IT’S GETTY BETTER – TORNANO FINALMENTE IN ITALIA “ORFEO E LE SIRENE”: ACQUISTATE NEL 1967 DAL PETROLIERE JEAN PAUL GETTY, SONO STATE OGGETTO DI UN’INCHIESTA PENALE DELLA PROCURA DI NEW YORK, CHE HA COSTRETTO IL MUSEO AMERICANO A RISPEDIRLE NEL NOSTRO PAESE – UN PEZZO ALLA VOLTA, RIENTRANO TUTTI I CAPOLAVORI RUBATI E RICONOSCIUTI UFFICIALMENTE COME PATRIMONIO ITALIANO MA MANCA ANCORA L’ATLETA DI LISIPPO….
Andrea Carugati per “La Stampa”
Un pezzo alla volta, lentamente - ma a questa velocità si muovono giustizia, diplomazia e burocrazia - il patrimonio artistico italiano finito illegalmente nelle mani di ricchi musei e collezionisti sta facendo ritorno nella casa da cui era stato trafugato e dove si auspica verrà conservato e tutelato con maggiore attenzione del passato.
Ora è la volta dell'annuncio del ritorno in Italia di "Orfeo e le Sirene", che il Getty Museum di Los Angeles sarà costretto a restituire in seguito all'ordine impartito dalla magistratura americana, un'operazione a cui la struttura losangelina non è nuova vista l'origine in gran parte piratesca della sua gigantesca collezione, esposta gratuitamente in un museo sulle colline della città del cinema e in una villa in riva al mare a Malibù.
In seguito a un'inchiesta penale in corso della procura di New York, infatti, il tribunale ha imposto al Getty Museum, fondato - chi dice per passione, chi dice per pagare meno tasse - dal petroliere Jean Paul Getty negli Anni 70, di restituire all'Italia un gruppo di figure di terracotta a grandezza naturale scavato illegalmente nell'area di Taranto e raffigurante, appunto, un poeta seduto, Orfeo, e due sirene.
L'opera, che risale al IV secolo avanti Cristo e che fu acquistata per mezzo milione di dollari dallo stesso petroliere nel 1976, partirà per Roma in settembre, dove verrà inizialmente esposta al Museo dell'arte salvata. Successivamente - hanno confermato il ministro della Cultura Dario Franceschini e il presidente della regione Puglia Michele Emiliano - farà ritorno a Taranto.
A intraprendere lo stesso viaggio, quello del ritorno a casa, erano state anche altre opere nel corso degli ultimi anni, tra cui la "Venere di Morgantina" e la "Testa di Ade", mentre in attesa di solcare l'oceano per ritornare a casa, a Los Angeles resta ancora uno dei pezzi più significativi della collezione Getty, quell'"Atleta" di Lisippo che la Cassazione italiana, nel 2018, ha stabilito essere di proprietà dell'Italia ma che la fondazione che fa capo al museo non ha ancora restituito.
«Grazie al lavoro della procura di New York abbiamo determinato che questi pezzi devono essere restituiti», ha scritto Timothy Potts, il direttore del museo, che ha chiosato: «Apprezziamo la nostra ottima relazione con il ministero della Cultura e con i colleghi in tutta Italia con cui condividiamo la missione per la tutela del patrimonio culturale».
Atteggiamento che forse non potrebbe essere diverso visto che la stragrande maggioranza della sua collezione, oltre quarantaquattromila opere d'arte, è di "origine sconosciuta" e che il suo budget, grazie a un fondo che è arrivato a valere oltre nove miliardi, è settanta volte superiore a quello del Metropolitan Museum di New York.
«Il Getty ha collaborato ma non si è fatto avanti in prima battuta e annunciando il rimpatrio dell'opera ha lasciato fuori metà della verità», ha dichiarato il titolare dell'inchiesta, Matthew Bogdanos, responsabile nell'ufficio del Distric Attorney di New York del contrasto al traffico di antichità.
È infatti dal 2006 che "Orfeo e le Sirene" comparivano in un elenco di opere d'arte rivendicate dall'Italia, ma c'è voluta una sentenza esecutiva del tribunale per smuovere il colosso americano. Le statue, dopo l'ennesima e vana richiesta formale, sono state dunque sequestrate nell'ambito di un'inchiesta penale, partita da alcuni nomi noti delle archeomafie, quelle organizzazioni criminali di stampo mafioso specializzate nel furto e nel traffico illecito internazionale di reperti archeologici e di opere d'arte.
«L'indagine è partita da alcuni nomi noti, persone che fanno parte di una vasta rete di trafficanti d'arte, coinvolti in altre vicende di esportazione illegale di antichità, tra cui il tarantino Raffele Monticelli», ha specificato Bogdanos, un ex colonnello dei marines. Bogdanos è anche l'artefice della recente riconsegna all'Italia di 142 reperti archeologici, per la maggior parte provenienti dalla collezione del finanziere newyorkese Michael Steinhardt. Si tratta di vasi, monete, anfore e mosaici appartenenti a diverse civiltà con un valore stimato di circa 14 milioni di dollari che verranno temporaneamente esposti nel Museo dell'arte salvata a Roma. Tra gli oggetti recuperati ci sono anche tre affreschi risalenti al IV secolo a.C. rubati da Paestum, un pithos, ossia una giara databile al 700 a. C., e il cosiddetto "Affresco di Ercolano", che raffigura il neonato Hercules mentre strangola un serpente.
Quasi un terzo dei reperti recuperati appartenevano a Michael Steinhardt, un magnate americano tra i più grandi collezionisti d'arte antica al mondo cui dallo scorso anno è stato posto il divieto assoluto di acquistare reperti archeologici di qualsiasi tipo, nel tentativo di arginare quello che è un fenomeno sempre più diffuso e l'appetito di collezionisti senza scrupoli che alimentano il traffico illegale di opere d'arte. -