Daniele Capezzone per “la Verità”
Wolfgang Munchau è per distacco la firma più autorevole del giornalismo economico europeo. Cofondatore e direttore di Eurointelligence.com, scrive per il Financial Times. Ha accettato una conversazione a tutto campo con La Verità, smontando pezzo per pezzo le certezze di eurolirici ed euroentusiasti, e restituendo un panorama di dubbi razionali, di motivatissime perplessità sulla reazione dell' Ue all' emergenza sociale ed economica innescata dal Covid 19.
A proposito della risposta europea alla crisi del coronavirus, lei ha scritto che l' immagine del bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto è ingannevole. Semmai, ha aggiunto, Bruxelles sta come al solito dando un calcio al barattolo
«Confermo. In base agli accordi raggiunti al Consiglio europeo, la palla è passata alla Commissione che deve formulare una proposta, ma la Commissione sta lavorando su un programma e un' ipotesi che sono ancora a uno stadio molto iniziale, e forse non lo sta nemmeno facendo nel modo più appropriato.
Non si sa quanto denaro ci sarà, in quanto tempo e a partire da quando, come saranno raccolte le risorse Conosciamo tutti la discussione che già c' è sul bilancio europeo.
Immaginiamo quando si tratterà di introdurre una somma enorme nell' arco di 3-4 anni, una cosa senza precedenti».
angela merkel ursula von der leyen
Lei ha anche scritto che, a livello europeo, quella che può apparire come un' integrazione (da Nord) può invece risolversi in una disintegrazione (nel Sud).
«Nel Nord Europa, penso alla Germania, all' Olanda, alla Finlandia, c' è poca consapevolezza degli effetti dello stato di cose presente nel Sud Europa: molti pensano che non sia un problema, o comunque non comprendono la situazione. L' Olanda ha parlato di uno small gift, di una sorta di piccolo dono da fare.
Ma una condivisione del rischio, un' azione comune sarebbero evidentemente tutta un' altra cosa».
In questi giorni lei è più volte tornato sul cosiddetto Recovery fund, anzi, come lo chiamano ora, Recovery instrument, e ha parlato di una trickery, ovvero di un inganno. Che cosa intendeva?
«Ricorda il piano Juncker qualche anno fa? Ecco, io temo che alcuni puntino ancora a un titolo, a un comunicato stampa, a un annuncio. Ma molti cittadini sono invece disperatamente bisognosi di qualcosa di reale. Le istituzioni europee devono stare attente: è una crisi vera, non una crisi politica per cui bastano parole».
In ogni caso, la sua previsione è che alla fine Emmanuel Macron non porrà il veto al pacchetto che verrà fuori, pur magari essendone deluso, e si allineerà alla Germania. Dunque, Italia e Spagna si illudono se pensano di avere Parigi fino in fondo con loro?
«Dai tempi di Mitterrand la strategia nazionale francese, attraverso tutte le presidenze, è stata quella dell' allineamento con la Germania. Adesso Macron vorrebbe altro, rispetto al pacchetto di cui si sta discutendo. Vorrebbe gli eurobond. Ma, se non ci riuscirà, non rischierà certo di rompere con la Germania, non se lo può permettere.
EMMANUEL MACRON CHRISTINE LAGARDE
Spera di ottenere qualcosa, di convincere, di persuadere: ma se non ci riesce, si adeguerà. In questo senso, non credo proprio che accetterà, ad esempio, di fare emissioni di titoli solo con Italia, Spagna e Paesi mediterranei. Sarebbe visto come un breakaway group, e lui non è pronto per un' ipotesi del genere».
Lei ha scritto che i Paesi mediterranei sono stati outfoxed, raggirati, da Angela Merkel. Che cosa intendeva?
«Nel Consiglio europeo la Merkel è la most senior person, ossia la figura con esperienza più lunga. È lì da molto tempo: nessuno quanto lei. In più rappresenta il Paese più potente, e conosce le norme europee meglio di tutti, ogni meccanismo specifico. Conosce il Fondo salva stati in ogni dettaglio, e mi pare che voglia che l' Italia vi aderisca. Io non penso che sia lo strumento appropriato per la situazione, ma non mi pare che la Germania sia pronta a valutare alternative».
Veniamo all' Italia. Dopo l' ultimo Eurogruppo lei commentò su Twitter che il nostro ministro delle Finanze aveva dato luce verde a un' ipotesi che non era nel miglior interesse nazionale italiano.
