TECNOLOGIA FLOP - DAI GOOGLE GLASS ALLA TV IN 3D: LE SCOPERTE CHE DOVEVANO CAMBIARCI LA VITA MA NON CE L’HANNO FATTA A RIVOLUZIONARE LE NOSTRE ESISTENZE - UNO DEI CASI PIU’ GROTTESCHI? DI PIETRO SU 'SECOND LIFE'
Marco Gorra per “Libero Quotidiano”
La verità è che non siamo mai usciti dal positivismo. Non ci piacciono più le decorazioni Belle Époque e ci siamo definitivamente lasciati alle spalle la redingote, ma quanto a mentalità non abbiamo fatto passi avanti.
Stiamo sempre lì, sorretti da una fede cieca ed incrollabile nelle infinite potenzialità della scienza, di cui il più delle volte non capiamo assolutamente nulla ma che abbiamo stabilito essere depositaria del compito - se non dell’obbligo - di rivoluzionare le nostre esistenze a colpi di meraviglia. Il problema è che rispetto a fine Ottocento il progresso marcia ad un ritmo mostruosamente più veloce, col risultato pratico che di scoperte sensazionali destinate a cambiare il mondo non ne escono più due ogni decennio, ma due ogni mese.
Continuando noi a cascarci con meccanica regolarità, quello che consegue è la crescita esponenziale delle delusioni accumulate nel processo. In soldoni: nell’ultimo periodo non c’è stata stagione che non sia stata segnata da qualche autoproclamata rivoluzione tecnologica giunta - ovviamente tra gli applausi generali - a fare piazza pulita dei cascami del passato e rapidamente transitata in direzione dimenticatoio una volta diffusasi la consapevolezza che no, si era proceduto col proverbiale passo più lungo della gamba ed il momento della rivoluzione era rinviato a data da destinarsi.
Uno dei casi più grotteschi è senza dubbio stato quello di Second Life, che una decina d’anni fa era sbucato dal nulla con l’ambizioso proposito di pensionare nientemeno che la realtà.
Prometteva di trasferire il mondo sul web e di sublimare le persone mediante avatar, e fu salutata come una seconda scoperta del fuoco: torme di gente ci si trasferivano armi e bagagli, governi e partiti politici (da qualche parte su YouTube c’è ancora il video dell’alter ego digitale di Tonino Di Pietro che tiene il primo comizio nella gloriosa storia dell’Italia dei valori su Second Life) ci aprivano uffici di rappresentanza, aziende ed istituzioni di varia natura ne esploravano le potenzialità.
La transizione al virtuale pareva cosa fatta, e per la Singolarità sembrava fosse ormai questione di quarti d’ora. Passato l’entusiasmo del primo momento, tuttavia, ci si rese conto abbastanza rapidamente che il mondo reale conservava ancora alcuni vantaggi competitivi (tipo il fatto di esistere davvero) e che questi vantaggi non risultavano colmabili. Da cui il declino di Second Life, persino più rapido di quanto lo era stata l’ascesa.
Decennio diverso, stessa fregatura. Ovvero della bolla dei Bitcoin. Dovevano mandare in soffitta il vecchio denaro ed introdurre noi tutti in una nuova era di valuta immateriale e di libertà totale, sono finiti in una bolla scoppiata alla prima occasione utile come nemmeno la new economy era riuscita a fare ai tempi.
E dire che le carte in regola ce le avevano tutte: c’entrava internet, sussisteva quel che di coloritura politica (coi soldi veri i banchieri ci fregano, con questi sai invece il cippirimerlo che gli facciamo a quei pescecani), c’era il fascino anarcoide della moneta incontrollabile da Stati e governi. Sembravano perfetti.
E invece hanno fatto la fine dell’esperanto, condannati senza appello dalla banale considerazione che se c’è bisogno di qualcosa che faccia il lavoro dei soldi, l’ideache la soluzione migliore risultino essere i soldi medesimi non è così campata per aria. Finita malissimo anche l’epopea del Segway, pronipote del monopattino pensato per consegnare alla storia l’evo dell’auto e per inaugurare una nuova era di trasporto smart, eco-compatibile e più adatto alle reali esigenze dell’uomo.
A tredici anni dal lancio commerciale, del Segway si ricorda solo il momento Frankenstein occorso nel 2010, quando la macchina si rivoltò contro il proprio maestro (l’imprenditore britannico Jimi Heselden, da poco divenuto proprietario del marchio) uccidendolo in un tragicomico incidente. Non è andata meglio con i Google glass, comparsi qualche anno fa con l’obiettivo di abbattere il muro tra reale/virtuale e mettere la famosa realtà intensificata alla portata di chiunque.
Flop sanguinoso (a detta di molti il peggiore mai collezionato da Mountain View, e sì che di concorrenza ce n’è) e salto nel futuro rimandato a quando comporterà un po’ meno di mal di testa. Che poi sarà lo stesso momento in cui si potrà ritirare fuori dal cassetto la tv 3D, dopo che il primo tentativo di pensionare il concetto stesso di piccolo schermo novecentesco è tristemente andato a sbattere contro il muro del rifiuto opposto dall’utenza di vedersi comparire, a seconda della programmazione, Alien o Fabio Fazio in tinello. Alla voce gadget vanno segnalati alcuni casi notevoli.
A partire da Zune, l’ideona con cui una decina d’anni fa Microsoft si proponeva di archiviare il modo in cui il mondo aveva sentito le canzoni fino ad allora traghettandolo in una non meglio chiarita epoca “social” della fruizione musicale. Sbiadito l’hype, del mirabolante aggeggio restano in giro pochi esemplari avidamente ricercati da collezionisti e feticisti assortiti.
Impatto assai più contenuto di quanto preventivato è poi quello che stanno avendo i droni per uso civile, arrivati per rottamare una mezza dozzina di ambiti della nostra quotidianità e confinati (almeno finora) ad un ruolo vagamente ribassista di succedaneo per abbienti dell’aeromodellismo.
Menzione anche per il Fire Phone, la bislacca trovata con cui Amazon si era messa in testa di fare la rivoluzione nella rivoluzione e di mandare in soffitta gli smartphone e di aprire nuovi orizzonti di interconnessione tra cartella degli sms e carrello degli ordini. Finito come gli ufo: se n’è parlato tantissimo, ma non l’hai mai visto nessuno.
L’elenco testè concluso è parziale e perfettibile, e però rende l’idea dell’assunto di cui all’inizio: ci piace talmente tanto, la tecnologia, che abbiamo deciso sulla fiducia che ogni sua manifestazione abbia per forza da essere all’avanguardia e debba sua ipsa natura costituire un avanzamento immediato nella nostra qualità della vita.
Le molteplici, seriali delusioni cui andiamo invariabilmente contro non sembrano però scalfire minimamente questo mantra. Al prossimo gingillo rivoluzionario che ci faranno vedere, saremo di nuovo lì a spellarci le mani e ad immaginare quanto sarà fantastica la nostra vita grazie a questa fantastica iniezione di progresso. Tutti a dire mouse senza averlo nel sacco.
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