Francesco Persili per Dagospia
“Spero che tu non faccia le radiocronache come giochi a carte”. Lo scopone non è mai stato il punto forte di Riccardo Cucchi. Lo scoprì, a sue spese, anche Sandro Ciotti sul volo di ritorno dalla finale di Coppa Campioni che il Milan di Capello aveva vinto sul Barcellona per 4-0. In compenso, la sua inconfondibile voce per 35 anni ha contribuito a scandire, e a scolpire, la storia di “Tutto il calcio minuto per minuto”.
A un anno e mezzo dall’ultima radiocronaca, Inter-Empoli a San Siro, Cucchi ha dedicato alla radio e al calcio “un atto d’amore” in forma di libro, “Radiogol” (Il Saggiatore, pagine 269). “Non è un’autobiografia - spiega il giornalista Rai a "Dagospia" - ma un libro di narrativa, una serie di racconti in cui però personaggi e partite sono reali”.
Romanzo popolare in presa diretta. Un viaggio tra le parole (“Più breve sei, più bravo sei”, secondo la regola aurea di Mario Giobbe) e i ricordi di quelle domeniche messe in musica da Lucio Dalla a vedere “le partite contro il muro e non allo stadio”. Ancelotti dice: "A me piace la radio. Il calcio è più emozionante se lo ascolti”. Ma siamo nel tempo delle pay tv e del calcio spezzatino.
“Eppure anche oggi la radio si può ritagliare uno spazio importante - spiega Cucchi - Non terrà come un tempo incollati alle radioline 25 milioni di appassionati ma ha una sua funzione specialmente ora che le partite sono distribuite in diverse fasce orarie nel fine settimana. Diventa impossibile seguirle tutte dal divano. E negli spostamenti può tornare utile la radiocronaca”.
Scorrono storie, battute e aneddoti memorabili. “Ma si può essere più coglioni di così?, esclamò Enrico Ameri, esasperato dall’ennesima interruzione di Ciotti. Dualismo alla Coppi e Bartali. “Ameri era trascinante, Ciotti più letterario. Aveva uno stile inimitabile, ricchezza lessicale (“la ventilazione inapprezzabile…) cultura e ironia”, prosegue Cucchi. “A Bari la giornata è languida come gli occhi di Ornella Muti”. Oppure di fronte alla giornata storta del direttore di gara Lo Bello: “Ha arbitrato di fronte a 60 mila testimoni”. Ogni epoca ha i suoi narratori ma “il radiocronista perfetto resta quello che riesce a essere una sintesi tra Ciotti e Ameri”.
Riccardo Trevisani e “Lele” Adani di Sky sono finiti nel tritacarne social per l’esultanza al gol del 2-1 dell’Inter contro il Tottenham. “Io appartengo a un’altra scuola ma non mi scandalizza il loro commento. I tempi cambiano. Oggi con lo stile di Martellini e Pizzul non si riuscirebbe a tenere gli spettatori ‘attaccati’ alla tv. Piuttosto mi chiedo se si sparano tutte le cartucce alla prima partita di Champions, cosa faranno se l’Inter arriva in finale?”
“Vediamo Cannavaro salire in piedi sul tavolino. La Coppa, eccola. L’alza al cielo, la bacia, è nostra. E’ nostra, è nostra, è nostra. E’ di tutti gli azzurri, è di tutti gli italiani”. Cucchi non ha dubbi: la notte di Berlino nel 2006 è stata "la più emozionante" della sua vita. “Prima di me alla radio erano stati solo Carosio, nel ’34 e nel ’38, e Ameri, nel 1982, a raccontare la vittoria azzurra ai Mondiali. Io sono stato il terzo. Essere tra i pochissimi mi rende orgoglioso. E mi trasmette un’emozione fantastica”.
La radio racconta storie “e alla fine ti racconta le persone”. Tra tutte, Cucchi sceglie l’intervista a Ezio Pascutti che si ritrovò incasellato a causa della catastrofe contro la Corea nella dimensione degregoriana di quei “calciatori tristi che non hanno vinto mai”.
“Era un grandissimo attaccante, conquistò anche uno scudetto ma fu coinvolto nel 1966 nella partita simbolo del disastro azzurro e non fu mai in grado di superare quella delusione…”.
Dalla Corea alla Svezia, da Mondino Fabbri a Ventura, “che si è trovato in una situazione difficile”: “Oggi il problema della Nazionale non è il ct ma la qualità dei calciatori più bassa rispetto al passato”. Manca il direttore d’orchestra, il Pirlo, il Totti della situazione. Perché poi il calcio e la musica sono più vicini di quanto si creda. “Una buona squadra è frutto dell’armonia di 11 strumentisti che devono essere capaci di interpretare un’idea di gioco”, scrive Riccardo Cucchi, grande appassionato di opera lirica.
Nel libro c’è anche un’intervista immaginaria a Giacomo Puccini. “L’omaggio ha tratto ispirazione dalle interviste impossibili di Guido Ceronetti”. Sette Mondiali, otto Olimpiadi e un rimpianto. “Avrei voluto raccontare la maratona di Dorando Pietri, che ai Giochi di Londra del 1908 arrivò primo e poi fu squalificato perché tagliò il traguardo sorretto dai giudici di gara. A rendere immortale la sua impresa fu Arthur Conan Doyle, il papà di Sherlock Holmes". Elementare, Cucchi.
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