio che è meglio evitare. Visti i danni dell'ultima volta.