
“LE SQUADRE ITALIANE SEMBRANO FERRARI CON IL SERBATOIO VUOTO” – FANNO DISCUTERE LE PAROLE DELLA EX BANDIERA DEL BAYERN, PHILIPP LAHM, DOPO LA SCONFITTA DEI BAVARESI CON L’INTER DI INZAGHI, CHE HA INCARTATO LA PARTITA A KOMPANY – EPPURE L’ANALISI DELL’EX TERZINO RISULTA FICCANTE SULLA MANCANZA DI CORSA E DINAMISMO DEL CALCIO ITALIANO CHE
PORTA A "UN PROBLEMA DI QUALITÀ" – “QUANDO LA PRESSIONE È TROPPO BASSA, NESSUN GIOCATORE SVILUPPA LE SUE ABILITÀ A LIVELLO MONDIALE. ECCO PERCHÉ NON CI SONO PIU’ I BAGGIO, I DEL PIERO…”
Dice Philipp Lahm che lui è “figlio del calcio italiano”. “La mia scuola si chiamava Milan. La vittoria per 4-0 contro il Barcellona nella finale di Champions League del 1994 è stata il punto di riferimento nel mio allenamento su come una squadra attacca e difende insieme.
Quali distanze manteniamo? Chi è responsabile della conquista del pallone? Quando sono vietati i passaggi trasversali? Nessun’altra partita è stata mostrata più spesso dal nostro istruttore capo svedese Björn Andersson; deve averla vista un centinaio di volte”.
E poi l’ex campione del mondo tedesco ricorda che in Italia le prendeva sempre, da chiunque, in qualsiasi forma. Nelle giovanili, in nazionale, con il Bayern. “Sopraffatti”, scrive sul Guardian.
Ma è solo una intro, un modo per dire che adesso il calcio italiano è finito. Da un bel po’, pure. E’ un’analisi dritta, di quelle che Lahm normalmente non scrive. Di solito è più democristiano. “Nel 2010 si vedeva che qualcosa stava finendo. L’Inter aveva bisogno di un’enorme dose di fortuna per sopravvivere alla semifinale contro un Barcellona superiore. Nella gara di andata, un vulcano in Islanda ha aiutato, la cui eruzione ha ostacolato il viaggio dalla Spagna. Nella gara di ritorno, l’Inter si è barricata in area in un modo bizzarro. Raramente va bene. Mourinho probabilmente lo ha intuito, se n’è andato da vincitore di tre partite e si è trasferito a Madrid”.
“La base della superiorità era la marcatura a zona orientata alla palla di Arrigo Sacchi, che è ancora il sistema operativo del calcio. L’intera Italia l’ha adottata, dando loro un enorme vantaggio. Negli anni ’90, il Milan ha raggiunto la finale tre volte di fila, seguito dalla Juventus tre volte. Club come Sampdoria, Parma e Lazio hanno vinto trofei europei. Nel 2003, c’è stata la finale tra Juventus e Milan”.
“La crisi ha diverse ragioni. Ad esempio, molti club italiani non sono più nelle mani di patroni del loro paese d’origine, ma in quelle di investitori statunitensi. In Inghilterra, il capitale dall’estero è accettato, ma in Italia, identità e significato sono stati apparentemente persi a causa di questa svendita. Lo si può vedere negli stadi obsoleti”.
“Ma la crisi ha una causa sportiva principale: in campo mancano iniziativa, impegno, atletismo. L’Italia spende molto meno delle altre quattro leghe maggiori in Spagna, Inghilterra, Francia e Germania. I giocatori corrono meno.
Ho letto una statistica qualche anno fa che diceva che la squadra della Bundesliga con i valori più bassi correva di più della squadra con i valori più alti in Serie A. L’Italia non ha aggiornato il suo sistema operativo, funziona troppo lentamente. Il problema non è nuovo. Ricordo ancora come Mourinho sostituì due attaccanti nella gara di andata contro il Barcellona nel 2010 e tre attaccanti nella gara di ritorno perché avevano i crampi. Nei tempi regolamentari, non nei supplementari. Questa mancanza di dinamismo è continuata e porta a un problema di qualità. Dove la pressione avversaria è troppo bassa, nessun giocatore sviluppa le sue abilità a livello mondiale. Ecco perché non c’è Baggio, né Del Piero, né Cannavaro, né Maldini, né Baresi, né Gattuso né Pirlo”.
“Le squadre italiane di oggi mi ricordano una Ferrari che è stata ridotta da 200 cavalli, con un serbatoio di carburante mezzo pieno, e rimane senza carburante a 10 giri dal traguardo. Nemmeno il design più bello può aiutare”.
“Tatticamente, i calciatori italiani sono ancora bravi, soprattutto se confrontati con tedeschi e inglesi. Hanno tutti la difesa orientata al pallone, i dettagli nei duelli uno contro uno e la gestione del rischio. La nazionale ne trae vantaggio ogni volta. In un torneo con sette partite, questo può funzionare davvero bene, come è successo per il titolo europeo del 2021. Ma l’Italia ha vinto l’ultima partita a eliminazione diretta della Coppa del Mondo nel 2006″.
“La chiarezza tattica dell’Italia aiuta i suoi allenatori a vincere i titoli più importanti per club. Carlo Ancelotti ha avuto successo per più di due decenni, ma non nel suo paese d’origine da molto tempo. Dobbiamo tornare agli anni ’90 per il periodo in cui Marcello Lippi, Trapattoni e Fabio Capello erano i grandi della classifica degli allenatori.
Come può questa nazione calcistica tradizionale ritrovare la strada per il suo antico splendore? Lahm ha la ricetta: “La buona notizia per l’Italia è che si può ancora vincere con un calcio difensivo. Ma rallentare non è la risposta; la grandezza da sola non basta più. Bisogna aggiungere qualcosa: potenza nel conquistare la palla, attività nel possesso, una voglia instancabile di conquistare e attaccare, lo stile Simeone. Si può imparare molto dalla passione di questo allenatore argentino. Infatti, tutta l’Italia dovrebbe giocare come l’Atlético“.