IL CALCIO VIVE IL SUO ETERNO GIORNO DELLA MARMOTTA CON LA SUPERCOPPA IN ARABIA SAUDITA, IL PRIMO EVENTO DOPO L’ASSEGNAZIONE DEI MONDIALI DEL 2034 - NEL 2019 LA PRIMA VOLTA NEL DESERTO MA I DIRITTI CALPESTATI E LE QUESTIONI MORALI SONO STATE ARCHIVIATE DAI BUDGET. ORA TUTTO È POSSIBILE. IL CALCIO NON PUO' FARE A MENO DEI PETROLDOLLARI SAUDITI - NELL’INCASTRO RIENTRA IL CHIACCHIERATO INVESTIMENTO DA UN MILIARDO DI DOLLARI DI DAZN CHE HA PRESO I DIRITTI DEL NUOVO MONDIALE PER CLUB QUANDO NESSUNO SEMBRAVA INTERESSATO…
Giulia Zonca per lastampa.it - Estratti
Si torna in Arabia Saudita e ormai è un’abitudine per il calcio italiano che ogni anno si ripresenta con la Supercoppa nello stesso posto e lo trova sempre diverso. Ma mai davvero cambiato.
La prima volta, nel gennaio del 2019, si parlava delle donne allo stadio: appena ammesse, ancora limitate ai settori per famiglie, accompagnate, selezionate. Allora, a pochi mesi dall’omicidio del giornalista dissidente Khashoggi, ci si chiedeva se una partita di calcio potesse portare emancipazione, adesso sappiamo che non funziona così anche se è ancora impossibile decriptare e classificare il rapporto tra lo sport e i Paesi che hanno i soldi per foraggiarlo.
Nel caso dell’Arabia non si tratta di un periodo in cui flirtare con il pallone, come è successo in Cina e neanche di un singolo, mastodontico, sogno di gloria a qualsiasi prezzo, come per il Qatar. Per i sauditi è un pezzo imprescindibile di un sistema.
La nostra Supercoppa è il primo evento dopo l’assegnazione dei Mondiali del 2034. La Coppa del mondo in Qatar, nel 2022, ha riportato Doha dentro il potere del Golfo dopo anni di bando e ha provato che le controversie, le partite in inverno, i diritti calpestati sono questioni che si possono sistemare. Ora tutto è possibile. È sceso il livello dello scandalo e la percezione della diplomazia del calcio è stata stravolta. Restano gli affari, le trattative. Le questioni morali sono state archiviate dai budget che hanno smesso di essere un incentivo: sono necessari per la sostenibilità. L’Arabia è un attore nel pianeta football e non lo usa nemmeno per il candeggio della coscienza, si fa semplicemente vedere e accettare.
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Sono decisi a diventare meta turistica e luna park di ogni competizione. Vale per la boxe, il golf, il tennis: l’Arabia ha ospitato campionati altrui e costruito tornei in proprio. L’Aramco, la compagnia petrolifera di Stato, finanzia 900 eventi o personaggi sportivi. Nell’enorme incastro rientra anche il chiacchierato investimento da un miliardo di dollari nello streaming di Dazn che infatti ha preso i diritti del nuovo Mondiale per club quando nessuno sembrava interessato. Una triangolazione che toglie la Fifa dall’imbarazzo e consolida un’alleanza chiave. Lo sport prende atto. Si lascia foraggiare, ha le spalle larghe per reggere le critiche.
Stasera si gioca Inter-Atalanta tra le mille luci di Riad, domani tocca a Juventus-Milan, italianissime partite paracadutate in un altro continente. Non uno scambio culturale, una transazione. In una delle prime battute di «Black Doves», la serie tv Netflix che ha accompagnato il Natale, il ministro degli esteri inglese si tuffa in una movimentata telefonata e la moglie-spia chiede: Che succede? Lui risponde: «Nothing, saudis being saudis» e si può dire pure per il senso della Supercoppa a Riad: niente, i sauditi che fanno i sauditi. E questo calcio che non può fare a meno di loro.