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COSA RESTA DI ANDY WARHOL? TRENT’ANNI FA MORIVA IL GENIO CHE RIVOLUZIONÒ I CONSUMI CULTURALI CON LA SUA ESTETICA DEI "15 MINUTI" - DALLE ICONE ORTODOSSE AMATE DALLA MADRE ALLE INFLUENZE SUL MERCATO, IL PROFETA POP ANCORA DIVIDE I CRITICI: C’E’ CHI LO OSANNA E CHI LO CONSIDERA UN BUFFONE CHE HA UCCISO LA CULTURA OCCIDENTALE

Dario Pappalardo per “la Repubblica”

 

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Quando i periti di Sotheby' s entrano nel palazzo newyorchese sulla Sessantaseiesima strada, al numero 57, trovano di tutto. Busti di Napoleone, Franklin, La Fayette, tappeti, arredi Settecento e Ottocento, scatole, parrucche, buste della spesa, trucchi, merce acquistata e mai aperta. L' inventario dura due mesi. Ma di chi abitava quella casa, fino a poco prima, fino alla morte del 22 febbraio 1987 - esattamente trent' anni fa - c' è una sola opera: un piccolo ritratto di Mao.

 

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Perché tutto il lavoro di Andy Warhol, la più gigantesca macchina di produzione artistica del Novecento, è fuori da quelle porte. È nei musei, negli appartamenti dei collezionisti, nei caveau delle banche, nelle gallerie, ma anche, e soprattutto, nei club, sulle riviste, tra gli scaffali degli adolescenti, sulle copertine dei dischi e sulle magliette. Si riflette sulle lenti degli occhiali da sole, nelle immagini dei video musicali mandati in loop dal canale Mtv, persino in un episodio del telefilm Love Boat, girato due anni prima, nel 1985.

 

WARHOL FACTORYWARHOL FACTORY

Andy Warhol "apriscatole del Novecento", "Walt Disney drogato" (il copyright è di James G. Ballard), " idiot savant della nostra epoca". «Era un buffone americano, rappresenta l' inizio della fine della cultura occidentale », dice Jean Clair. Le definizioni si sprecano. Delle tante profezie di AW, una sola non si è avverata: «La mia opera non ha futuro. Lo so. Pochi minuti e, com' è ovvio, le mie cose non significheranno nulla».

 

La sua opera è diventata il futuro, invece. Perché Warhol ha dipinto i desideri del pubblico, coincidenti con i suoi. Ha preso le idee dalla strada, dalle persone che gli gravitavano attorno.

 

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E quelle idee restano ancora, si autoalimentano. I sogni di benessere promessi dalla pubblicità del dopoguerra e il luccichio delle star di Hollywood compongono la liturgia di una nuova religione che si nutre della cultura popolare, portandola sull' altare dell' arte. Andy Warhol accorcia le distanze, diventate siderali dopo le avanguardie, tra l' artista e la massa. «Era come se avesse ricevuto l' ordine di far entrare quanto di più ordinario offriva la produzione grafica all' interno del recinto sacro dell' arte seria», ha scritto Arthur C. Danto, filosofo americano che più di altri ha interpretato la vita e l' estetica del re della Pop Art.

 

warhol per stephen shorewarhol per stephen shore

Ma chi era Andy Warhol? Sicuramente era Andrew Warhola, nato a Pittsburgh il 6 agosto 1928. Il padre Andrej, carpentiere e minatore, e la madre Julia, casalinga che realizza piccolo artigianato, sono immigrati cechi.

Per la precisione ruteni cristiani bizantini dei Carpazi: lo stesso popolo descritto da Bram Stoker in Dracula. "Drella" (Dracula + Cinderella, Cenerentola) sarà il soprannome di Andy alla Factory.

 

Julia Warhola per tutta la vita pregherà davanti alle icone, che le ricordano la chiesa dell' infanzia in Europa. E così suo figlio. Il diavolo si nasconde nei dettagli.

warhol sul balconewarhol sul balcone

Il rapporto tra i due rimarrà strettissimo. Ricorda Stephen Shore, l' amico fotografo di cui Phaidon ha da poco pubblicato la monografia Factory Andy Warhol: «Non parlava mai di sua madre.

 

Solo qualche accenno a indicare che lei faceva parte della sua vita, del tipo "mi sono svegliato e ho trovato il televisore spento, quindi deve averlo spento mia madre". Mi parve sbalorditiva e struggente l' immagine di Andy Warhol che, rientrato a tarda notte da una serie di feste, aveva acceso il televisore e pianto fino a crollare sfinito davanti a un film con Priscilla Lane (attrice degli anni Trenta-Quaranta, ndr), e sua madre era entrata a spegnerlo ».

warhol a lettowarhol a letto

 

L' infanzia è quella di un bambino malaticcio e divoratore di storie sui rotocalchi; ama i film della Warner Bros, Bugs Bunny, Tom & Jerry. Si fa spedire un ritratto autografato da Shirley Temple. Ma, più di tutto, "l' albino" - come lo soprannominano a scuola - vuole studiare pittura e diventare popolare tra i coetanei. Succederà al Carnegie Institute of Technology. Poi Andrew abbandona Pittsburgh per New York, dove nel 1948 porta la sua cartella di disegni nelle redazioni delle riviste. Negli uffici di Theater Arts vede la foto di un giovane scrittore biondo che ha appena pubblicato Altre voci, altre stanze. La vuole a tutti i costi.