«Naturalmente sta a voi decidere quale sia il miglior interesse nazionale italiano: non è certo il mio compito. Ma confermo quello che ho scritto, per una precisa riflessione storica: da almeno 10 anni, l' Italia ha detto sì in sede europea a norme e accordi che o non sono nel suo interesse, o a cui ha contribuito senza beneficiarne direttamente. Mi pare che qui si possa ripetere una situazione dello stesso tipo».
In Italia c' è un gran dibattito sul Mes. Molti di noi temono che, in base alle norme esistenti, possa esserci un peggioramento successivo delle condizioni, una volta che il Paese sia entrato in vigilanza rafforzata. E peraltro il governo era entrato nelle trattative con un' ipotesi molto diversa e alternativa, quella dei coronabond
«Quella dei coronabond era una proposta prematura, non c' era un piano preparato né consenso costruito intorno all' idea».
Ma il Mes è lo strumento giusto?
«Una Eccl (Enhanced conditions credit line, linea di credito a condizioni rafforzate, ndr) non è lo strumento giusto. Più precisamente, ho scritto e ripeto ora che un programma Omt (Outright monetary transactions, piano mirato di sostegno a un singolo stato in difficoltà, ndr), sostenuto da una linea di credito Mes, non è il programma adeguato.
E il problema, a mio avviso, non è tanto il tema delle condizioni. Il pericolo maggiore è che complessivamente l' Ue decida di tornare a un certo punto al patto di stabilità, ai target e ai parametri di Maastricht. Sarebbe folle. Questo sarebbe un pericolo molto più grande del Mes, che peraltro è un fondo complessivamente troppo piccolo per far fronte a una vera crisi».
E l' opportunità che la Bce acquisti titoli?
«Al di là delle mie opinioni, c' è un' incognita legata alla pronuncia, martedì (cioè domani, ndr), della Corte costituzionale tedesca sulle possibilità e sui margini d' azione della Bce».
Tornando al quadro complessivo post coronavirus, lei ha scritto che una versione 2020 del piano Marshall non avrebbe molto senso, perché siamo in una condizione storica, oltre che economica, totalmente differente da allora.
«Esatto. Quel piano venne varato dopo la Seconda guerra mondiale, richiese sette anni per essere impostato e organizzato, era largamente basato su risorse a fondo perduto da parte degli Stati Uniti a favore dei Paesi europei. Stavolta è tutto diverso: non abbiamo bisogno di "doni" da altri, ma occorrerebbe una Eu operation, cioè un' iniziativa europea».
Lei ha aggiunto che, anziché ragionare in modo tradizionale sui diversi tipi di ripresa (a L, a V, a U, eccetera), assisteremo a un processo di «distruzione creativa», secondo la ben nota citazione schumpeteriana.
«Questo lungo lockdown ha cambiato il business model di moltissimi settori. Tutto sarà diverso: le imprese, perfino il calcio. Lo vediamo tutti: i ristoranti dovranno puntare sempre di più sull' asporto e sulla consegna a domicilio, è cambiato il modo in cui si lavora, ci sarà ancora molto spezio per tele e video conferenze.
Pensi alla scuola: ovviamente non si potrà per sempre rimpiazzare con il computer l' insegnamento tradizionale, ma attraverso il computer si potranno continuare a fare più cose che nel passato. È cambiato e continuerà a cambiare il modo in cui viviamo e lavoriamo».
Ultima domanda. Elezioni Usa. Donald Trump riuscirà a farcela? Può usare come arma elettorale un certo sentimento di preoccupazione e ostilità verso la Cina?
«Novembre è ancora troppo lontano. Sconsiglio a tutti di fare previsioni su un certo esito o su un risultato di segno opposto: tutto mi pare apertissimo. E ci sono troppe incognite: quanto inciderà la crisi economica? Ci sarà una tempestiva risposta attraverso nuovi medicinali? Un' ipotesi di ripresa a inizio autunno farà in tempo ad aiutare Trump? Certo, lui ha due carte da giocare».
Quali?
«Per un verso, le accuse alla Cina. L' ipotesi che il Covid-19 sia in qualche modo venuto fuori da un laboratorio cinese è stata corroborata anche dal Washington Post. Ed è possibile che la relazione tra i due Paesi abbia una drammatica crescita di tensione: questo può essere un fattore, del quale ovviamente non conosciamo l' esito e i risvolti.
L' altra questione è che lui non sarà solo un campaigner, ma sarà il presidente in carica in tutti questi mesi, e quindi potrà sfruttare uno spazio mediatico molto maggiore del suo competitor».