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“ROBERTO BAGGIO? ANCORA OGGI NON SI LIBERA DAGLI INCUBI DI USA 94” - PARLA LO STORICO MANAGER VITTORIO PETRONE: "MOLTI LO VORREBBERO OPINIONISTA IN TV MA LUI PARLA SOLO DI COSE CHE CONOSCE" - IL TRASFERIMENTO DALLA JUVE AL MILAN, IL BOLOGNA, L'INTER, IL RAPPORTO CON MAZZONE: “CARLETTO AVEVA ORMAI RISOLTO IL PROBLEMA DEL PROTAGONISMO, CHE INVECE ACCOMPAGNAVA MOLTI ALLENATORI… - VIDEO
vittorio petrone roberto baggio
Vittorio Petrone, storico amico e manager di Roberto Baggio, è intervenuto ai microfoni di Rai Radio2 nel corso del format "I Lunatici", condotto da Roberto Arduini e Andrea Di Ciancio, in diretta dal lunedì al venerdì notte dalla mezzanotte alle sei e dalla mezzanotte e trenta alle due circa anche su Rai 2.
Il manager del 'divin codino' ha raccontato: "Come nasce il mio rapporto con Roberto Baggio? Ottobre 1994, dopo il mondiale, un amico comune ritiene che il mio supporto potesse essere in qualche modo di aiuto a Roberto, che era ancora alla Juventus. Quando poi si è trasferito al Milan la nostra frequentazione è diventata quotidiana. Lui oggi mi definisce nella sua autobiografia il suo più grande amico, ma siamo anche legati da attività professionali. Siamo sempre coesi e compatti, non esiste una linea di demarcazione tra amicizia e business".
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Sul Roberto Baggio di oggi: "Baggio è sicuramente una persona che non ama la luce dei riflettori, non ama essere tirato in ballo per ergersi a giudice di qualcosa o di qualcuno. Ha fatto della sua intimità e della sua riservatezza uno stile di vita. Vi posso assicurare che Roberto quando è con gli amici veri e sani è inarrivabile. Quanto sia spiritoso, è una dote veramente sconosciuto. Abbiamo provato a rientrare nel calcio giocato, per quasi un triennio è stato a capo della federazione, nel settore tecnico. Io ero il suo vice, nei fatti però non ci è stato consentito di incidere. Dopo questa esperienza Roberto ha capito che fosse arrivato il momento di tirarsi indietro. Ha capito quanto fosse difficile provare a cambiare le cose, ma ha capito che la volontà di cambiare non c'era".
Su chi lo vorrebbe come opinionista in tv: "Questo è un tasto che più volte ci ha visto non essere allineati Roberto ed io. Roberto ha declinato sempre, fin dall'inizio, per tutte le tv emergenti dell'epoca piuttosto che le classiche. Ha sempre declinato l'invito a poter in qualche modo essere partecipe di talk show televisivi proprio perché non ha interesse a esprimere dei giudizi se non in profondità. Lui parla solo di cose che conosce".
Su come stava Roberto Baggio dopo il mondiale del 1994: "Roberto stava grazie alla sua grandissima forza interiore combattendo una battaglia contro i fantasmi di USA 1994. Ancora oggi non si libera da quell'inferno e da quell'incubo. Un sogno infranto, non raggiunto, desiderato e coltivato dalla tenera età e poi svanito. Era un Baggio capace di rialzarsi, bisogno di tempo per metabolizzare la ferita, ma poi quell'anno portò la Juve a vincere lo scudetto. Poi arrivò al Milan e vinse un altro scudetto".
Sul trasferimento al Milan: "Il trasferimento capita quando il Milan dopo una grande abbuffata di coppe e scudetti era in un fase calante. Aveva finito un ciclo e lui è arrivato nella fase terminale del ciclo. Sono cambiati tre allenatori, Baggio aveva bisogno di stabilità, di essere messo al centro di un progetto. La 10 che rimase a Savicevic? Nessuna battaglia, fu Baggio a lasciargliela. Baggio arrivava sempre in punta di piedi".
Sull'esperienza di Baggio a Bologna: "Una delle sue migliori esperienze calcistiche e umane della sua vita professionale. Capello era stato chiaro, tornato al Milan disse che Baggio veniva dopo Savicevic. Baggio se ne andò proprio perché voleva andare al Mondiale in Francia. Facemmo con il Bologna il primo contratto di un anno. Gazzoni era un uomo illuminato, un grande industriale, trovammo subito questo accordo. L'Inter dopo mezza stagione lo voleva per giocare la Champions, ma lui disse di no. A Bologna 28.000 persone si erano abbonate per vederlo, lui declinò l'offerta dell'Inter e se ne riparlò dopo i mondiali, quando Moratti lo portò a Milano per provare a vincere la Champions".
Baggio è stato vicino alla Roma e alla Lazio: "La Capitale è sempre stata una meta di grandissimo fascino. C'erano presidenti straordinari. Da una parte la famiglia Sensi, dall'altra Cragnotti, uomo certamente con abilità e capacità che nel calcio forse non si erano mai visti. Io personalmente con Cragnotti non ho mai avuto contatti, qualcuno indirettamente mi fece sapere che c'erano degli interessi. Con la Roma ci fu qualcosina di più ma non con la famiglia Sensi. Era invece fatto il suo trasferimento al Parma".
Sul capitolo legato a Brescia e a Mazzone: "Credo che purtroppo l'incontro con Mazzone sia avvenuto troppo tardi. Mazzone fece una battuta che fece capire tutto, gli disse caro Roberto se ti avessi conosciuto prima avrei ancora tutti i capelli. Mazzone ormai aveva risolto il problema del protagonismo, cosa che invece accompagnava molti allenatori. Roberto Baggio è amato dalla gente, dovunque lui oscura chi ha accanto, sia i compagni che gli allenatori. I giocatori lo ammirano e lo amano perché sanno com'è nello spogliatoio. Molti allenatori invece questa cosa non l'hanno capita ed hanno perso qualche occasione di relazionarsi con un personaggio straordinario sotto il profilo umano e calcistico".
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