VADO E NON TORNO - IL GIP SPEGNE LA CENTRALE TIRRENO POWER: “TROPPI MORTI PER IL CARBONE” - INDAGATI ALTRI TRE MANAGER, 400 DIPENDENTI RISCHIANO IL POSTO

Marco Raffa Claudio Vimercati per "la Stampa"

La Procura di Savona spegne la centrale elettrica Tirreno Power di Vado Ligure. Ieri il giudice delle indagini preliminari Fiorenza Giorgi ha accolto la richiesta di sequestro preventivo del procuratore Francantonio Granero e del sostituto Chiara Maria Paolucci: poco prima di mezzogiorno un corteo di auto dei carabinieri di Savona e del Nucleo operativo ecologico di Genova ha varcato i cancelli della centrale, sullo sfondo delle ciminiere alte duecento metri che dagli Anni 70 fanno parte dello skyline di questa parte di Liguria.

Alcune ore per spegnere materialmente l'unità VL3 («l'unica in funzione, l'altra, VL4 - spiega l'azienda - era in manutenzione»), tutta la notte per completare il raffreddamento delle tonnellate di carbone già avviate al bunkeraggio per mettere in pressione la caldaia.

Si chiude così un lungo ciclo di sussurri e grida che durava da mesi, da quando a giugno, dopo tre anni di lavoro, i consulenti della Procura (Crosignani, Franceschi e Scarselli) avevano consegnato uno studio secondo cui dal 2000 la centrale di Vado ha provocato oltre 400 morti e 2700 ricoveri per patologie cardiache e respiratorie. Passando per una visita degli ispettori dell'Ispra, l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale.

Non a caso l'inchiesta è per «disastro ambientale e sanitario»: e il lavoro dei consulenti si è concentrato sull'aspetto epidemiologico proprio per valutare l'impatto sulla salute delle emissioni (biossido di zolfo, ossidi di azoto, monossido di carbonio, polveri sottili). A prescindere, chiariscono i magistrati, dal rispetto o meno dei valori di legge che pure, rispetto alle prescrizioni Aia (l'autorizzazione integrata ambientale del dicembre 2012) Tirreno Power a Vado avrebbe in qualche caso sforato e di molto: polveri sottili, 74 microgrammi contro un limite di 20.

«Il problema è che quando ci sono ricadute pesanti sulla salute, come in questo caso, scatta il principio di precauzione, codificato in tutta Europa: e allora quei limiti vanno riconsiderati». Appunto: e per togliere i sigilli, il giudice non accetterà nulla di meno dei valori delle «migliori tecnologie disponibili» (Mtd o Bat secondo l'acronimo inglese).

Valori che, nelle più rosee speranze, Tirreno Power avrebbe potuto raggiungere solo con il nuovo gruppo a carbone. Oppure, con i vecchi impianti, andando «al minimo» o con il gruppo a turbogas, cioè con il (costosissimo) metano. Disastroso, per le già disastrate casse del gruppo. E le ricadute occupazionali, con 400 dipendenti diretti o dell'indotto, si profilano già. Oggi nello stabilimento è fissata un'assemblea che si annuncia al calor bianco.

Mentre gli ambientalisti del Savonese ricordano le prese di posizione di questi anni, le denunce e gli esposti, e Legambiente si spinge ad auspicare che la centrale «venga riconvertita con progetti utili e sostenibili», da ieri altri tre tra dirigenti in servizio ed «ex» della centrale - Stefano La Malfa, Gianni Biavaschi ed Emilio Macci, quest'ultimo dal 2001 in forza alla «nucleare» Sogin - risultano indagati insieme all'ex ad Gosio e al capocentrale D'Elia.

L'azienda sceglie il basso profilo. «Il provvedimento è allo studio dei tecnici e dei legali. Tirreno Power intende continuare ad operare nel pieno rispetto della legge, difendendo il suo diritto a fare impresa in modo responsabile, come ha sempre fatto».

Chi sulla «bontà» del carbone non ha dubbi è il sito dei produttori, www.assocarboni.it, secondo cui «la caratteristica indiscutibilmente meno nota del carbone è la sua compatibilità con l'ambiente, secondo le normative vigenti», ma soprattutto, «le moderne centrali di Torrevaldaliga e Vado Ligure hanno un rendimento del 46% e sono tra le più innovative d'Europa». Il procuratore di Savona sembra pensarla diversamente.

 

 

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