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NAZIONALE ALLA VACCINARA - LA COSA PIÙ BELLA? IL GOL DI OKAKA. CHE CI SBARAZZA, SI SPERA PER SEMPRE, DI BALOTELLI - LA COSA PIÙ TRISTE? QUELLI DELLA RAI CHE SCHIAMAZZANO FESTOSI PER L’1 A 0 STRAPPATO ALL’ALBANIA

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Giancarlo Dotto per Dagospia

 

Tra qualche anno, se questo è l’andazzo, saremo noi a sbudellarci per trovare posto in un canotto che parte per Durazzo. Nell’attesa, eccoci “(sempre più) albanesi che vestono (sempre meno) Versace”. E che s’illudono d’avere ancora una Nazionale che conta.

 

La cosa più bella? Il gol di Okaka. Che ci sbarazza, si spera per sempre, di Balotelli.

 

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La cosa più triste? Quelli della Rai che schiamazzano festosi per l’1 a 0 strappato a Berisha e i suoi fratelli.

 

Alluvionati contro profughi. Solo che i primi sono il presente, gli altri il passato. Partita con mestizia incorporata, fatta apposta per deprimere definitivamente un’Italia calcistica già in grave crisi d’identità. Giochiamo a Genova, ma è come se fossimo in trasferta. Marea rossa. Più albanesi che genovesi, Marassi è una succursale di Tirana.

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Sulla panchina degli albanesi c’è un veneto che canta Mameli (De Biasi). Su quella italiana c’è un salentino che a Valona ci va a nuoto e a Roma, da Tavecchio, in aereo. Anche in campo, se sfili l’azzurro, non è che sia molto chiaro chi siano gli uni e gli altri.

 

Nazionale alla vaccinara, quella sperimentale di Antonio Conte, dopo la figuraccia di Milano. In campo quattro romani veraci (De Silvestri, Moretti, Bertolacci e Aquilani), uno d’adozione (Okaka), più il talento di Valmontone (Cerci), il capitano di Viterbo (Bonucci) e il portiere di Latina (Perin).

 

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Liberatosi, si spera una volta per sempre, della sindrome di Balo (che lo abbia convocato e poi sfrattato per punirlo?), Antonio Conte raschia il fondo del suo povero barile per capire se c’è qualcosa da sucare. Poca roba, davvero. Quel Cerci molto tonico, che però a Madrid scalda la panca, Simeone nemmeno lo vede. Bertolacci, uno tosto e tecnico. E l’omerico Okaka. Il resto? Se c’è, è altrove.  

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