I CASCATORI CI HANNO ROTTO I PALLONI - ALDO GRASSO: "LA SIMULAZIONE NEL CALCIO DEVE INDIGNARCI O DOBBIAMO ACCETTARLA COME UNA COMPONENTE 'CULTURALE' BEN RADICATA?" - "E NON E' CONTEMPLATA NEI CASI REVISIONABILI DALLA VAR. A BEN VEDERE QUELLA DEL CALCIO È SOPRATTUTTO UNA SIMULAZIONE SONORA: URLA DISUMANE A OGNI SCONTRO PERCHÉ L'URLO SERVE A IMPRESSIONARE L'ARBITRO E SFUGGE AL…"
Aldo Grasso per il “Corriere della Sera”
Ecco l'idea di simulazione secondo José Mourinho: «In Inghilterra gli allenatori insegnano ai ragazzi a giocare a calcio, in Italia, Spagna e Portogallo si insegna che conta solo vincere. Io odio la simulazione e le bugie anche se riconosco che non sono felice quando vedo che a un mio giocatore gli rifilano un colpo e lui cerca di restare in piedi. È raro che un arbitro fischi un rigore se il giocatore non cade. Nel mio caso dico ai miei ragazzi di giocare sempre pulito, ma di non essere ingenui».
In poche righe c'è tutto quello che si può dire sulla simulazione nel gioco del calcio. È un gesto antisportivo o uno sdegno retorico del calcio moralistico? Deve indignarci o dobbiamo accettarla come una componente «culturale» ben radicata? È un'impostura o una furbata di cui andare fieri? È un compromesso tra il «giocare puliti» e il «non essere ingenui»?
Com' è noto, la scena primaria di ogni simulazione ci riporta nel 1986 quando Diego Armando Maradona, dopo il gol segnato con la mano, disse ai compagni: «Venite ad abbracciarmi o l'arbitro non lo convaliderà» e nell'intervista post-partita dichiarò che il gol era stato siglato: «Un poco con la cabeza de Maradona y otro poco con la mano de Dios». Gli argentini giustificarono quel gol come un gesto di rivalsa contro gli inglesi che avevano sottratto loro il dominio delle Falkland. Gli inglesi non hanno mai perdonato quel gesto a Maradona, «l'imbroglione», nemmeno quando se n'è andato all'altro mondo: «Where was Var when we needed most?», dov' era la Var quando ne avevamo più bisogno?
Già, la Var. Il gol di mano, il fallo maligno e traditore, la simulazione in area sembrano appartenere alla logica del «vecchio» calcio perché, allora, si trattava di ingannare l'arbitro e il pubblico. L'arbitro e il pubblico dello stadio si trovavano in una evidente situazione di inferiorità visiva: non potevano vedere quello che possono cogliere dieci-dodici telecamere.
Ma ora, all'occhio della Var nulla sfugge! La simulazione, che però non è contemplata in uno dei quattro casi revisionabili dalla Var (gol, rigore, espulsione, errore d'identità), è entrata, gioco forza, nel regno dell'inammissibile e dell'inaccettabile.
Neanche per idea, la simulazione continua, specie nel calcio. Sostengono i più: è vero, ma il calcio è uno sport di contatto e il confine tra simulazione e la capacità di guadagnarsi un fallo «vero» è sottile. Anche il rugby è sport di contatto, e che contatto!, eppure la simulazione è (quasi) assente.
A ben vedere (meglio, a ben sentire), quella del calcio è ora soprattutto una simulazione sonora: urla disumane a ogni scontro, perché l'urlo serve a impressionare l'arbitro e sfugge al radar della Var. A ogni «pestone», i decibel salgono, anche se in passato non si ricordavano così tanti «pestoni».
Se passiamo in rassegna la modesta pubblicistica che si è occupata di simulazione, si ricorre persino a Gianni Brera per spiegare il fenomeno: la simulazione sarebbe un retaggio della strada, delle furberie e degli sgherri. Le regole del gioco, secondo Brera, le hanno inventate gli inglesi ma la pura essenza è nata in Argentina. Italiani e sudamericani avrebbero contaminato il calcio fisico e acrobatico inglese con un calcio più tecnico e fantasioso, nato sulla strada, in cui con astuzia ed estro si combatte in spazi angusti.
Per altri è un fatto puramente culturale: siamo un popolo di attori, portato all'esagerazione, all'enfatizzazione, al linguaggio del corpo e dunque tendiamo, per natura, a recitare: «L'italiani sono di simulato sospiro» (Carlo Emilio Gadda, Il primo libro delle favole, 1952). Toccherebbe alle squadre di calcio, soprattutto nei settori giovanili, inculcare una cultura sportiva che sembra non appartenerci. Ma ormai anche nelle scuole calcio si insegna solo a vincere, motivo per cui i genitori sugli spalti si menano allegramente e, a volte, aggrediscono pure l'arbitro.
Allora, poniamoci ancora qualche domanda: la simulazione nel gioco del calcio è solo il nome dell'astuzia? Gli arbitri fanno troppo poco per punire la simulazione? Nelle discussioni televisive sul calcio, la simulazione è un argomento tabù? Difficile non condividere un giudizio di Gianni Mura: «Da cinquant' anni sento dire che la simulazione fa parte del gioco. Non è vero: fa parte dell'imbroglio, esattamente come truccare le carte o pilotare gli appalti. Quando i calciatori italiani la smetteranno di simulare, non dico un rigore, ma anche una gomitata non presa, un fallo non subìto, gli arbitri italiani arbitreranno con più serenità». Per la serenità degli arbitri siamo davvero disposti a smetterla con le simulazioni? Ho qualche dubbio.