 

reed e warholreed e warhol

Truman Capote sostituisce Shirley Temple nel pantheon personale. Warhola è cresciuto e si fa chiamare Warhol. L' exploit si avvicina: collabora con il New Yorker e Harper' s Bazaar, agenzie di pubblicità, case editrici. La prima mostra importante apre nel 1961: Advertisement è un montaggio di immagini pubblicitarie in bianco e nero che si affacciano dalla vetrina del grande magazzino Bonwit Teller, sulla Cinquantasettesima, lo stesso dove aveva esposto Dalí. L' anno successivo realizza i ritratti delle zuppe Campbell.

 

la factory fra muse e nullafacentila factory fra muse e nullafacenti

Disposti su quattro file orizzontali costituite da otto dipinti, diventano moderne iconostasi, che rimandano alla devozione materna: il prodotto commerciale si tramuta in oggetto sacro. Così come i personaggi dello star-system. Prima di tutti, Marilyn, ritratta sempre nel 1962 - l' anno in cui Monroe muore - su fondo oro, come le madonne bizantine. Con Liz e Jackie forma l' ideale trinità femminile della Pop Art. I volti sono replicati all' infinito con il procedimento della serigrafia: la riproduzione, nell' estetica di Warhol, che rovescia la teoria di Walter Benjamin, diventa un "valore". Jeff Koons e Damien Hirst attingeranno a piene mani.

festa alla factoryfesta alla factory

 

È così Ai Weiwei con i suoi ritratti fatti di mattoncini Lego e virati in colori diversi.

Il capolavoro di AW, però, non è una singola opera, ma un luogo. Alla Factory, spazio ricoperto di carta argentata al numero 231 della Quarantasettesima strada est di Manhattan, si costruiscono oggetti, immagini, celebrità da quindici minuti. Qui Warhol mette su il primo reality show della storia.

 

cover libro shorecover libro shore

È un mondo dove gravitano, tra le droghe e il sesso, personaggi con aspirazioni grandiose e doti spesso limitate. Come Ondine, il papa degli allucinogeni; Edie Sedgwick, ex di Bob Dylan, musa e riflesso femminile di Andy, lasciata poi alla sua autodistruzione; Freddy Herko, il ballerino che vuole volare, fino a danzare fuori dalla finestra, al quinto piano, ascoltando la Messa dell' incoronazione di Mozart; Dorothy Podber esplode proiettili contro i ritratti di Marilyn.

 

warhol e wimillewarhol e wimille

E Holly Woodlawn, in attesa di diventare donna, compie viaggi sul Wild Side cantato da Lou Reed e i Velvet Underground, che proprio alla Factory suonano il loro disco fondamentale. Si fa musica, ma anche cinema con un linguaggio visivo quasi amatoriale, dove il montaggio è spesso abolito: YouTube abita già lì. Con la scusa di chiedere indietro la sua sceneggiatura per un film, il 3 giugno 1968, Valerie Solanas si presenta alla seconda Factory, in Union Square, e spara tre colpi.

 

Warhol, operato, è salvo per miracolo. La notizia viene oscurata dall' omicidio di Robert Kennedy. Ma Andy ha un altro ventennio per ampliare la fama, incrementando l' aspetto business della sua arte e la presenza sui media.

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«Siamo nel secolo di Warhol - dice Massimiliano Gioni - La Factory, come parodia di un' azienda in cui si producono immagini, ha anticipato la fine della manifattura sostituita dall' industria della comunicazione. Quella di Warhol è un' arte da terziario avanzato, da società della comunicazione, attuale più che mai nel momento in cui diventa presidente una star da reality show».

 

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E Warhol, infatti, ha qualcosa da dire anche su Donald Trump, che visitò la Factory nell' aprile del 1981. Nel suo diario, Warhol lo definisce "butch guy", un macho. E ancora: «Detesto i Trump perché non hanno mai comprato i dipinti della Trump Tower che mi hanno commissionato».

 

Sul comodino accanto al letto di Andy, i periti di Sotheby' s trovano un antico crocifisso. I cimeli della sua casa sono battuti all' asta il 23 aprile del 1988: il ricavato delle reliquie è di 25,3 milioni di dollari. Chi era Andy Warhol, che, prima di morire, lavorava alla serie dell' Ultima cena? Nell' elogio funebre, l' amico e storico dell' arte John Richardson lo paragona agli jurodivyj, i santi "folli in Cristo" delle leggende russe.

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